Monaco '38, lo spettro che s'aggira per l'Europa
Monaco #38, lo spettro che s'aggira per l'Europa Monaco #38, lo spettro che s'aggira per l'Europa IL CASO LA VERGOGNA DELL'OCCIDENTE ANCORA lo «spirito di Monaco», simbolo e sintesi di ogni infingardaggine e pusillanimità. Si riaffacciano gli spettri del francese Daladier e del britannico Chamberlain che nel '38 a Monaco chinarono il capo davanti a Hitler. Per strappare una pace precaria e impotente, prepararono la guerra. Per guadagnare tempo, le democrazie occidentali spianarono la strada alla prepotenza bellica del nazismo. Arrendevoli e docili, galvanizzarono Hitler. Lo «spirito di Monaco» finì per materializzarsi nei Sudeti, un anno dopo fu la guerra mondiale. L'Apocalisse. L'Apocalisse, come quella che sta straziando, tra orrori inenarrabili, Srebrenica. La pulizia etnica. E i campi di concentramento, e le deportazioni, e le famiglie spaccate. E il generalissimo Mladic, il capo dei seviziatori, che davanti alle telecamere accarezza i bambini prima della deportazione. Come Hitler. E riaffiora la memoria dell'orrore, il rischio dell'analogia storica. Lo «spirito di Monaco» evocato da Chirac e da Pannella. La Bosnia come replica terribile dei tempi di «Hitler e Stalin» secondo Scalfaro. Come «50 anni fa» secondo l'Osservatore Romano. Come «il ghetto di Varsavia», secondo Marek Edelman, che la storia atroce di quel ghetto l'ha vissuta allo spasimo. I giornali parlano di «genocidio» e di «olocausto». Il raffronto con lo sterminio hitleriano degli ebrei, prima timidamente evocato da pochi commentatori eppur consapevoli di sfidare il tabù dell'«unicità» dei crimini nazisti, viene ora riproposto con l'angoscia di un nuovo crimine consumato nell'indifferenza della comunità internazionale. «Anche allora il mondo non si mosse, non reagì. Allora si trattava di ebrei, oggi di musulmani», dice Elio Toaff, rabbino capo della comunità romana. «Niente può essere paragonato ad Auschwitz», afferma Elie Wiesel, premio Nobel per la pace e sopravvissuto ai lager nazisti. Che però aggiunge: «Le scene di Srebrenica, gli uomini giovani separati dalle donne e dai bambini, i volti segnati dal terrore dell'annientamento, mi ricordano quelli di tanti miei compagni e compagne che non ho più visto». Ci voleva la sconvolgente forza delle immagini di Srebrenica. Da alcuni anni Bernard HenryLévy e Adriano Sofri cercano di spiegare che proprio un annientamento etnico si sta pianificando e attuando dalle parti di Sarajevo. Nell'indifferenza occidentale. O addirittura alimentata e protetta dall'alibi dell'equidistanza. Giovedì sera, a Roma, durante un pubblico dibattito si è assistito a un animato scambio di battute in cui il direttore del tg di TeleMontecarlo, Sandro Curzi, deplorava insieme e sullo stesso piano i «tre fascismi» che si contendono il campo nell'ex Jugoslavia, mentre il filosofo Paolo Flores d'Arcais accusava Curzi di continuare nella politica di «non scelta» in cui si è cullato l'Occidente, incapace di guardare in faccia l'identità de¬ gli aggrediti e quella degli aggressori. Lo «spirito di Monaco», appunto. Anche se l'evocazione del nazismo appare agli occhi di Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geo-politica Limes, un paragone improprio e soprattutto autoconsolatorio: «C'è una grande ipocrisia in giro. Si evoca il nazismo per dare un'immagine alle emozioni. Ma nessuno Un'immagine storica della conferenza di Monaco nel '38 e nelle altre foto l'esodo da Srebrenica (FOTO RE UTERJ
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