Bosnia adesso uccide anche la fame

Granate serbe sui Caschi blu al Monte Igman, i francesi rispondono coi grossi calibri Granate serbe sui Caschi blu al Monte Igman, i francesi rispondono coi grossi calibri Bosnia, adesso uccide anche la fame Dieci morti, fra loro due bambini ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Oltre alle bombe, in Bosnia uccide la fame. Due bambini, di 2 e 3 anni, e un vecchio sono morti per mancanza di cibo nella sacca di Bihac assediata dai miliziani di Karadzic. Altre sette persone sono decedute per fame nell'enclave musulmana di Srebrenica, in Bosnia orientale. L'allarme fame cresce anche a Sarajevo dove le scorte di farina bastano a malapena per cinque o sei giorni, mentre il gasolio è sufficiente per le prossime 48 ore. In tutto il Paese la situazione umanitaria è drammatica perché i serbi continuano a impedire il passaggio dei convogli di aiuti dell'Alto commissariato per i profughi. Ieri mattina gli uomini di Karadzic hanno nuovamente sparato contro un convoglio dell'Onu che stava lasciando la capitale bosniaca attraverso la strada del monte Igman (tale varco veniva finora usato solo per rifornire gli stessi Caschi blu, ma ieri l'Unprofor ha fatto sapere che sarà impiegato anche a favore della popolazione civile). I Caschi blu francesi hanno risposto all'attacco sparando contro le postazioni serbe un colpo di mortaio. Sembra guerra aperta oramai tra i miliziani serbi e i soldati delle unità francesi di rapido intervento che sul monte Igman hanno schierato sei mortai per proteggere il passaggio dei convogli dell'Onu. I serbi hanno cominciato domenica mattina ad aprire il fuoco con le batterie antiaeree contro un convoglio dell'Unprofor diretto alla capitale bosniaca. I francesi hanno risposto sparando per avvertimento un proiettile fumogeno. Ma i serbi hanno continuato a colpire la colonna di autoblindo dell'Onu costringendo i Caschi blu a rispondere con due granate da mortaio che sono esplose a poche decine di metri dalla postazione serba. «A questo punto i serbi hanno cessato di sparare contro il nostro convoglio» ha dichiarato il portavoce dell'Unprofor Guy Vinet, spiegando che è stata la prima volta che i Caschi blu francesi hanno usato l'artiglie¬ ria pesante schierata intorno a Sarajevo in seguito alla crisi degli ostaggi. A detta di Vinet un altro convoglio dell'Onu è stato attaccato dai serbi domenica sera. Non ci sono state risposte da parte dei Caschi blu, ma ieri mattina quando i miliziani di Karadzic hanno riaperto il fuoco contro i mezzi dell'Orni che stavano uscendo da Sarajevo i francesi hanno sparato. Un colpo di mortaio è bastato a dissuadere i serbi dall'attacco. «La mia speranza è che i negoziatori dell'Onu riescano a trovare una soluzione per far riprendere al più presto le trattative di pace. Ma se qviesto non dovesse avvenire mi sembra ovvio che la comunità internazionale interverrà con i mezzi messi a disposizione per liberare queste zone. A Sarajevo e nelle altre zone dichiarate protette è insopportabile vedere gli abusi che stanno subendo gli esseri umani, gli orrori delle bombe e della fame» ha dichiarato il ministro della Difesa francese Charles Millon. Di fronte a una possibile linea dura della comunità internazionale nei loro confronti, i serbi lanciano nuove minacce. «Non esiteremo a prendere altri ostaggi dell'Onu per proteggere il nostro popolo dai bombardamenti della Nato» ha dichiarato in un'intervista a un giornale greco Biljana Plavsic, braccio destro del leader serbo-bosniaco Karadzic. Ma per il momento l'eventualità di un intervento della Nato sembra più remota che mai. Il portavoce dell'Unprofor a Sarajevo Gary Coward ha confermato ieri che i Caschi blu non risponderanno al bombardamento dei serbi contro la residenza del generale Smith in cui domenica sono state ferite sei persone, tra cui tre soldati francesi, due fotografi dell'Ap e un poliziotto bosniaco di guardia all'ambasciata americana, perché «non si è potuto stabilire con certezza da dove provenivano le granate sparate contro il comando dell'Onu». Di fronte a questa spiegazione poco convincente lo stesso Coward ha però aggiunto che comunque non ci sarebbero state risposte perché i Caschi blu non vogliono compromettere la possibilità di ripresa dei negoziati con un gesto ostile nei confronti dei serbi. Nella capitale bosniaca la situazione umanitaria è sempre più critica. «Non ci sono speranze che il ponte aereo umanitario con Sarajevo possa riprendere tra breve» ha detto il portavoce dell'Alto commissariato per i profughi Chris Janowski ricordando che il collegamento istituito esattamente tre anni fa è sospeso dallo scorso 9 aprile. I serbi che controllano la zona intorno allo scalo di Butmir hanno minacciato di abbattere ogni velivolo che tenterà di atterrare, ha detto Janowski. Ingrid Badurina Una donna a Sarajevo sul balcone della sua casa sventrata dalle bombe

Persone citate: Biljana Plavsic, Charles Millon, Chris Janowski, Coward, Gary Coward, Janowski, Karadzic

Luoghi citati: Sarajevo, Zagabria