Sarah una diva per lo scatto

Società' e Cultura Ritrovate «pose» inedite della Bernhardt Sarah, una diva per lo scatto Per prima capì la potenza della fotografia "SVENILI MENTI. % I Perse i il sensi Sa- i ^ZJrah Bernhardt quando sentì per la prima volta la sua voce registrata in Fedra, quando si vide sullo schermo interprete di La signora dalle camelie. Tradimenti. Nastro e pellicola rimandavano una voce e una immagine così false, lontanissime da quelle che tutti adoravano, da quella «intonazione», da quella «espressione della fisionomia» che il narratore proustiano vorrebbe «fermare, immobilizzare a lungo davanti a me». La Berma di Proust ammirata nella Fedra, era nella realtà Sarah Bernhardt e aveva un solo modo per lasciare di se una traccia indelebile e non traditrice; la fotografìa. Per quasi venti anni Sarah Bernhardt frequentò a Parigi lo studio di Paul Nadar che la rimise in scena nei suoi moli più famosi, che la fermò in pose quotidiane. Sono una grande massa di Seul ture dell'effimero, così si intitola il volume che raccoglie quelle foto pubblicato in Francia dalla Caisse Nationale des Monumenta Historiques et des Sites con un testo di Georges Banu. Un'indagine del rapporto fra la grande attrice e il suo doppio fotografico, instabilmente a cavallo fra Ottocento e Novecento, non solo sul piano storico, ma soprattutto su quello estetico. Perché, se è ancora tutta ottocentesca e magniloquente per esempio Sarah quando si dispera con una mano fra i capelli, mentre con l'altra porta verso di sé il braccio di Cavaradossi ucciso a Castel Sant'Angelo in Tosca di Victorien Sardou, già novecentesca è l'espressione del viso, molto vicina al «naturale» contemporaneo. E tutta moderna è l'intuizione del potere della foto per diffondere la propria immagine. Così durante le sue toumées americane, Sarah firmava le proprie foto come le dive d'oggi. Si trovava, insomma, all'inizio dello star-system che il cinema saprà imporre e la televisione esacerbare. Commenta Banu: «Sarah, per parafrasare la formula di Benjamin, entra senza timori né riserve "nell'era della riproducibilità meccanica", che non pregiudicherà la sua aura personale, al contrario. Con la fotografia, Sarah la sviluppa e l'intensifica». A parte la bellissima e famosissima fotografia del 1864, opera di Felix Nadar, in cui il volto giovane di Sarah, incorniciato di capelli sciolti e ribelli, esce da un ampio peplo che le avvolge le spalle e il décolleté, sono le altre pose meno note realizzate da Paul Nadar le più curiose. Eccola prigioniera del suo studio, adagiata su una poltrona rinascimentale fra libri, candelabri, pesanti cortine di damasco e tappeti inguauiata in un abito frangiato. Eccola in una serie di scatti con una veste chiara fermata in vita da un esotico cinturone o avvolta in un abito di velluto. Scatti dove risalta il suo volto intenso, la sua bellezza ebraica, i suoi capelli, che, nel bianco e nero, si intuiscono rossi, crespi, ribelli. I colori di quel volto? Ce li racconta George Beniard Shaw: «Il suo incarnato prova che non ha studiato l'arte moderna invano. Questi affascinanti effetti rosati che i pittori francesi ottengono dando alle carni i colori delle fragole alla panna e dipingendo la ombre di rosa e di porpora sono abilmente riprodotti da madame Bernhardt». E la «linea serpentinata» del suo corpo agile ispira le donne fatali simboliste di Moreau, mentre Mucha ritrae proprio lei nei suoi manifesti «Art Nouveau» che avrebbero lanciato la silhouette dui corpo femminile moderno. Un corpo dunque che ancora una volta supera il suo secolo, e annuncia la linea delle future star del cinema. Atteggiamenti insomma, riflette Banu, che «rendono Sarah magica», mentre le fotografie teatrali organizzano il corpo Ima non il volto) in gesti sovraccarichi ed enfa¬ tici che sembrano spesso ignora I re le innovazioni di Andre Antoine, il regista del naturalismo. Avvolta di pepli in Fedra sembra volersi abbandonare fra le braccia delle fanciulle che la circondano. Col volto coperto di poudre de riz e il corpo infilato in un pigiama di raso si lancia nel gioco delle ambiguità con Pierrette in ìHeìrot assassin. Con un mirabile abito impero sgrana gli occhi osservando, in Tosca, il coltello sul tavolo di Scarpia. In gi- ikii tliio e in estasi, o brandendo un gonfalone, e Giovanna d'Arerò chiamata da Dio alla sua missione. Eccola poi donna orientala, incastonala di gioielli, in Teodo ra, nobildonna mssa in Fedoni. Elvira sovraccarica di velluti e pizzi in Hemani, Cosi, grazie a Nadar e alla voglia di eternità di Sarah, riemerge curioso, Ira un'eroina e l'altra, il profilo del teatro francese di finir '800 Sergio Trombetta Paul Nadar la spiava tra abiti da eroina e situazioni quotidiane Da destra, la Bernhardt in «Gismonda". fuori scena e in «Fedra»

Luoghi citati: Castel Sant'angelo, Francia, Parigi