la Borsa cerca imprese di Valeria Sacchi
77 gas chiede regole chiare E' partito il «giro d'Italia» targato Piazza Afifari-Confindustria la Borsa cerca imprese Da Bergamo timidi «sì» BERGAMO DAL NOSTRO INVIATO L'interesse è forte, il numero verde che fornisce informazioni su come quotarsi (167-269475) ha successo. Ma la diffidenza resta alta. Luigi Olmo, a capo del gruppo Olmo, 200 miliardi di fatturato nella produzione di poliuretano espanso per arredamento e auto, sintetizza bene l'atteggiamento delle medie imprese verso la Borsa, e spiega: «Ci sono molte remore da superare nell'impresa famigliare, che capisce l'utilità della quotazione, ma ha paura di perdere individualità e potere decisionale. Anche se è evidente il vantaggio per i soci di minoranza». Olmo è uno dei trentacinque imprenditori che, ieri, hanno risposto all'invito dell'Unione Industriale di Bergamo per partecipare al primo incontro organizzato da Consiglio di Borsa, Confindustria e Abi nell'ambito di un programma di promozione teso ad avvicinare le imprese alla Borsa (prossima tappa: Vicenza). Un'iniziativa che Olmo giudica «ammirevole», anche se, per quanto riguarda la quotazione del suo gruppo, ammette: «Ci stiamo pensando, ma fa un po' paura la burocrazia». E' ugualmente prudente Nicola Rota, 70 miliardi di fatturato nei cavi elettrici con due aziende «La Tusta Spa» e «La Rota Cavi»: «Sono venuto per capire quali sono i costi di una quotazione, e se ci sono sgravi fiscali dice -. Anche se per noi la quotazione non sarà comunque vicina, avendo appena acquistato un'azienda in concordato preventivo che deve essere rimessa a posto». La via al listino, costi e impegni da assumere, l'hanno ben spiegata Giampaolo Ferrari e Fernanda Di Massa, alti funzionari del Consiglio di Borsa. E nel pomeriggio la lezione è proseguita in incontri individuali. Il parterre era gremito. Nella lista delle industrie presenti c'erano rappresentanti del gruppo Radici e delle Fattorie Scaldasole, della Lovable e delle Fornaci Magnetti, di Sogefit e di Italcanditi. Una ricerca fatta per l'Unione Industriali dal professor Mario Masini, e illustrata dal presidente Mario Ratti, ha messo in luce che esistono nel comprensorio bergamasco circa 200 imprese con oltre 40 miliardi di fatturato. Ma sul campione delle «quotabili», solo un quarto sono gli imprenditori ben disposti, il 28% non ne vuole sapere, mentre tra le società giudicate «non quotabili», 1' 11 % aspira al listino, il 36% non ci pensa per nulla. Due imprenditori locali che in Borsa sono già sbarcati, Domenico Bosatelli della Gewiss e Bompassei della Brembo, hanno portato la loro testimonianza positiva, anche se Bosatelli ha lamentato la «scarsa chiarezza fiscale». Poi Giovanni Palladino, direttore area finanza e diritto d'impresa di Confindustria, si è assunto il compito, cifre alla mano, di dimostrare come non solo il ricorso al mercato sia conveniente, ma stia diventando una via obbligata, tesi ribadita dal presidente del Credito Bergamasco, Cesare Zonca. Il quale ha affermato a chiare lettere: «Capisco che molti imprenditori siano riluttanti a mettere in piazza i propri affari, ma presto il sistema bancario non sarà più in grado di finanziare chi non imboccherà la via della massima trasparenza». La trasformazione stessa dei mercati finanziari impone il cambiamento di rotta: nel 1980, negli Stati Uniti, le fonti di finanziamento delle imprese erano per il 66% le banche, per il 34% il mercato. Oggi le percentuali sono capovolte: 21% banche, 79% mercato. Ha concluso Attilio Ventura: «La Borsa è importante per risolvere molti dei problemi dell'impresa, la nostra Borsa è diventata trasparente e sta crescendo. Lo stesso credito bancario costa meno se la società è quotata». Valeria Sacchi Attilio Ventura
Luoghi citati: Bergamo, Italia, Scaldasole, Stati Uniti, Vicenza
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