«Stop ai turisti, nuovi barbari» di Gabriele Beccaria

«Stop ai turisti, nuovi barbari» Sempre più località impongono numero chiuso: «I visitatori fanno troppi danni» «Stop ai turisti, nuovi barbari» DagliUsa all'Europa, mappa dei divieti 1CONO che siamo entrati nell'era del turismo di massa, ma potremmo uscirne presto. Non è vero che l'«homo turisticus» sia coccolato come vorrebbero far credere i mielosi dépliant d'agenzia. Questa razza prevalentemente bianca, occidentale e benestante è a rischio. A minacciarla non sono solo e tanto gli integralisti che da Assiut ad Algeri, fino a Istanbul, sparano loro addosso, sognando di ripulire l'Islam dall'infezione degli infedeli corrotti. Probabilmente, la loro fiammata di fanatismo si estinguerà molto prima delle esplosioni di rabbia che nella tollerante Europa stanno deflagrando contro i forzati del tour, della foto ricordo e del menù a prezzo fisso. In ballo in questo caso non ci sono valori o divinità, ma il disordine, il degrado, l'inquinamento e le distruzioni che diffondono con incosciente allegria. Uno dei cuori del nuovo credo antituristico è la Francia. Qui le organizzazioni verdi vogliono imporre restrizioni per salvare il salvabile dai neobarbari con guida illustrata in tasca. «L'industria turistica ha fatto ciò che non era riuscito a Hitler: costruire un vallo sulle coste dell'Atlantico», ha drammatizzato il leader ecologista Gerard Onesta, parlando con «Newsweek» della cementificazione provocata da hotel e villaggi vacanze. E a Montmartre gli abitanti si sono infuriati a tal punto contro i gitanti che hanno imposto ai bus di parcheggiare a oltre un chilometro dalla celebre «butte». I negozianti di cartoline e souvenir non l'hanno presa bene, ma i residenti hanno strappato la loro piccola vittoria. I «rivoltosi» costituiscono un partito assortito: ambientalisti, intellettuali, burocrati, gente comune. Sono tutti d'accordo che gli eccessi del turismo selvaggio mettono in forse gli ecosistemi, minacciano la sopravvivenza dei monumenti, estinguono le tradizioni più antiche, fanno arrabbiare le popolazioni locali: come in Guatemala, dove ci sono state cacce al «gringo che rapisce i bambini» o come in Estremo Oriente, dalla Thailandia al Giappone, dove si ri¬ pete che «i bianchi spargono l'Aids». Nella nabatea Petra le autorità giordane sono corse ai ripari, stabilendo un tetto di mille visitatori al giorno. A Salisburgo il centro storico è stato chiuso agli autobus dei tour operatore. A Giverny, la cittadina di Claude Monet, i gruppi non possono entrare nel periodo della fioritura. All'Alhambra di Granada si va con un biglietto a tempo. 11 «National Trust» - vale a dire le bollo arti inglesi - sta pensando di limitare gli accessi alle località di maggiore interesse storico. I principali parchi nazionali americani, dal Grand Canyon a Yellowstone, progettano di chiudere le zone ecologicamente più fragili. Se si pensa ai geroglifici di Luxor intaccati dal respiro di milioni di visitatori, alle piramidi maya dello Yucatan offese dai gas di scarico, alle barriere corallino di Eilat, Israele, ferite dai bagnanti, a Venezia stritolala da follo di visitatori con il panino nello zainetto, allo pendici dell'Himalaya insozzate da bottigliette o cartacce, si può capire il crescente risentimento contro la tribù in braghe c maglietta che infesta le località da cartolina e i luoghi più remoti. Senza una regolamentazione l'industria del turismo (che vale 3 mila miliardi o mezzo di dollari) rischia di suicidarsi. Se ne stanno accorgendo anche gli addetti ai lavori. «Dobbiamo mirare a migliori forme di organizzazione se vogliamo che il trend dei viaggi continui a crescere», ammette il presidente della Federazione internazionale dei tour operators, Martin Brackenbury. «Il turista lasciato libero di vagare è un danno per sé e per gli altri», concorda Fulco Pratesi, presidente onorario del Wwf Italia. «Nelle nostre oasi protette riceviamo 300 mila persone l'anno, sempre accompagnate da volontari. Cosi nessuno si sogna di strappare un fiore e alla fine sono tutti contenti e arricchiti». In una parola, mai più visite indiscriminate, pena l'estinzione dell'«homo turisticus». Gabriele Beccaria I tour operatore «L'industria delle vacanze rischia di suicidarsi» Una spiaggia sovraffollata e sopra un'immagine di Venezia

Persone citate: Claude Monet, Fulco Pratesi, Gerard Onesta, Hitler, Martin Brackenbury