I conti da pagare per il giudice distratto la scuola e le chiacchiere

/ conti da pagare per il giudice distratto, la scuola e le chiacchiere / conti da pagare per il giudice distratto, la scuola e le chiacchiere lettere AL GIORNALE Quando a sbagliare è il magistrato Io l'ho capita cosi; le forze dell'ordin" con i consueti (per loro) ed ignorati (da troppi) sacrifici e pericoli riescono a catturare alcuni pericolosi delinquenti della mafia Ma il giudice si dimentica di interrogarli in tempo ed essi veni gono rimessi in liberta. Poi il giudice scopre che, secondo una sentenza della Cassazione di oltre un anno fa, il tempo per interrogarli non era scaduto, quindi ordina di riarrestarli. Ma nel frattempo uno e riuscito a scomparire. Pazienza, ci sarà pure qualche carabiniere o poliziotto che rischierà la vita per riacciuffarlo! Se un ingegnere, dimenticando un avvertimento ufficiale sulla debolezza di un elemento strutturale, mette in pericolo vite umane, lo processano; se un medico, trascurando la segnalazione che un farmaco ha effetti collaterali che possono mettere in pericolo la salute del paziente, lo prescrive, lo processano. E questo, siccome è un giudice, non lo processa nessuno? Giovanni Mantica, Milano Promossi e bocciati secondo la regione Condivido in pieno quanto pubblicato a firma Anna Ferrerò ne I.a Stampa del 23 giugno. Uno dei fatti più gravi che succedono nel nostro Paese e appunto quello di un numero di promossi in certe regioni ben superiore a quello che avviene per il Piemonte Perché, è notorio, che ci sono persone che per dare certi esami cambiano addirittura residenza. Si legge solo di diatribe, processi, corruzioni, attacchi vicendevoli a destra e a sinistra, sempre solo diiacchiere e niente, mai niente di fattivo Senza andare troppo lontano, i francesi volano a 2000 km/h, bucano la Manica, hanno l'alta velocita e noi niente, mai mente, solo chiacchiere! Ruggero Righetti, Sanremo Benedetti Michelangeli scuse dal Presidente! Che in questa Italia produttrice di geni e per il resto cialtrona e ladrona non ci sia stato un Presidente della Repubblica dal 1966 in poi che sia sceso dal suo scranno per andare a scusarsi con Arturo Benedetti Michelangeli, il più grande pianista di tutti i tempi (non risulta dalle cronache del passato che altri abbiano raggiunto «l'assoluta perfezione tecnica, la magia del tocco» che Muti attribuiva a lui), per l'indecente affronto della confisca, e della confisca pubblica - pianoforte sequestrato durante un concerto di tutti i suoi beni in seguito al dissesto finanziario di una casa discografica; che non ci sia stato tra i direttori d'orchestra miliardari, clie ora sprecano sui giornali lodi e rimpianti, nessuno che l'abbia aiutato nel suo sogno di fare in Italia una scuola di alto perfezionamento pianistico, da cui sarebbero usciti esecutori sublimi e forse qualche altro genio per dare lustro ad una Italia che ne ha tanto bisogno e alla musica, ultimo rifugio oramai per i nostri spiriti frustrati e afflitti; che i suoi ripetuti sforzi per fondarla a Bolzano, Venezia, Bergamo. Arezzo, tentativi in cui profuse i suoi guadagni, siano uno dopo l'altro falliti nell'indifferenza generale, di musicofili e musicisti in primis, cui spettava di ridestare dal letargo culturale i pubblici elargitoti di finanziamenti quasi sempre mal spesi; che da nessun rappresentante delle Camere sia slata spesa una delle troppe parole che di lassù si spandono per l'aria italica nemmeno ora, di fronte alla sua dignitosa morte, è cosa di cui mi vergognerò fino al mio ultimo respiro Ho ricordato, nell'unico necrologio uscito su La Stampa, il suo fanciullesco stupendo sorriso (quando, dopo un suo concerto, con Sanzogno, Cantelli e altri allegri amici andavamo al Valemmo a cantare, lui pure, «il mio amor si chiama Veneranda»...). Una voce femminili- anonima, ieri, mi ha telefonato commossa per ringraziarmi, e ciò basta a ridarmi il coraggio di esse- re italiana. Lui, per fortuna, è tornato al Regno della gioia e dell'amore, il suo Regno. Una volta, in un'intervista mi disse, col suo inimitabile candore: ilo sono una stella». Ora, uscito dall'incubo della terrena vita, può di nuovo palpitare in tutto il suo splendore. Laura Bergagna. Lanzo (To) Drogatel, telefoni e ministeri Desidero sottoporre alla vostra attenzione la situazione in cui versa attualmente il servizio Drogatel. A partire da! mese di luglio dello scorso anno ia società Cis srl ha erogato, per conto della presidenza del Consiglio dei ministri, il ser¬ vizio Drogatel. Si tratta di un pronto aiuto telefonico in funzione 24 ore su 24, inclusi i giorni festivi, cui chiunque può rivolgersi per avere gratuitamente ogni tipo di informazione in tema di tossicodipendenza. La validità di tale servizio - considerato una delle migliori telefonie istituite dal governo - è noia a tutti ed è stata più volte rimarcata ai più vari livelli. A far data dal 1° luglio u.s. il Dipartimento degli Affari Sociali, responsabile delle politiche contro la tossicodipendenza, ha deciso di erogare direttamente tale servizio. Pur non volendo entrare in polemica con i responsabili del ministero, in merito all'atteggiamento quanto meno ambiguo che ha contraddistinto i rapporti con la nostra società in merito al futuro del Drogatel, riteniamo non possa passare sotto silenzio ciò che in questi giorni accade. Trattandosi di un servizio pubblico prestato alla collettività, era lecito aspettarsi un maggiore rispetto nei confronti dei cittadiniutenti, che dovrebbero avere almeno il diritto di essere informati direttamente, pubblicamente, dei cambiamenti previsti. Gioverà infatti ricordare che non di numeri si sta parlando, ma di persone, che in tutti questi mesi hanno trovato nel Drogatel un valido punto di riferimento, persone che hanno potuto conlare su un segretariato sociale che si facesse carico dei loro problemi; persone che su loro richiesta sono state richiamate, persone che non sono state lasciate sole. Solo questo ci aspettiamo, un segno di rispetto e considerazione. Mauro Tirletti, amministratore unico della Cis Comunicazione Immagine Suono srl, Roma Lingua italiana e leggi di «protezione» Leggo, su La Stampa del 23 giugno, la commovente lettera del signor Duilio Saluddeo circa l'opportunità di difendere la lingua italiana dal dilagare dell'«americanismo». «La lingua, la cultura, il popolo italiano non hanno nuila da imparare da nessuno». Perché non proporre quindi come in Francia, dove attualmente vivo, una legge che abolisca l'uso di parole straniere, a partire dal linguaggio scritto, fino all'interdizione di usarle in pubblico, in televi¬ sione, e cosi via. Il povero ministro Toubon, ora ex alla Cultura, deve aver passato parecchie notti in bianco nell'intento di coniare frasi piuttosto buffe che sostituissero, ad esempio, «duty free shop» che è diventato quindi il «negozio per gli acquisti esenti da Iva» (da immaginarsi l'insegna luminosa negli aeroporti!), o l'originale «cuscino gonfiabile di sicurezza» al posto dell'incomprensibile «air bag»! Mi immagino una purga simile in Italia dove i «inedia», per esempio, ridiventerebbero i «mezzi di comunicazione di massa», che sinceramente suona male e poco efficace. E chissà quant'altre vere e proprie ridicole «italianizzazioni». La lingua è il nostro principale mezzo di comunicazione ed è in continua evoluzione verso l'abilità di esprimere nel modo più efficace possibile i messaggi che essa contiene. Non trovo che ci sia nulla di male in tutto questo E' perfettamente inutile tentare di ignorare l'evoluzione di una lingua nel desiderio di proteggerne la sua antica purezza. La lingua inglese ha la straordinaria capacità di essere facilmente comunicativa ed onomatopeica. La stessa è tuttavia oggetto di continui cambiamenti ed è soggetta, come molte altre lingue di Paesi limitrofi e culture simili, ad esterofilie. Esempio che potrebbe indurre il lettore a chiudere il suo club (o forse circolo, anche se rotondo non è): gli inglesi non hanno mai tentato di tradurre in inglese parole come «spaghetti» in «pasta a bastoncino» o «shangai da mangiare», per esempio, né esitano ad usare il latino, quando possono, per esprimere un certo numero di concetti (magari pronunciato male, ma pur sempre in latino). E allora? La verità e che c'è da imparare da ogni lingua o esperienza che min a migliorare la comunicazione fra popoli differenti. Credetemi, i trancedi hanno fatto piuttosto ridere con il loro protezionismo culturale e li. cultura, secondo me, non c'entra un bel niente con l'evoluzione d: una ìmgua. Marco Rampin, Parigi