Mancini e i pentiti scontro in aula

Palmi, importante udienza del processo che vede l'ex segretario psi accusato di collusione Palmi, importante udienza del processo che vede l'ex segretario psi accusato di collusione Mancini e ■ pentiti, scontro in aula «Eletto dalla 'ndrangheta», Lui: «Stoltezze» PALMI DAL NOSTRO INVIATO Prima di tutto, il curriculum, perché bisogna pure presentare le referenze. Clan Piromalli-Malè. Ecco, l'accusatore di Giacomo Mancini è un 'ndranghetista doc, mafioso con un passato e pentito con un futuro. Si chiama Annunziato Raso, ha 32 anni, l'aspetto del duro, le movenze di un felino, veste all'ultima moda con il gilè da pescatore e la T-shirt con la scritta: «Tentation». Depone al tribunale di Palmi dove il sindaco di Cosenza, socialista dal grande passato e dal presente un po' incerto, deve rispondere di legami con la criminalità organizzata. Il tribunale è composto da tre donne, due brune mediterranee e una biondina che pare una tedesca in villeggiatura: ascoltano e prendono nota. La polemica sui pentiti è rovente, nessuno vuol fare il difensore d'ufficio e l'avvocato Roberto Manfredi, studio in Roma, tuona: «Mi ripugna, è contro i miei principi difendere i pentiti». Poi qualcuno accetta. Questo era un killer. Lo afferma lui: «Sì, quarantatre omicidi». Ne parla con voce annoiata, come dire: «Acqua passata». Ma bisogna dire tutto, e allora aggiunge: «Miei compiti? Roba di omicidi, rapine e altro. Insomma, avevo il ruolo del factotum, facevo omicidi, preparavo macchine, armi». Poi rimase nella rete della giustizia, gli assegnarono una cella privilegiata, quella del boss Piromalli. «Sì, eravamo io e don Peppino». E don Peppino, ricorda ora, gli fece una confidenza, una di quelle che pesano come macigni, se vere. E anche se false. Dice: «Mancini si trova al posto di sindaco di Cosenza solo grazie a Piromal¬ li». Sì, perché fra l'onorevole e il padrino ci sarebbe stato un buon rapporto, che poi in realtà era pessimo. Tanto legati che lui, il killer, chiese a don Peppino d'intervenire presso il suo amico per fargli modificare il suo capo d'imputazione che gli avevano messo sulle spalle. Ma l'amicizia, si sa, è una cosa astratta, come la riconoscenza, e Piromalli rispose secco: «Sto cornutu di Mancini ha abbandonato anche me». Ep¬ pure, loro, gli 'ndranghetisti, racconta ora il pentito, si erano così dati da fare per la raccolta dei voti quando c'era stata la corsa alla poltrona di sindaco. Ma davvero avevano ramazzato consensi per Mancini? «Ma sì, come li abbiamo raccattati per Loiero alla Camera». E così, ieri è stato sistemato anche Agazio Loiero, già de. L'udienza, di un processo interminabile, è iniziata con tre ore di ri¬ tardo nel primo pomeriggio, nel seminuovo Palazzo di Giustizia di l'almi, una sorta di mausoleo legis pagato 33 miliardi e il cui costo ha provocato un'inchiesta che ha coinvolto il costruttore e l'ex sindaco. Attento a non perdere una battuta, Mancini osserva con attenzione ì suoi accusatori. Il killer se n'è appena andato, quando il suo posto viene preso da Pino Scriva, che ha 50 anni, un bel passato di mafioso di successo. Ha il volto rotondo, il sorriso nervoso, la gestualità appariscente, giacca b vento verde, polo e pantaloni in tinta. «Ho pagato i miei debiti con la giustizia», chiarisce subito. Poi snocciola il cursum honorum: «Sono stato fatto giovane d'onore ancora in fasce; ho percorso tutti i gradi: a diciassette anni divenni "camorrista", poi ebbi la "santa" e il "vangelo", quindi il "quintino" e poi "associazione". Infine sono diventato il Maradona delle evasioni». Insomma, un mascalzone autentico, mica un bluff. Ma quello che racconta pesa, perché parla di raccolta di voti, nei remoti Anni 70. Quella volta l'onorevole gli chiese a lui, personalmente. «Ci disse d'interessarci». Non furono molti i voti, per la verità, quelli dei socialisti, raccolti nei paesi di cui s'era occupato Scriva, ma il lavoro, dice lui, lo fece. E Mancini? Risponde con sdegno. Fa una dichiarazione spontanea con la quale ricorda l'impegno del psi, quando ne era il segretario, nella lotta contro i movimenti neofascisti, la criminalità. «Nei confronti di stoltezze di questo genere, non ho niente da replicare. I giornali dell'epoca dicono esattamente dove andavo, in quei giorni. Chi ha fatto indagini su di me non ha fatto un minimo di attenzione», [v. tess.l Giacomo Mancini è accusato da alcuni pentiti di essere legato alla 'ndrangheta A fianco il senatore a vita Giulio Andreotti

Luoghi citati: Cosenza, Malè, Palmi, Roma