L'ultima cartuccia del premier di Mimmo Candito

I/ultima cartuccia del premier I/ultima cartuccia del premier Una trappola per gli eredi di Franco L'AZZARDO SOCIALISTA ELLA lenta deriva del socialismo europeo (ma una deriva non è il naufragio, e nemmeno l'affondamento), il caso spagnolo era comunque una faccenda a parte: anche a Madrid c'erano scandali di regime e una diffusa corruzione politica, come a Koma, o Parigi, o Atene, e però Gonzàlez era riuscito ugualmente a trarsene fuori perché la sua storia - e la storia del suo lungo governo - superavano i limiti della pura gestione del potere, per identificarsi alla fine con lo stesso processo di democratizzazione del suo Paese. In altre parole: la „ . Spagna che aveva saputo seppellire senza traumi né violenza il franchismo, la Spagna prima negletta che subito aveva trovato un posto di prestigio nell'Europa comunitaria, la Spagna marginale che allacciava ora legami nuovi con il Medio Oriente e con il continente latinoamericano, questa nuova Spagna, giovano, brillante, edonista, ricca di presunzione c di buone opportunità per il capitale intemazionale, aveva il profilo e il sorriso sicuro di Gonzàlez. I comprimari dello sceneggiato della transizione erano stati molti, Juan Carlos, Adolfo Suàrez, il cardinale Tarancon, i Garrigues, Gutiérrez Mellado: tutti importanti, e tutti in qualche misura es- La Spagnaaveva ileuropbambini 20 anni fa record eo dei non nati senziali; ma uno soltanto appariva come il garante ideale di questa riuscita trasformazione, ed era lui, Felipe. Senza di lui, sembrava che l'intero processo del cambio di regime potesse essere messo in discussione; e questa era la sua credenziale per la permanenza indefinita nel palazzo della Moncloa. A suo modo, dunque, anche la Spagna era un sistema democratico bloccato. Il fattore F (dove l'F sta per memoria, e timore, del franchismo) valeva come il vecchio fattore K per le ruggini incrostate del Viminale. Ci son voluti tredici anni, per far sedimentare nell'immaginario collettivo l'ombra di quella paura, tredici anni durante i quali un governo ambizioso e di grandi tensioni ideali è scivolato pro>>v* gressivamente nella protervia impunita del regime, arraffando a piene mani potere e tangenti, e sicumera, e malaffari. Ma anche guidando la Spagna a raddoppiare la ricchezza nazionale, e a trasformarsi in un Paese moderno, di forte dinamismo economico, una società finalmente pacificata con gli antichi fantasmi della storia patria. C'è tutta questa drammatica doppiezza, nella decisione ora di Gonzàlez di rompere il tempo degli indugi, e di avviare la nuova campagna elettorale consegnando la scelta dell'aborto alla decisione esclusiva della donna. Se tuttora ricordiamo che soltanto vent'anni fa la Spagna era il Paese europeo con la percentuale più alta di aborti rispetto ai nati, e che ancora per tutti gli Anni Settanta le donne spagnole erano la presenza più numerosa nelle cliniche londinesi dove si praticava l'interruzione della maternità, si mostra allora in tutta la sua forza dirompente sulla cultura del Paese questa scelta del claudicante governo so cialista. Gonzàlez ha capito che è arrivato il momento dello scontro decisivo, che il suo lungo mandato di potere sta chiudendosi nella spirale triste delle delusioni: e con una strappata violenta ritrova le antiche radici della progettualità riformatrice. Non è una mossa da poco: costringere il Paese a riaprire il dibattito su chi possa gestire credibilmente il processo di modernizzazione di una società, e su chi possa interpretare meglio le ragioni generali di sviluppo di un sistema in fase di profonda ristrutturazione, significa schiacciare nell'angolo di un'ideologia comunque moderata, conservatrice, culturalmente cauta, tendenzialmente perdente, i baldanzosi avversari del Partido Popular che già si sentivano padroni del nuovo Parlamento. Nell'eterna cattolicissima Spagna, il dibattito che si riapre sull'aborto - che poi significa discutere del ruolo della donna, del potere della giustizia, della titolarità dei diritti individuali, della capacità di rispondere ai nuovi problemi di un vissuto quotidiano senza più certezze consolidate imporrà progressivamente un dovere di schieramento, una scelta di campo, che finiranno per ridare al psoe di Gonzàlez quella egemonia che l'usura del potere e le Mani Sporche del governo avevano progressivamente eroso. Felipe gioca d'anticipo: una volta accertato che la frattura tra governo e Paese si è fatta insanabile, e che il fattore F è svanito dentro le pieghe della società affluente (questa certezza Gonzàlez l'ha ricavata dal risultato delle elezioni amministrativo della primavera, Gonzàlapparirmoderndel z vuole il solo zzatore aese ampiamente vinte dalla destra del Pp), l'unica sua possibilità di rovesciare un trend negativo stava in questo rimettere in discussione il modello globale di società. Dunque: sì, il psoe ha fatto errori di gestione, di presunzione, persino di albagia, ma quale Spagna vogliono ora gli spagnoli? Vogliono davvero consegnarsi nelle mani di un erede comunque della vecchia società tradizionale, reazionaria, diffidente verso il nuovo, che stava chiusa dentro il regime franchista? L'ultimo scandalo delle intercettazioni telefoniche ha fatto accelerare i tempi della crisi: Pujol ha sentito che la sua alleanza con il governo rischiava di non portare più frutti, e che le elezioni regionali di novembre potevano dare risultati meno prosperi delle speranze catalaniste; ha scelto perciò di chiudere i conti. Felipe ha chiamato subito lo scacco inatto, cavalcando spregiudicatamente anche il tumo della leadership europea. Non è proprio sicuro che ora Aznar trovi il consenso sufficiente a bloccare la giocata geniale; il fattore F, che pareva morto e sepolto, riappare come il fantasma di un modello di società. E non sarà facile liberarsene. Mimmo Candito La Spagna 20 anni fa aveva il record europeo dei bambini non nati Gonzàlez vuole apparire il solo modernizzatore del Paese

Persone citate: Adolfo Suàrez, Aznar, Garrigues, Juan Carlos, Mellado, Pujol