Il giallo del Silvio apocrifo di Massimo Gramellini

Il giallo del Silvio apocrifo Il giallo del Silvio apocrifo «Cari comunisti», ma era uno scherzo POTENTI E PEONES UROMA NO spettro si aggira per il pds: il Falso Berlusconi. Prima è un falso in carne ossa e doppiopetto che si intrufola fra i vip per cercare le telecamere e invece trova i tricipiti incavolati del servizio d'ordine che lo scaraventano fuori. Poi, in curiosa coincidenza con l'ingresso in sala dell'Inimitabile, appare il falso di carta, sei pagine di parole su carta intestata Forza Italia che arrivano al congresso dentro uno scatolone e lì per lì sembrano più efficaci e persino più sincere di quelle che il Berlusconi vero si accinge a leggere sul podio. «Cari Comunisti», esordisce il Fintosilvio. «Dico cari perché siamo avversari e non più nemici. Ma dico anche comunisti perché fino ad oggi vedo ancora nel vostro marchio una falce e martello...» Ecco, più che il «comunisti» a insospettire l'apparato pidiessino è quel «marchio», troppo milanese, troppo pubblicitario e in fondo troppo berlusconiano perché Berlusconi potesse davvero decidere di usarlo in un discorso così importante. L'anonimo birbone ha giocato anche sulla proverbiale mancanza di humour degli apparati di partito. Altrimenti qualcuno avrebbe dovuto insospettirsi leggendo il fantastico nome della mittente: Carmen Maggiorini, segreteria di Forzitalia. Ma quando, a pagina 2, appare il primo «senza infingimenti», la parodia è scoperchiata. Per non dire dell'allusione al «mio amico Falstaff che vi conosce molto bene», dietro il quale si intravede la maxi-sagoma di Giuliano Ferrara. Reazioni furiose. Vittorio Dotti, «indignato», dispone un'indagine per venire a capo di questa iniziativa «spregevole» e «grottesca». GII IRRIDUCIBILI Dispersa dal referendum l'ala televisiva (Giulietti ha trascorso la giornata in esilio volontario a Narni), in curva antiberlusca resta solo la sinistra giudiziaria. Due flash grondanti indignazione. 1. Sandra Bonsanti che quando Berlusconi difende Mancuso sbuffa, si alza e schizza via. 2. Raffaele Bertoni che, mentre Veltroni sale su! podio, stringe i pugni e grida: «Dagli addosso!». IL GORILLA. Scontro epico fra le uniche cose che funzionano davvero nei due Poli: i servizi d'ordine. C'è il nerboruto di centrodestra che «dei comunisti io non mi fido» e tenta di saltare sul palco insieme a Berlusconi. E c'è quello di centrosinistra che lo fa scendere, si trasforma in transenna umana fra Berlusca e il mondo, ma quando quello parla male dei giudici spa- lanca le gengive: «Porco!» Gli ultimi sacerdoti delle ideologie sono rimasti i muscolari. LA SEGRETARIA. Il direttore bipolare del Tg5 Enrico Mentana che gli squilla il telefono sotto l'ascella, risponde «sì un attimo», salta sul palco col bibitone elettronico in mano e lo cede al compagno di figurine Veltroni (giocano sempre a chi ricorda meglio le formazioni dei maledetti Sessanta). «Prendi, Walter, è per te». Berlusconi, in platea, osserva rassegnato. LA VELTRONITE. Principali reazioni dei Polo-men durante il discorso di Veltroni. 1. Alfredo Biondi che solleva le mani in un tentativo di «ola» quando Veltroni dice che i magistrati non possono sostituirsi ai politici. 2. Difficoltà di comunicazione. Fini che si gira storto verso Berlusconi quando Veltroni spiattella una vecchia dichiarazione del Dottore a favore del doppio turno. «Ma l'hai detto davvero?». «Gianfranco, ti posso'spiegare...». 3. Difficoltà di comunicazione (replica). Berlusconi che si gira storto verso Fini quando Veltroni spiattella il «sì» di An agli esperimenti nucleari di Chirac. «Ma l'hai detto davvero?». «Silvio, ti posso spiegare...». 4. Giudizi politici. Fini che quando Veltroni lo promuove dal podio a leader della destra, sibila: «Sei un paraculo!» Emilio Fede che borbotta: «Questo Veltroni funziona che è un piacere. Se fosse lui il capo, per noi sarebbero cavoli amari». Mike Bongiorno lo dice da anni. IL PLAGIARIO. Uno che «dati alla mano, un milione di posti di lavoro non è un traguardo irrealizzabile» e non è Berlusconi ma Fabio Mussi, vicepresidente dei deputati progressisti. Oppure uno che elogia «la libertà di intrapresa», dice due volto «mi consenta», fa tre (3) metafore calcistiche in 20 minuti e non è Silvio Berlusconi, ma il vice-tutto Walter Veltroni. GLI EXTRACONGRESSUALI. Vittime del razzismo oratorio, sacrificati dai congressisti al piacere di una sigaretta: quando parlano loro, la sala si svuota. 1. L'onorevole Gianfranco Schietroma (fra Berlusconi e Veltroni), che «vi porto il saluto dei socialdemocratici italiani». 2. L'operaio torinese Salvatore Buglio (dopo Veltroni) che «cari compagni, voglio farvi presente che sono un operaio, non uno spot pubblicitario dopo un bel film». Massimo Gramellini

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