La chitarra di Benson fa ballare il Festival

Jvc Jazz: seimila spettatori ai Giardini Reali Jvc Jazz: seimila spettatori ai Giardini Reali La chitarra di Benson fa ballare i) Festival In seimila nei Giardini Reali, l'altra sera, per fare festa intorno ai protagonisti della serata che inaugurava il «Newport Jazz Festival» (con la promozione della Jvc, Giappone all'assalto), manifestazione che dà lustro all'estate torinese e alla musica dell'Italia vacanziera quando anche nell'Umbria (jazz) si tenta ormai la concorrenza al Festivalbar. Erano di scena tre formazioni, tutte prestigiose, degne di quel pubblico generoso ma forse un po' scocciato di non trovare un orpello su cui appoggiarsi. Tutti in piedi... ma anche a Nizza capitava la medesima tristezza e la rassegna di Torino ne eredita il meglio e il peggio. Forse i signori del Comune potrebbero tuttavia preoccuparsi di dare qualche sedia a un pubblico che alla resa dei conti paga un biglietto come al cinema, come alio Stadio, al Palasport eccetera. Ore venti: sul palco grande attacca l'orchestra di Torino (con Chiara, Zirilli, Borotti, Pia e Maiorino tra gli altri) con in testa il sassofono di Gianni Basso, grande mattatore al sax tenore, eccellente leader nel manovrare il gesto di una conduzione ineccepibile. Professionalità, mestiere ed entusiasmo sono gli ingredienti fondamentali per imprese del genere e attorno all'astigiano Gianni Basso, la band torinese ha dato il meglio di sé. Ore 21,30, ci si sposta a lato, verso sinistra, di qualche passo, e siamo nella piccola area destinata questa volta al quartetto di Cedar Walton, il momento più alto della serata, un gruppo che lascerà un segno indelebile per tutta la durata del Festival. Walton, pianista, arrangiatore e compositore è dai tempi di «Eastern Rebellion» (con Sam Jones, Billy Higgins e George Coleman) che porta avanti un discorso magari in sordina - ai margini di un'attualità più urlata - ma denso di significati e di verità. Perché verità? Perché Walton è un uomo onesto che sa fare bene quello che pensa (bene), fedele a se stesso (e soprattutto al jazz, sempre che per jazz si intenda quella musica che parte da Charlie Parker e arriva a John Coltrane). Cedar Walton non ha mai strizzato l'occhio né alla critica né alle mode; si siede al pianoforte e suona. Non sarà un genio alla Keith Jarrett ma se non altro evita di porgere le chiappette alle telecamere e non ci disturba con quei gridolini da contatrice calva in calore. Un uomo comune che detesta il divismo e gli atteggiamenti dello star-system. E' un vero artista con una storia alle spalle come pochi possono vantare: il grande giro «Blue Note», il sodalizio con Blakey, un book autorevolissimo («Ugetsu», «Bolivia» tanto per citare due titoli fra i tan¬ ti). Il pubblico gli si è assiepato attorno e in adorazione ha ascoltato (e applaudito) lui e i suoi sodali: il solito Davis Williams al basso; il formidabile altista Vince Herring che ha preso il posto del tenorista Ralph Moore, visto l'anno scorso al Regio; e Keith Copeland che sostituiva (un compito da brividi) l'indisposto Billy Higgins, il batterista guru, lo sciamano della percussione nel jazz. In repertorio brani originali di Walton più un «Lover Man» (dove Herring impone una personalità che si farà eccellente) e la ballad in 3/4 «A Child is Boni» di Thad Jones. Troppo grande questo quartetto, troppo ridotte le possibilità del piccolo palco messogli a disposizione (difficoltà d'ascolto, visibilità nulla tranne per quei due campioni del basket che tutto possono dall'alto dei due metri e fischia di statura). In chiusura l'atteso ritorno al jazz di George Benson che da due decenni si era messo invece in vista nelle classifiche della pop music. E infatti la maggioranza degli spettatori era venura per ascoltare le canzoni del bel George, occhio vellutato, baffetti hollywoodiani di quelli che facevano il solletico alle gote di Jean Harlow. Generosamente e con spirito democratico, Benson ha assecondato le attese della maggioranza dimenticandosi che chi lo aveva invitato al Festival lo pagava per fare del jazz. Ha attaccato con «Weekend in L.A.» ed è andato avanti con una quindicina di pezzi di facile ascolto, come «Breezing» e «Beyond the Sea». Entusiasmo alle stelle per il finale ballabile, con «Give Me the Night» e «On Broadway». Successo. Va bene così. Franco Mondini Il chitarrista californiano George Benson (nella foto) ha aperto, insieme con Cedar Walton e la big band diretta da Gianni Basso, la prima serata del «Jvc Newport Jazz Festival» che sarà ospitato fino all'8 luglio ai Giardini Reali

Luoghi citati: Bolivia, Giappone, Italia, Nizza, Torino, Umbria