Bataille sedotto dal fascismo?

IL C AS 0. Nuovi documenti riaprono la discussione sullo scrittore, finora considerato un maìtre-à-penser del '68 IL C AS 0. Nuovi documenti riaprono la discussione sullo scrittore, finora considerato un maìtre-à-penser del '68 Bataille, sedotto dal fascismo? Dalle note degli Anni 30, un'ammirazione «poetica» BEI Maitres à penser adottati dal '68 resta Bataille a tenere il campo. A glossarlo hanno cominciato quelli di Tel-Quel, Sollers in testa, affascinati dall'idea che «la scrittura e la rivoluzione fanno causa comune». Ma più si procedeva nella riscoperta, più s'accendeva la polemica. S'interessò alla politica da militante antifascista - ci si continua a chiedere - o fu intellettuale così ambiguo che certe sue analisi possono esser considerate «fascistizzanti» - come ha sostenuto Carlo Ginzburg in Miti, emblemi, spie, sulla scorta di una lettera inedita che solo ora sta per essere pubblicata su una rivista in Francia? 0 aveva ragione Sartre a definirlo un «mistico in malafede»? E quali realizzazioni prevedeva la misteriosa dottrina di Acéphale la società segreta con omonima rivista - che secondo Roger Caillois non avrebbe escluso il «sacrificio umano»? Oggi la scoperta di alcuni interessanti inediti riapre il caso (pubblichiamo qui accanto due documenti). Contre-attaques, gli anni della militanza antifascista (19321939) intitola il volume in cui Marina Galletti raccoglie una corrispondenza tra Bataille, il filosofo Pierre Kaan e altri intellettuali meno noti, assieme a testi relativi ad Acéphale cui aderirono, tra gli altri, Pierre Klossowski, Isabelle e Patrick Waldberg. (Pubblicato da Edizioni Associate, il libro sarà presentato stasera a Roma nell'ambito di «Libri in campo»). Ma fu davvero la politica militante a unificare le esperienze di Bataille in quei cruciali Anni Trenta? Stretti tra crisi politiche, totalitarismi trionfanti e minacce belliche, gli intellettuali di sinistra delusi dalla svolta dello stalinismo s'interrogano sul che fare e dopo lo sciopero «insanguinato» del febbraio '34 coagulano gli sforzi. Si adottano parole d'ordine come vigilanza e unità degli intellettuali, ma si guarda al Fronte popolare con occhio critico. Bataille, che per costituzione si direbbe un cane sciolto, non si sottrae. Per lui l'avventura da protago- nista comincia in quei giorni, quando Boris Souvarine chiude il Cercle communiste démocratique. Oltre a portargli via la sua compagna e finanziatrice, la bellissima, anticonformista Colette Peignot, che come Laure firmerà dei testi scandalosi, si tira dietro un buon numero di membri del Cercle in un progetto che nell'ottobre del 1935, con la partecipazione dei surrealisti, si definisce di «contro-attacco», cioè di lotta al fascismo sul suo stesso terreno. Ma che Bataille usi espressioni poco stigmatizzanti la criminalità nazista, che prospetti una radicalizzazione e una violenza di cui non s'intravede l'esito, non convince. Dopo mesi di discussione, Kaan, che finirà a Buchenwald, gli dice chiaramente che il suo programma «è privo di una grande portata politica». Mentre c'è chi si defila, i surrealisti restano diffidenti. E quando a qualcuno viene l'idea di coniare per il neo-movimento il termine surfascismo, forse interpretando il proposito del capofila di sunnonter (superare, andare al di là) il fascismo, per Breton la misura è colma. Così il primo numero della rivista «Contre-Attaque» arriva in libreria appena l'esperienza comunitaria s'è consumata da un mese. Siamo a maggio del 1936 e il progettato fascicolo sul conflitto italo-etiopico non vedrà la luce. Per Galletti è comunque una prova decisiva dell'impegno e della mili- tanza di un intellettuale che, oltre a numerose letture, per documentarsi aveva visitato a Roma, nel 1934, la prima mostra della Rivoluzione Fascista e che in La struttura psicologica del fascismo analizza il regime con strumenti freudiani. Ma come giudicare il proposito di rendere più efficace il contro-attacco con la messinscena di «cerimonie»? Ricordo il riso divertito di Michel Leiris nel raccontarmi che Bataille aveva progettato di commemorare con una teatrale ricostruzione in costume il ghigliottinamento di Luigi XVI. «Della politica - mi disse in quell'occasione si è interessato da sociologo attento alla situazione del momento per cercare di spiegarla. Questo non significa che fosse impegnato politicamente. Tentò con Contre-Attaque, ma con molto distacco». D'altronde, proprio nel periodo d'incubazione di quel progetto, ne L'azzurro del cielo - romanzo tra i più belli del Novecento - aveva opposto alla militante Lazare calcata su Simone Weil, l'intellettuale in crisi Georges Troppmann che, incapace di reagire alla tragedia, s'abbandona alla sregolatezza con una splendida, funerea Dorotea il cui diminutivo Dirty (porca, sudi eia) è eloquente del «basso mate rialismo» che collegava alla gnosi. L'attivismo in direzione politica appare allora più una mobilitazione sul piano immediato della vita nel senso della dismisura che non una concreta, meditata istanza. La formulazione di una rabbiosa violenza rivoluzionaria sembra dettata dalla stessa carica sovversiva con cui nei primi testi erotici aveva messo in scena la rottura dei limiti per dimostrare che solo così l'uomo afferma la propria sovranità e può raggiungere la vera morale. Quanto all'attività diAcéphale, fondata nel 1937 e di cui il Collège de sociologie sarebbe stato il terreno di reclutamento, il carattere elitario, la ritualità quasi ossessiva e la regola di segretezza rivelerebbero analogo orientamento verso la ricerca del sacro nella vita quotidiana, e dunque della salvezza individuale di fronte alla tragedia del mondo. Ma il rifiuto «delle ideologie politiche di destra e di sinistra», simboleggiato dalla figura dell'acefalo, e il nichilismo esasperato fanno ritenere che l'esercizio di un metaforico regicidio si attuasse piuttosto sotto il segno di Dioniso, cioè della festa liberatoria dai tabù della «testa», anziché in vista di un'azione politica comunemente intesa. Così l'esaltazione della pratica della gioia davanti alla morte più che al sacrificio degli abitanti di Numanzia, cui Bataille accenna in un testo del 1937, è riconducibile e ricorro sempre a Leiris - alla frenesia della Jouissance, cioè al naufragio nell'indistinto dell'orgasmo, dell'estasi. Resta da sondare come mai l'ex seminarista segnato da una sconvolgente esperienza familiare, archivista-bibliotecario di professione, trasgressivo ed eterodosso per temperamento nonché autore di opere come l'Erotismo e L'Esperienza interiore, nutrisse un interesse così spiccato per il fascismo, per la sua ritualità e per il suo rapporto tra capo e massa, e soprattutto per Nietzsche, riscoperto nei primi Anni Trenta con intento antinazista. Paola Decina Lombardi La sua ambiguità è messa sotto accusa da Carlo Ginzburg Ma una studiosa ricostruisce la sua militanza «rossa» Carlo Ginzburg Qui sopra, Georges Bataille; a fianco una manifestazione a Parigi durante II '68

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