D'Alema: che fatica essere simpatico di Maria Grazia Bruzzone

D'Alenili: che fatica essere simpatico Alla presentazione della sua biografìa cita Woody Alien e strappa risate alla platea D'Alenili: che fatica essere simpatico «E' questo il prezzo da pagare alla nuova politica» I SEGRETI DI UN LEADER IRONIZZA, scherza, e tira fuori pezzi di sé persino nel prendersela col Manifesto, che da giorni spara a zero sul pds e ieri è uscito con un attacco della Rossanda. «Da vecchio militante del pei conosco il linguaggio della sinistra già extraparlamentare, sono un lettore trepido del Manifesto, custode dell'ortodossia. Ho sempre guardato con adorazione a Pintor e alla Rossanda, io stesso una volta stavo per abbandonare il partito. Ma adesso, dire che non siamo più di sinistra, e leggere che la Rossanda ci chiama agenti del Fondo monetario internazionale: son cose che mi riportano alla fanciullezza». D'Alema ovvero: la fatica di essere normale. L'occasione è mondana. E ghiotta per far sfoggio del segretario nuova versione: «umanizzata», «personale» o «semiprivata», «rilassata» si potrebbe dire, e meno iper-razionale. O addirittura «normale», appunto, echeggiando il nuovo slogan del pds e dell'Ulivo. Una parola che risuona ormai come un ritornello dalle assise di partito alle interviste della madre Fabiola, alla biografia di Fasanella e Martini. D'Alema ce la mette davvero tutta per sfuggire il suo vecchio cliché di funzionario certo intelligente ma rigido e noioso, ruvido, scostante e finanche duro, segaligno, maresciallo dei carabinieri, esattore delle tasse o barbiere del Sud e giù, tra le peggiori immagini coniate dai suoi avversari. A dargli il «la» è Gianpaolo Pansa. «Da segretario ci parli di un Paese normale, ma perché non cominci tu a essere un un po' più normale?». Poi tocca a Carlo Rossella, seduto accanto a un Paolo Mieli sornione e a un Massimo Franco inappuntabile. «C'è molto Hitchcock nel D'Alema televisivo - dice garbato, tra il complimento e lo sfottò -. A differenza di altri non si sa mai bene che cosa dirà, e forse è in questa suspence il segreto del buon ascolto che riesce sempre a fare. Ma è poi vero che la sua biografia non l'ha mai letta come ha detto citando Manganelli?». In prima fila, tra i suoi, D'Alema sorride e pare divertito. E alla fine, parlando del suoi imbarazzi, scherzando sulla fatica di essere un personaggio pubblico sempre in vetrina, riesce, citando persino Woody Alien, a strappare più volte alla platea una risata. Un evento. La resistenza a leggere il libro? «Trovo abbastanza duro da sopportare che molte persone possano frugare nelle pagine della propria vita, e farlo personalmente lo è anche di più. Credo sia un'operazione che è meglio far da soli che in compagnia» si schermisce, citando il comico americano, e accattivandosi subito il parterre. «Certo, poi, leggerlo è un dovere pubblico. Anche per essere preparato alle domande. Come quel signore che, in una masseria del Salente si è avvicinato per chiedermi: "Ho letto che lei spezza in due i tappi: mi fa vedere come?"». Prima risata. «Sono prezzi da pagare alla nuova concezione della politica», commenta il segretario, in giacca a minuscoli quadrettini su fondo azzurro, ben più leggiadra dei suoi classici completi blu. E giù a parlare dell'inevitabile, mal sopportabile intrusione dei media nel privato. «Oltretutto, se gli uomini potenti hanno delle protezioni, ville con muri alti e puntuti, a gente come noi per restare un po' soli tocca andare in barca in mezzo al mare. Accompagni il figlio a scuola e ti aspettano i genitori del comitato. Ti spiano "Adesso arriva", pronti a balzarti addosso», mima D'Alema. E dopo la seconda risata, il pubblico è pronto a sorbirsi la parte politica, il pei che non era una setta ma anzi, una scuola di formazione per una classe dirigente. E l'attacco all'estrema sinistra, «che continua a usare un linguaggio esoterico, in nome di un'idea sbagliata di diversità». Maria Grazia Bruzzone