Lady Arafat che maschilista l'Olp

«I dirigenti mi tengono da parte, per loro le donne non devono parlare» «I dirigenti mi tengono da parte, per loro le donne non devono parlare» Lady Araffat: che maschilista l'Olp Polemica autobiografia della moglie del leader PARIGI. «Bisogna davvero amare qualcuno per sopportare di essere sua moglie e cionondimeno essere considerata un'amante». Il «qualcuno» di cui sopra è Yasser Arafat, il leader dell'Olp, nelle parole della moglie Suha. La donna racconta senza peli sulla lingua la sua vita, da quando era una ragazza emancipata a Nablus (in Cisgiordania) a oggi, in una autobiografia scritta a quattro mani con Gerard Sebag, a lungo corrispondente dal Medio Oriente pe la tv francese. Il libro, «Enfant de Palestine» (Figlia di Palestina), edito da Michel Lafon, arriva in libreria in questi giorni. Suha compirà 32 anni lunedì prossimo (e aspetta un bambino per la fine dell'estate). Yasser ne ha 65. Nel febbraio 1992 Arafat annunciò che pochi mesi primi aveva sposato Suha Tawil, sua segretaria. Alcuni si preoccuparono del fatto che Suha era cristiana e si era convertita all'Islam solo per poter sposare il leader. Con il suo libro Suha creerà qualche imbarazzo al marito, perché rivolge precise e circostanziate accuse di maschilismo alla dirigenza palestinese, definita come «un club di soli uomini». I più stretti collaboratori di suo marito, racconta, hanno tentato di metterla da parte, rinchiuderla in un cono d'ombra a causa del suo sesso e della sua età. Quando l'aereo di Yasser si schiantò al suolo in Libia nell'aprile del 1992, Suha trascorse 16 ore di angoscia completamente sola nel suo appartamento di Tunisi (dove allora c'era la sede dell'Olp) in attesa di notizie sulla sorte del marito. Solo quando fu ritrovato vivo i dirigenti dell'Olp passarono a trovarla. «Mi sentii completamente persa, abbandonata, come se fossi già vedova» scrive Suha. «Nessuno venne a trovarmi, proprio nessuno sentì l'esigenza di chiedermi se avevo bisogno di qualcosa, o anche soltanto di essere rassicurata». L'anno dopo, la leadership del¬ l'Olp fece pressioni su Suha perché evitasse di recarsi a Washington col marito per la firma dello storico accordo con Israele (settembre 1993). Sulla copertina del libro, Suha appare a capo scoperto, con i lunghi capelli biondi, gli orecchini d'oro e tre fili di perle. Quanto alle chiacchiere che sono circolate su un suo presunto accesso ai fondi dell'Olp e a conti bancari segreti, Suha dice semplicemente che ancora oggi è la madre a comprarle gran parte degli abiti. E chiarisce: «Avrei potuto aspirare a un matrimonio molto più facoltoso con un uomo più giovane. Ma ho deciso di sposare l'uomo che amo, il quale, ai miei occhi, rappresenta il rispetto, l'autorità, la fermezza». Quarta dei cinque figli di un banchiere, Daoud Tawil (recentemente scomparso) e della attivissima signora Raymonda (la prima a prendere la patente e guidare un auto a Nablus), Suha nacque nell'ospedale francese di Gerusalemme il 17 luglio del 1963 e frequentò la scuola cattolica con ottimo profitto. Un contesto privilegiato sia materialmente che culturalmente quello in cui ebbe l'opportunità di crescere: in casa Tawil passavano molti degli israeliani favorevoli alla pace con gli arabi e poi americani e francesi ansiosi di conoscere palestinesi moderati e colti. Tra gli altri, Simone de Beauvoir e Jean-Paul Sartre, Herbert Marcuse e Nahum Goldman, presidente del Congresso mondiale ebraico. Non c'è dunque traccia di sentimenti anti-israeliani nelle 235 pagine dell'autobiografia di Suha: neanche quando racconta lo stupore di lei ragazzina che guardava le poliziotte israeliane con le gonne corte. E ricorda in quelle occasioni le parole di sua madre: «Quando le nostre si sottrarranno alla dominazione maschile, vedrai cosa riusciranno a fare per la Palestina!». Poi c'è il racconto dell'innamoramento con Yasser: accadde durante una visita di lui a Parigi, nel 1988, dove il cognato di Suha dirigeva la sezione locale dell'Olp. Ora che siamo sposati, conclude Suha, «io gli parlo e cerco di spiegargli le mie idee più progressiste delle sue in alcuni campi. Lui fa finta di non ascoltarmi. Ma a volte invece mi ascolta... Almeno lo spero». [Agi] La moglie di Yasser Arafat, Suha, osserva il leader dell'Olp in un'apparizione televisiva [foto reuter)