Di Pietro una domenica in Questura di Fabio Poletti

Per l'uomo simbolo di Mani Pulite un colloquio-record di 18 ore dalle 7,45 fino a notte fonda Per l'uomo simbolo di Mani Pulite un colloquio-record di 18 ore dalle 7,45 fino a notte fonda Di Pietro, una domenica in Questura «Sotto torchio» da Sdiamone: «Era sereno, come al solito» BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Era cominciato, alle 7 c 45 del maltino, in un luogo che doveva rimanere segreto. Si è concluso in piena notte, all'una e 45. Salamoile e Bonfigli si sono concessi alla schiera di giornalisti che ha atteso per quasi 18 ore. «Ho sentito un indagato e anche una persona offesa» dice Salamoile. Poi si corregge: «Anzi, una persona offesa e poi anche un indagato». Ma Di Pietro com'era? «Sereno, tranquillo, come sempre». E Bonfigli conferma. Come mai l'interrogatorio ò durato così a lungo? «La vicenda era complessa e doveva ossero trattata nella sua interez za. Abbiamo rivisto tutto l'esposto presentato dal dottor Di Pietro. Si sono dovuti ripercorrere tre anni di Mani Pulite, in pratica gli ultimi tre anni di questo Paese, lo indago su alcuni fatti attribuiti a Di Pietro, voglio scoprire se questi fatti sono stati utilizzati da qualcuno». E mister X? «Non esiste, e un'invenzione di voi giornalisti». L'inchiesta è chiusa? «E' una vicenda complessa, alcuni punti sono chiusi, altri no. Di Pietro ci ha portato una documentazione notevole». Avete parlato anche dei tabulati e delle telefonate a cui ha fatto riferimento Craxi? «Certamente». Dottor Salamoile, questo è stato l'interrogatorio più lungo della sua carriera? «Penso di si». Chiusa la comunicazione. E Di Pietro dov'è? L'ex pm di Mani Pulite esce dopo gli inquirenti, a bordo di una Rover di colore scuro, mentre tutti i giornalisti assediavano Salamoile e Bonfigli. Antonio Di Pietro, in questa prima domenica di luglio, ha preso tutte le precauzioni per evitare nel giorno del suo (lunghissimo) interrogatorio il «fastidio» di giornalisti, telecamere, fotografi, tanti curiosi che per anni hanno inneggiato a lui, all'i )e di Tangentopoli, e che adesso si sentono disorientati. Non capiscono soprattutto perché uno coinè Di Pietro abbia scelto di non varcare la porta del palazzo di giustizia verdolino di Brescia. Dove sono passati (due) ex ministri, un sottosegretario, svariati avvocati, qualche ex manager di successo. E pure gli amici: quelli di sempre come Eleutcrio Rea, quelli di Mani pulite come Rocco Stragapede, il collabo ratore più stretto anche in questo brutto pasticcio dove si mescolano veleni, calunnie, dossier. E le mezze verità che a fatica cercano i magistrati Salamoile e Bonfigli. Antonio Di Pietro per il suo faccia a faccia con i suoi giudici sceglie la questura di Brescia, quartiere San Polo, periferia selvaggia di Brescia dove cemento e verde convivono a fatica. Sceglie questo posto dopo quattro rinvìi e solo all'ultimo momento dà la conferma: ieri mattina, quasi all'alba, quando il suo avvocato Massimo Dinoia comunica ai due magistrati che si può fare subito, basta che non sia in quel palazzo di giustizia verdolino. Scartata la sede della polizia stradale di Chiari, negala dai ma¬ gistrati bresciani la possibilità di fare l'interrogatorio a Milano, non rimaneva che la questura, alla periferia delle periferie. Ed è qui, nell'ufficio al terzo piano del dirigente della Digos Bruno Megale che si svolge lo «storico» evento, quello che per la prima volta ha messo Di Pietro dall'altra parte, su una scomodissinia poltrona di pelle di fronte alla scrivania dei due magistrati. Si può immaginare la stretta di mano di cortesia ma non se dal formale «lei» si sia passati al «tu» più confidenziale. Come si fa tra colleghi. O ex colleghi. Chissà se il primo passo lo ha fatto Di Pietro? Certo non Fabio Salamone, con quella riservatezza dovuta a tanti anni di lavoro in Sicilia. E sicuramente non Silvio Bonfigli, 32 anni, in magistratura dal '92, quando Antonio Di Pietro muoveva i primi passi dentro Tan gentopoli. Chissà quante cose sono finite in quelle pagine di verbale fitte fìtte come usano i due magistrati bresciani? Ma la gente incurante del caldo di giorno e delle zanzare di sera pensa ad altro. Guarda alle telecamere che puntano finestre pensando che tutto accada lì dietro. Tutti lì ad aspettare e a guardare oltre alle sbarre del cancello per vedere quella lunga fila di macchine parcheggiate nella speranza di individuare quella giusta. Il minimo spostamento di una Thoma grigia fa sobbalzare. Ma tutti giurano che Di Pietro è arrivato sull'auto del suo legale, una Volvo station wagon. «Di Pietro resisti», ò scritto con un pennarello colorato su un cartello bianco che due ragazzini reggono davanti alla tv. Come se sia una questione di resistenza (fisica) per l'ex magistrato reggere a ore e oro di faccia a faccia, contestazioni, spiegazioni. Un altro regge un cartello che dice: «Basta con le ipocrisie e la corruzione», ma sono altre storie, Di Pietro non c'entra. Fabio Poletti ir i ^^^^^^^^^^^ L' h h l l

Luoghi citati: Brescia, Milano, Sicilia