In spiaggia, salto le katiusce

In spiaggia, salto le katiusce I turisti del Club Med: «Cerchiamo di non avere paura, non possiamo smettere di vivere» In spiaggia, salto le katiusce Israele, weekend blindati guardando il cielo RTEL AVIV IPRENDO la mia navigazione lungo le coste del Mediterraneo, raggiungo Cipro e faccio sosta a Larnaca per rendere omaggio al glorioso e muffito hotel «Four Lanterns», frequentato da Lawrence d'Arabia: lì, noi cronisti delle guerre libanesi ormai così deplorevolmente invecchiate, ci rifugiavamo e dormivamo vestiti in attesa di un volo di fortuna per Beirut. Quindi, con mezzi di diverso genere supero la costa siriana lungo la quale mi illudo di riconoscere la spiaggia sulla quale si arenò il corpo mangiato dai pesci e pieno di pallottole di Leon Klinghoffer, l'ebreo americano handicappato assassinato dalla banda di Abu Abbas sull'Achille Lauro. Turisti, anche allora, testimoni e protagonisti involontari della guerra, delle imboscate, del sacrificio umano come metro di potere. Tornerò anche a Port Said dove la nave entrò con la fiancata sporca di tutto il sangue che la vittima aveva versato. La costa libanese conserva il suo odore acre di copertoni bruciati, carne ferita e fogne scoperte. In nottata raggiungo Tel Aviv via mare e riprendo la strada della costa in senso inverso, da Sud a Nord, accompagnato da un cineasta israeliano, Gady Castel, che conosce la sua terra e i suoi concittadini palmo a palmo. Gady ha la mia età e anche la barba, ma ha combattuto cinque guerre e adesso ha due figli sotto le armi. Vorrei vedere, gli dico, il Club Mediterranée sulla costa di Arziv, che il 23 giugno scorso fu bombardato dalla katiusce e vedere come vive la gente in queste ore. Al Mediterranée rimase ucciso un cuoco francese, David Marsch di 25 anni e otto ragazzi furono mutilati. Così cominciamo il nostro viaggio, seguendo la strada costiera che porta ad Haifa e poi al Libano. Alla periferia di Haifa la radio comunica che le forze di sicurezza ritengono probabile che proprio oggi pomeriggio, dopo i funerali delle ragazze libanesi uccise, Kiriat Shmona sarà bombardata. La popolazione è invitata a chiudersi nei bunker. Ci mettiamo in moto e per tutta la giornata guarderemo il cielo aspettando i razzi. E li vedremo. Una motovedetta pattuglia le acque e investe con le sue onde di prua lo scoglio degli amanti dove gli innamorati vanno a godersi l'amore dopo mezzo chilometro di nuoto, come certe testuggini suicide. Ecco l'insenatura di Azhkiv dove sbarcarono poco tempo fa due gommoni di armati intercettati e distrutti, il grande viale di eucalipti che conduce a Rosh Hanikrà e cerchiamo di decifrare la vita su questo tratto di Mediterraneo salatissimo, anzi amaro. Le katiusce, mentre viaggiamo, sono già state portate sulla rampa segreta di lancio e poste in posizione di tiro, dall'altra parte della frontiera. Superiamo il bivio per Tiberias e i monti del Carmelo con i villaggi drusi. Oltre i monti, il grattacielo dell'università di Haifa. A sinistra, il Mediterraneo: una quantità di piscine naturali. Tremano al vento i rari ombrelloni. Superiamo Maa Agan Michael e il suo parco naturale. Il regno dei fotografi. E qui una fotografa americana che raccoglieva immagini di uccelli pescatori fu assassinata durante uno dei tanti sbarchi alla disperata dei palestinesi. Il Mediterraneo inquieto sciaborda sugli scogli. Ecco le baracche del vecchio campo di concentramento inglese nel quale venivano trattenuti gli emigrati illegali, che adesso è un museo. I bimbi cantano nei bunker La radio avverte: non avvicinarsi alla frontiera, il vespro porterà bombe. I bambini nei ricoveri cantano. Certamente faranno così anche i bambini dall'altra parte. Ci fermiamo a mangiare «homus», la pasta di ceci e beviamo succo di mele. Gli adolescenti corrono e vanno a gettarsi in acqua come faceva anche Benni Unassi, 17 anni. Suo padre lo sognava paracadutista. Adesso è sottoterra perché la katiuscia l'ha tolto dal mondo. E' stato sorteggiato. Oggi siamo tutti sorteggiabili. Si aspettano i razzi. La sorella di Benni Ussi ha pianto indignata in televisione ed ha accusato i soldati: l'esercito deve avvertire i bagnanti quando fa operazioni in Libano, perché la rappresaglia colpisce le spiagge di questo tratto di Mediterraneo struggente e maledetto. Superiamo Akko, la San Giovanni d'Acri crociata, miracolosa città in cui da sempre arabi ed ebrei convivono in pace. Un modello. La grande nuvola rabbuia le acque del Mediterraneo. Poi torna un sole caldo ma un po' tremante. Ecco i soldati americani della Sesta flotta anche loro diretti al mare. Li accompagnano ragazzine israeliane. Tutti molto allegri. Si sdraieranno sulla sabbia mediterranea. Accanto a loro si sdraiano anche alcune prostitute russe. Il mio accompagnatore ha girato un film sugli emigrati russi. Si chiama «Caffè al Limone». Il titolo significa, mi spiega, che ci sono cose come il caffè e il limone che a prima vista non potrebbero mai stare insieme. Invece possono e talvolta devono. Ci fermiamo sulla spiaggia: non avete paura? E di che cosa? non possiamo certo smettere di vivere. Finalmente la frontiera. Non l'avevo mai vista da questa parte, sempre dall'altra. Si sale sul costone fino a una fortificazione moderna, un maniero. Il Mediterraneo è visibile fino a Naharyya. Un mare stranito come un grande corpo dolorante. Il maniero è un ca- stello di cemento armato sormontato da un enorme radar. Quando il radar vede i razzi è sempre troppo tardi. La radio avverte che l'aeroporto di Kiriat è stato chiuso. Brutto segno, i razzi stanno per partire. Il mare è calmo, la gente si diverte: ecco gli esseri umani sulle spiagge. La radio ricorda: e i razzi vanno a casaccio con un'apertura di tre chilometri e mezzo. Comunque, tutto è calmo. Oltre la frontiera hanno finito di seppellire le due povere ragazzine colpite dalla cannonata che ha mandato in bestia Rabin. Adesso dall'altra parte della frontiera, sullo stesso tratto di Mediterraneo, qualcuno sta togliendo il telone alle katiusce. Potremmo piangere decine di morti, o nessuno. E' la roulette russa davanti a questo mare lucente. La frontiera. L'avreste immaginata come una barriera di fili spinati e nidi di mitragliatrice? Macché: sembra la frontiera fra Svizzera e Austria. C'è un bazaar che vende paccottiglia che se non fosse libanese potrebbe essere tirolese: lampadari di conchiglie, T-shirt, medagliette. Gli acquirenti più frenetici sono gli ebrei russi riconoscibili dalla macchina fotografica «Zenit»: costa poco, è robusta e decen¬ te. Al chiosco arrivano due soldati israeliani, sudati e giovanissimi. Poggiano il fucile e vanno a bere. Uno ha i pantaloni strappati e gli si vedono sotto le mutande. Oggi, per la prima volta in Israele, si celebra la giornata del soldato coscritto: mamme e nonne alla radio che parlano della loro angoscia. Chissà le altre mamme, dalla parte di Tiro e Sidone. Le soldatesse dell'Onu Si vede il parcheggio dei camion e delle jeep dell'Onu. Tutti bianchi. Ecco tre soldatesse che tornano da Shabbat e riprendono servizio. Guardano il Mediterraneo sotto di loro, con una punta di rimpianto. Nessuno qui avrà tempo e voglia di fare un bagno. Entrano e si siedono soldati alti, biondi, molto decorativi. Il basco azzurro. Sono le truppe norvegesi che sorvegliano questa pozza di mare. Dovrebbero «interporsi». Cioè impedire scontri e rappresaglie. Sono invece qui soltanto per formalità. Anche loro hanno soldatesse: giovani, sportive, belle facce. Sul muro una grande scritta: «Jerusalem, Km. 205. Beirut, Km. 120». E' più vicina Beirut, mangiano cocomeri e bevono birre. C'è una funicolare che porta alle grotte naturali, dove il Mediterraneo ha tentato vanamente di comporre un museo di colori e abissi. Tre donne libanesi, vestite come prescrive la loro fede, guardano le cabine gialle che vanno su e giù. Quando la cabina sparisce con il suo cigolio, si sente la risacca. Tutti sanno che da un momento all'altro, dall'altra parte della frontiera (un gigantesco cancello, poi un piazzale di cemento e una garitta, in alto il grande radar) qualcuno pigerà un bottone, o tirerà una maniglia o farà dio sa che cosa va fatto per far partire una salva di razzi che partiranno per portare vendetta a casaccio. A Tel Aviv intanto, sulla spiaggia dell'hotel Hilton stanno perparando un grande spettacolo pirotecnico che allieterà i turisti questa sera. Saranno katiusce buone, benevole. Qui invece si aspetta la sorte, le onde giocano con la roccia, i bagnanti giocano con la morte. I bambini sguazzano. Arriviamo al club Mediterranée che si prese l'ultima salva di razzi andata a segno. La cancellata d'ingresso è chiusa. All'interno si vedono giardini molto curati, piante d'alto fusto. Non si entra. E allora andiamo, poche decine di metri più in là, a trovare Eli Avivi l'eremita, il profeta che cercò di costituire qui un suo minuscolo Stato indipendente per non farsi immischiare nella guerra. E' l'uomo fantastico che mi avevano detto, un vecchio che sembra vivere nella Bibbia: corona di capelli e barba candida e fluente su un corpo imponente, la voce mite, un vestimento che sarebbe stato benissimo addosso a Mose. Anche lui ha un maniero. Un maniero sulla riva del Mediterraneo: una casa delle streghe che in realtà è delle fate. Alta, di legno, sbilenca. Dentro, il suo museo. Fuori, il mare. Il suo Mediterraneo personale, dove la guerra dovrebbe essere vietata, perché il vecchio Eli Avivi la odia di un odio mite e particolare, ma irremovibile. Mi invita a visitare il suo museo: colonne romane, ruote da macina, monete antiche, bandoliere militari turche, crani recuperati da chissà quali stragi e terribili paure. La sua stanza è un bordello di cuscini, archeologia, cianfrusaglie, oggetti d'argento, libri, legni, c'è odore di chiuso. Il televisore, enorme, è acceso e trasmette «Beautiful». Non mi aspettavo di vedere il vecchio Ridge, anche lui qui ad aspettare la katiuscia con sottotitoli in ebraico o in arabo. Fantastico. Fuori, subito oltre la piazzetta personale di questo capo di Stato, il mare, il Mediterraneo che qui ha l'aria di faro il gatto di casa. Una lapido fa la storia di questo posto che si chiama, se ho capito bone, Agsiu. Finisce così: « ...nel 1952 questo sito fu conquistato dall'allegro temperamento di Eli Avivi». Eli sta per piangere. Gli chiedo so ha paura: «Sì, dice. Le notti sono incubi. I villeggianti sanno il rischio che corrono. E' atroce. Gli ultimi razzi sono caduti qui, a un palmo da noi e qualcuno è morto». Saliamo in macchina. I notiziari non parlano ancora di bombardamenti. Guardo il Mediterraneo. E' in attesa anche lui, c le sue ondo sono come raggrinzite. Le cicale stridono come seghe elettriche. Passano dei soldati. L'aria si ferma. Il mondo si forma. E' l'ora. L'uomo addetto alla vendetta ha tirato la sua leva, spinto il suo tasto, o dio solo sa che cos'altro ha fatto. Parte una salva di razzi E i razzi si levano, sorvolano come gatti arrabbiali le nuvole della zona di interdizione, superano i norvegesi, le ragazze israeliane, le tre donne libanesi, la paccotiglia del bazaar, le latrino ben coordinate, superano il parcheggio dell'Onu, volano alti sulle teste di tutti ma non sono che un fischio, anzi un rumore come quando si rompe il ghiaccio con un coltello, e ronzano via. Via. Siamo salvi. Siamo interi. E gli altri? I bagnanti sono sulle rive del Mediterraneo che ha ripreso vita. Dove sono andati a finire i razzi delle katiusce? La radio. Notiziari. Notiziari sulla via del ritorno fino a Tel Aviv. La radio non dice dove sono caduti, per non dare informazioni al nemico. Ma non ci sono morti, oggi, non ci sono feriti. Ma potrebbe anche essere una balla, potrebbe anche darsi che ci sia stata una strage. La prassi, la prudenza vuole che non si diano soddisfazioni al nemico. Non è successo nulla. Il Mediterraneo si lecca la sua eterna ferita con la sabbia fine di Shavé Ziyyon, in turisti non si sono accorti di nulla, non è successo niente. La vita continua, i negoziati anche, certo, ci sarà una risposta, non finirà così. Tutto è codificato, anche se il diciassettenne Benni Ussi non lo sapeva e sua sorella piange sbalordita. Poi partirà una seconda raffica, un'altra salva di katiuscia. Noi siamo ormai ad Haifa, fuori tiro da un pezzo. Sembra che un bidone di cloro per uso agricolo sia esploso provocando un lieve incendio. L'incendio è sotto controllo. Cala la sera sul Mediterraneo e già cominciano a crepitare i fuochi artificiali di Tel Aviv. Paolo frizzanti (2 - continua) La radio avverte: non avvicinatevi per nessun motivo alla frontiera Al tramonto arriveranno nuove bombe E all'hotel Hilton di Tel Aviv preparano uno spettacolo pirotecnico per gli ospiti Una motovedetta pattuglia lo scoglio degli innamorati 4 ;: ;22 . o.... * m .i Due ragazze israeliane in bikini sulla spiaggia incrociano una coppia araba II parco divertimenti «Luna Gal» sul Mare di Galilea Ma sulle spiagge è sempre paura attentati