I'eroe di Israele piange in tv di Aldo Baquis
I/eroe di Israele piange in tv I/eroe di Israele piange in tv «Non ho abbandonato i miei uomini» IL GUERRIERO CONTESTATO STEL AVIV OTTOPOSTO alle martellanti contestazioni delle destre, dei coloni e di alcuni rabbini oltranzisti, il premier laborista Yitzhak Rabin si appresta a includere la settimana prossima nel suo governo l'ex capo di stato maggiore, generale Ehud Barak, in qualità di ministro degli Interni. Concepita in origine come una mossa tattica volta a placare le ansie di quanti paventano che gli accordi con l'Olp (e quelli futuri con la Siria) mettano a repentaglio la sicurezza degli israeliani, la nomina del generale (che ha un passato glorioso nelle unità scelte del Paese a ha rischiato più volte la vita in ardite operazioni di commando) rischia tuttavia di rivelarsi un fiasco clamoroso. Responsabile principale di questo cambiamento repentino del copione prestabilito da Rabin è il quotidiano a grande tiratura Yediot Ahronot che dieci giorni fa ha lanciato al generale Barak l'accusa più infamante che possa essere rivolta a un ufficiale israeliano: non aver assistito soldati rimasti feriti sul terreno ed es- sersi allontanato in elicottero prima di essersi accertato che avessero ricevuto i soccorsi necessari. «Bugiardi - ha tuonato giovedì sera in tv il generale Barak, di ritorno dalla Cina - ciarlatani e dilettanti». Il giornale non si è lasciato impressionare e ieri è tornato a confermare le accuse. I genitori dei soldati caduti hanno inoltre invocato l'apertura di una commissione d'inchiesta. Abituato a fiutare imboscate sul terreno Barak (che aspira a divenire primo ministro) si è lasciato sorprendere da un'imboscata tesagli forse da rivali politici. L'episodio cui il giornale si riferisce avvenne nel poligono di addestramento di Zeelim il 5 novembre 1992. Alle prime luci dell'alba, alla presenza di Barak e del capo dell'intelligence militare, un'unità scelta stava facendo le prove di quello che - ipotizza Yediot Ahronot doveva essere un attentato alla vita del presidente iracheno Sad¬ dam Hussein. Doveva trattarsi di una simulazione tecnica, senza l'uso di munizioni vere: ma per errore due ufficiali lanciarono un razzo, centrando un gruppo di soldati. Cinque morirono, sette rimasero feriti. «Tutti corsero ad aiutare i feriti - ha raccontato al giornale uno dei testimoni - ma non Barak. Sentivo il cervello che mi scoppiava. Persi il controllo e gli gridai: "Figlio di puttana, vieni ad aiutare, i miei amici stanno morendo"». Parole che - se con¬ fermate - in Israele significano la fine di un'ambizione politica. Di fronte a milioni di telespettatori, Barak è dunque passato all'offensiva. Con un profluvio di parole, ha ricordato gli oltre trent'anni passati nelle forze armate e le innumerovoli occasioni in cui ha rischiato la vita, ha menzionato i propri nervi d'acciaio e la propria abitudine a premere il grilletto solo dopo aver visto il bianco degli occhi del suo nemico. «Non sono mai stato uno che si è tirato indietro» ha esclamato, con la voce tremante. Ha aggiunto poi che in casi del genere un capo di stato maggiore è più utile alle vittime se coordina le operazioni di soccorso piuttosto che se si improvvisa infermiere da campo. Ma il tarlo del dubbio - insinuato dall'inchiesta di Yediot Ahronot - scava in profondità: esiste la possibilità che un generale (Amiram Levin, che pure era presente alla sfortunata esercitazione) sia stato messo a tacere con la nomina a comandante della regione militare Nord. Aldo Baquis
Persone citate: Barak, Ehud Barak, Levin, Rabin, Yitzhak Rabin
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