Ninetto e il diavolo di Pasolini

Ninetta e il diavolo di Pasolini «L'histoire du soldat», film mai realizzato, diventa gran teatro ad Avignone Ninetta e il diavolo di Pasolini Tre registi per un viaggio nell'Italia schiava della tv AVIGNONE. Ninetto è un soldatino meridionale, analfabeta ma violinista, diretto a casa per qualche giorno di licenza. Nel viaggio sosta presso certi cupi contadini emiliani dalla lingua assai diversa e pur loro prepara la panzanella, sua specialità, ma quelli la mangiano tutta e Ninetto resta con la fame. Incontra un signore vestito di bianco che lo invita a un pasto sontuoso e poi gli propone di insegnargli a suonare il violino, in cambio gli insegnerà a leggere. Ninetto non sa che farsene di saper leggere e ha fretta di arrivare, ma l'altro gli promette di non portargli via più di un giorno. Quando finalmente Ninetto raggiunge la propria pittoresca famiglia è passato un anno, e i carabinieri vogliono arrestarlo come disertore. Sennonché il signore vestito di bianco era il diavolo, ossia il proprietario della Tv. Una volta il diavolo aveva la Chiesa, che insegnava ai poveri ad abbassare la testa e a rinviare ogni gratificazione all'aldilà; oggi i media istupidiscono livellando le culture tradizionali, suscitando bisogni fittizi e trasformando i poveri in consumatori. Loschi uomini di potere infilano Ninetto nell'ordigno, dove diventa famoso; in compenso non sa più suonare il violino. Ninetto scappa ancora e finisce dentro un teatrino napoletano, dove una principessa langue in preda a uno strano male. Falliti i tentativi di vari cerusici, Ninetto chiede gli ingredienti della panzanella e spalma di olio, aceto, ecc. la fanciulla, che rivive e gli viene data in sposa. Si levano canti di gioia; ma riecco il diavolo a reclamare Ninetto. Il teatrino viene distrutto e al suo posto compaiono orrendi impianti industriali. Questa fiaba moderna ispirata dalla «Histoire du soldat» di Stravinski-Ramuz, com'essa intitolata e scritta da Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti e Giulio Paradisi, era il copione di un film mai realizzato, agli inizi degli Anni 70; oggi grazie all'ispirata collaborazione di tre registi, Giorgio Barberio Corsetti, Gigi Dall'Aglio e Mario Martone, è diventata quel testo teatrale totalmente convincente che forse alla drammaturgia di Pasolini, così spesso involuta, cerebrale, e per quanto interessante, poco comunicativa, mancava. Voglio dire che l'apologo, così come è stato consegnato in questa prima assoluta di Avignone, oltre ad essere limpido, si avvale di certi tratti caratteristici del suo modo di raccontare che Pasolini espresse più felicemente nel cinema, come l'amore per certi episodi capricciosi, a prima vista stravaganti rispetto al filo principale della storia; e allo stesso tempo funziona meglio sul palcoscenico, meno legato al realismo della celluloide. Qui poi i tre registi come i Magi hanno portato ciascuno tributi in carattere con la propria personalità. Barberio Corsetti ha giocato ancora una volta con i televisori, compiendo mirabilie tecniche mediante video volanti da cui testoni o altre parti del corpo di personaggi dialogano col palcoscenico; Martone ha creato con pochi tratti un senso di comunità minacciata, dalla identità fortissima e affascinante; e il più analitico Dall'Aglio ha tirato fuori certe affinità non secondarie fra Pasolini e Fellini, sottolineate dalle eclettiche musiche di Alessandro Nidi, che in questa zona si rifanno a Nino Rota. Una quindicina di esecutori si sono prodigati ammirevolmente in più ruoli, con Renato Carpentieri perfettamente disinvolto nelle sue funzioni di coordinatore. Il lievito decisivo la ciambella col buco l'ha avuto tuttavia dalla presenza di Ninetto Davoli, la cui grazia innata è riuscita a rendere ancora una volta il greve e povero romanesco di borgata, oggi già quasi estinto, che Pasolini ai suoi tempi esaltò, e che altrimenti il finale col ben altrimenti complesso e melodioso napoletano coordinato da Martone avrebbe esposto in tutta la sua miseria. Solo l'irriducibile ammiccare da impunito di Davoli può ancora farci sorridere coi vari «me cojoni» e le altre fruste amenità sulle funzioni corporali che tanto disgustarono Joyce quando fu brevemente impiegato nella Città Etema. Due parti (60' più 65', forse un tantino eccessivi), repliche fino al 18, successo caldissimo e grandi festeggiamenti anche per Citti, salito dalla platea a prendersi la sua parte di applausi nel nome di chi aveva capito tante cose. Ma solino d'Amico Ninetto Davoli protagonista dell'«Histoire du soldat» film scritto da Pasolini con Sergio Citti e Giulio Paradisi La regia è affidata a Dall'Aglio Barberio Corsetti e Martone

Luoghi citati: Avignone, Città Etema, Davoli, Italia, Martone