Spinto dalle imprese Usa che da anni operano da semiclandestine nel Paese in pieno boom Clinton chiude la guerra del Vietnam

Spinto dalle imprese Usa che da anni operano da semiclandestine nel Paese in pieno boom Spinto dalle imprese Usa che da anni operano da semiclandestine nel Paese in pieno boom Clinton chiude la guerra del Vietnam Oggi l'annuncio: scambio d'ambasciatori con l'ex nemico WASHINGTON. Per gli Stati Uniti la guerra del Vietnam si concluderà definitivamente oggi, quando il presidente Bill Clinton annuncerà l'allacciamento di relazioni diplomatiche con Hanoi. Con l'atteso annuncio, Washington metterà la parola fine - anche in senso politico, tanti anni dopo la fine dei combattimenti - a un conflitto che è costato migliaia di morti, ha causato gravi problemi di ordine pubblico in America per molti anni (fino a colpire nel profondo la psiche del Paese e la concezione che gli Stati Uniti avevano di se stessi), ed è costato la presidenza a Lyndon Johnson e ha creato infiniti problemi a Richard Nixon, che infine decise il ritiro. La normalizzazione dei rapporti con il Vietnam è stata per molto tempo ritardata dalla ferma opposizione dell'associazione dei reduci che per anni ha sensibilizzato l'opinione pubblica sul problema dei «Missing in action» (Mia), i soldati americani scomparsi durante il conflitto e alcuni dei quali, secondo l'associazione, sarebbero ancora prigionieri nei campi di concentramento vietnamiti. Anche se il presidente Clinton è convinto che sia ormai giunto il momento di fare un passo decisivo per chiudere con un doloroso passato, molti la pensano in modo differente. Ma mentre il leader repubblicano al Senato e prossimo sfidante di Clinton alle presidenziali del prossimo anno, Robert Dole, ha più volte dichiarato di essere contrario alla normalizzazione, un suo collega repubblicano al Campidoglio, il senatore dell'Arizona John McCain, per sei anni prigionie- ro dei vietnamiti, si è detto favorevole all'iniziativa. La notizia dell'allacciamento di relazioni diplomatiche col Vietnam, 20 anni dopo la vittoria del regime comunista del Nord sul Sud sostenuto dalle forze americane, è trapelata ieri dagli ambienti governativi, mentre la portavoce della Casa Bianca Mary Ellen Glynn si è limitata a confermare che il capo dell'esecutivo farà oggi «un annuncio riguardante il Vietnam» e che alla cerimonia, prevista per mezzogiorno ora locale (le 18 italiane) nei giardini della Casa Bianca, sono stati invitati esponenti del Congresso. Uno dei parlamentari pre¬ senti potrebbe essere proprio il senatore McCain, che ha sfidato la posizione predominante del suo partito dicendosi favorevole alla normalizzazione. Fra i repubblicani, oltre a Dole anche il senatore Phil Gramm, a sua volta aspirante all'investitura del partito per la sfida a Clinton nelle elezioni presidenziali dell'anno prossimo, ha bocciato la linea del dialogo con Hanoi. L'appello di McCain sembra invece aver lasciato il segno sul leader repubblicano della Camera, Newt Gingrich, che passa notoriamente per un falco: lui, ha detto durante un programma in tv, ci andrebbe coi piedi di piombo, ma ha lasciato intendere che le argomentazioni presentate dal collega di partito lo hanno colpito. Per quanto Washington e Hanoi non abbiano rapporti diplomatici formali, in realtà i due Paesi hanno avuto in questi anni frequenti contatti su una quantità di questioni: le autorità vietnamite hanno fornito collaborazione al ritrovamento dei «Missing in action», e hanno restituito le ossa di parecchi di loro (ma le associazioni dei reduci pensano che ciò non basti e che altri prigionieri americani siano ancora detenuti); in seguito sono diventati intensi anche i rapporti commerciali, perché il Vietnam ha abbandonato la linea vetoromarxista seguita fino a poco tempo fa per dare il via a una svolta liberista di stampo cinese. Ne è seguito un rapido sviluppo economico che ha interessato le imprese di molti Paesi stranieri, soprattutto giapponesi ma anche europei. Alla fine gli stessi americani hanno messo da parte i pregiudizi politici e hanno cominciato a fare affari col Vietnam; a spingere Clinton a normalizzare del tutto i rapporti sono stati soprattutto i settori industriali, desiderosi di non operare più in Vietnam in una condizione di semiclandestinità. (e. st.) Ma i gruppi di reduci e la destra protestano «Non è ancora risolto il problema dei soldati americani dispersi in azione» Fra i repubblicani applaude solo Gingrich