Eccesso di velocità giustiziata in tv di Vittorio Zucconi

Eccesso di velocità, giustiziata in tv California, la polizia fredda in diretta una donna inseguita per un'infrazione stradale Eccesso di velocità, giustiziata in tv IWASHINGTON NVISIBILE e silenzioso nel video a 8 millimetri girato da una tv locale, il proiettile del vicesceriffo punge il petto della ragazza, la ragazza si affloscia in silenzio davanti alla sua auto come una bambola vuota, un altro agente le fruga sotto la camicetta insanguinata per controllare che sia morta, poi copre il cadavere con un telo giallo e il film finisce. E' morta così ieri mattina, su un'autostrada della California, a Bakersfield, Suzannah Casas Cody, 25 anni, colpevole di avere violato il limite di velocità, poi di aver tentato di sfuggire all'arresto per quasi un'ora e infine di essere scesa dal suo veicolo, un mini-van Ford Aerostar con una pi- stola nella destra, in atteggiamento «sospetto». Se non fosse stato per la telecamera del cineoperatore di una stazione televisiva locale, la morte della ragazza con il vestito a fiori, i capelli lisci e la piccola figura fragile e pallida in mezzo allo schieramento di polizia con le luci rotanti, non sarebbe mai avvenuta. Fra i 25 mila morti per colpo d'arma da fuoco all'anno in America, la sua fine sarebbe stata un altro rapporto in triplice copia sepolto nei cassetti dello sceriffo di Bakersfield, dalle parti di Los Angeles. Nessun giornale importante, nessuna rete tv aveva considerato la sua morte degna di menzione. Solo una tv e un giornale del posto l'hanno sottratta al nulla. Il videotape che il cameraman ha girato per la piccola stazione televisiva, come già la videocassetta clandestina del pestaggio di Rodney King dalla quale partì la rivolta del ghetto di Los Angeles, non ci spiega certo le intenzioni e la storia di questa morte. Tutto quel che esso mostra è la sequenza lentissima, quasi una slow motion della ragazza con il vestito a fiori che scende dal suo furgone circondata da uno spiegamento hollywoodiano di autopattuglie. Dalla sua mano destra, nascosta dietro la schiena, si intravede una pistola. Tra lei e i poliziotti di Bakersfield si intavola una discussione. La ragazza sembra cedere, si avvicina al muso del suo furgone, accenna ad allargare le braccia e le gambe per farsi perquisire. Ma in quel suo aprire le braccia, un tiratore scelto e nervoso intravede una possibile minaccia e spara. Suzannah si affloscia e muore. «L'avevamo sorpresa a 90 miglia di velocità», circa 140 chilometri l'ora, ha commentato lo sceriffo, come se giustificasse la pena capitale. Non si capisce, dal video, se fosse ubriaca o drogata. Il suo comportamento è languido, quasi distaccato, in mezzo a quel brillare di canne puntate contro di lei. La sequenza della sua morte sembra quasi un suicidio, l'azione de¬ liberata di una piccola Thelma che sa benissimo cosa l'aspetti. Ma di tutta la scena non è la morte a turbare. E' la normalità, l'irrilevanza di quel che vediamo correre in questa «moviola della morte». Nessuno, fra i grandi media americani, aveva giudicato l'uccisione di Suzannah Casas altro che una notizia di colore locale, da lasciare ai giornali del posto come si lascia un incidente stradale. Judith non era una Kennedy, non era nera di pelle, non era bosniaca, non era politicamente interessante né utile per nessuno. Era soltanto una vita spenta lungo la strada come quella dei conigli e dei gatti. L'unica differenza, l'unica vera dimensione della sua umanità stanno nell'aver macchiato con il suo sangue non l'asfalto, ma un video 8. Solo allora, nella morte in video, Suzannah esiste. Funerale a 8 millimetri. Circa il calibro della pallottola. Vittorio Zucconi SERVIZIO A PAGINA 11

Persone citate: Casas, Casas Cody, Kennedy, Rodney King

Luoghi citati: America, California, Los Angeles