Leoluca e Totò incontro in aula di Francesco La Licata

Leoluca e Totò, incontro in aula Leoluca e Totò, incontro in aula Ma Riina non risponde allo sguardo di Bagarella LA CUPOLA SI RICOMPONE IN TRIBUNALE CALTANISETTA DAL NOSTRO INVIATO Che pensieri cupi devono attraversare la mente di Leoluca Bagarella, Luchino l'imprendibile fino a qualche giorno fa ed oggi anche lui ospite delle tetre gabbie del bunker - muri bianchi e sbarre di ferro blu - dove si giudicano dirigenza e manovalanza del gruppo mafioso che ha voluto Falcone morto a Capaci. La prima «uscita» del corleonese ha consegnato al pubblico un uomo provato. Corto, è rimasta intatta l'aggressività dello sguardo, il corpo possente - un fascio di muscoli appena appesantiti dall'età e, forse, dalla mancanza di movimento - incute ancora timore. Eppure, Bagarella di oggi non è quello del maxiproecsso. E non è nep • pure la furia scatenata che cercava di sottrarsi ai fotografi, quando i carabinieri lo fermarono casualmente in corso Vittorio Emanuele, a Palermo, insieme con Vincenzina che allora era da poco la sua fidanzatine. Solo, senza più i baffi, seduto sulla panca di legno - unico mobile consentito ai detenuti - che lo fa sembrare più piccolo, le braccia conserte oppure intrecciate in mezzo alle gambe, Luchino cerca facce conoscenti. Fissa gli avvocati, sbircia tra ii pubblico lontano ma senza convinzione: sa che tra quelle sedie non scorgerà sagome familiari. Non per ora, almeno. Sembra persino un po' smarrito di fronte all'inevitabile curiosità che gli riservano i media. Tanta attenzione da indurre il presidente Sferlazza a ricordare i limiti che regolano la libertà d'informazione. Un'ombra grigia scurisce la sua espressione, più degli occhiali affumicati, più dello stesso colorito olivastro della pelle. Ce l'ha dentro, nella testa, il chiodo fisso che non lo fa sorridere. E' preoccupato, Bagarella. E si può capire il suo stato d'animo. Ma è inutile tentare di penetrarlo, cercare di scoprire dai suoi gesti - limitati all'es- scnziale - se lo angoscia di più la sorte della moglie Vincenzina (è morta? Si nasconde e quindi corre pericoli?), oppure il futuro che lo attende. Cioè la condizione di prossimo «pensionato per eccesso di condanne», dopo essere stato tra i massimi dirigenti di una ex multinazionale oggi più vicina al fallimento che alla ricapitalizzazione. Non poteva mancare, ieri, Luchino. Già tanti «cattivi pensieri» erano circolati. Le malelingue vanno immediatamente stoppate e così il boss ieri è venuto a fare la sua parte, scoraggiando interpretazioni azzardate circa le probabilità di un suo pentimento. No, Leoluca è arri¬ vato puntuale all'appuntamento. E si è presentato con scarpe e tuta da ginnastica: un abbigliamento «comodo», quasi a voler sottolineare la consapevolezza di dover stare in galera un bel po' di anni. Altro look, quello adottato nel 1987 al maxiproecsso, quando Luchino seppure condannato, ma solo per associazione mafiosa - si apprestava a guadagnare la libertà. Ecco perché, chiamato dalla corte, salì i gradini del pretorio in perfetto bossstyle: completo chiaro, camicia e cravatta, occhiali scuri «a goccia», sguardo «diretto» e puntato sulla giuria popolare. Storia diversa ieri: s'è addirittura confuso con le nomine degli avvocati. Ha confermato Giacomo Butera, di Caltanissetta, ma ha dato l'impressione di voler revocare Nino Mormino, di Palermo. Alla fine ha detto sì ad entrambi, ma dopo che il presidente gli ha fatto precisa richiesta di chiarimento. Non è riuscito ad azionare il microfono e si è aiutato coi gesti. Bagarella è arrivato in aula alle 10,30 e gli hanno fatto prendere posto nella gabbia solitamente riservata al cognato, don Totò Riina: la prima alla destra della corte. Il «padrino» si è sistemato due gabbie più avanti. Impossibile, tra i due, il dialogo. Non li mettono di fronte per evitare l'incontro degli sguardi e quindi la comunicazione a distanza. Le celle sono rigidamente separate da una paratia di ferro blu. Un vetro spesso copre le sbarre, ma non fino al pavimento: altrimenti sarebbe impossibile respirare. Insomma, don Totò e Luchino non hanno parlato, neppure con gli occhi. Difficile diro se tra i due vi sia ancora il fedina di una volta, secondo alcuni messo a dura prova dal pentimento di l'ino Marchese, fratello di Vincenzina. A dire il vero, ieri Riina sembrava più disteso del solito. Ha riso con grande soddisfazione quando ha visto la copertina del settimanale «Epoca» che lo ritrae a tutta pagina. Si e informato sul contenuto dell'articolo e, appreso che si trattava del «pezzo» sulle «suppliche» che lui riceve in carcere da normali cittadini in cerca di raccomandazioni e favori di ogni tipo, il boss ha fatto ampi gesti, come a voler dire: «Troppo buoni a scrivermi, ma che favori potrei mai fare io che non sono nessuno?». La scena ha fatto passare sotto silenzio l'unica novità del processo. E cioè che l'accusa chiede l'audizione di Ciriaco De Mita. L'ex presidente del Consiglio, infatti, ebbe un colloquio col giudice Falcone, poco dopo l'omicidio dell'eurodeputato Salvo Lima. Il magistrato prospettò al politico, in quella occasione, i timori che Cosa Nostra potesse «elevare la soglia dello scontro con lo Stato», organizzando una serie di «gesti eclatanti». Una conferma dell'importanza che il direttore degli «Affari penali» attribuiva alla tragica morte di Lima e della consapevolezza che aveva a proposito della pericolosità della mafia. Poco prima della fine dell'udienza, Luchino ha chiesto di lasciare l'aula. Mentre, coi ferri ai polsi, lo portavano via dal corridoio intorno che costeggia le entrate alle varie gabbie, Bagarella s'è inventato una piccola sosta dietro alla porta di Riina, sporgendo la testa quasi a cercarne il saluto. Ma don Totò stava di spalle e non s'è girato. Non si è accorto, o l'ha ignorato? Il dibattito impegnerà certamente schiere di esperti. Francesco La Licata In tuta, senza più baffi, «Luchino» ha voluto essere presente all'udienza per smentire le voci di pentimento A sinistra Leoluca Bagarella in aula. A destra Salvo Lima A destra Totò Rilna, il boss dei boss, sorride dalla gabbia dell'aula

Luoghi citati: Caltanissetta, Capaci, Lima, Palermo