lo nel business della droga «Per 25 anni ho fatto sogni da miliardario»

Carrozzeria dell'eroina: uno dei 19 arrestati si racconta Carrozzeria dell'eroina: uno dei 19 arrestati si racconta lo, nel business della droga «Per 25 anni ho fatto sogni da miliardario» «RIGOLETTO» UNA VITA CON LA MALA Il suo nome è tra i 19 arrestati per il traffico di droga nella carrozzeria «Stadiuni» di via Sansovino 205/4. Una carrozzeria un po' particolare, dove non si riparavano auto, ma si importava droga da Turchia, Colombia e Spagna. Tonnellate che rifornivano il mercato degli stupefacenti a Torino e in Piemonte. E' la storia di Adriano Callegari, 45 anni, da Adria, provincia di Rovigo, in arte «Rigoletto». Dai carabineri che hanno eseguito l'operazione «Sant'Angelo» viene definito «pregiudicato, nullafacente, già detenuto». In realtà non è rinchiuso alle Vallette perché sieropositivo, uno di quei casi in cui la malattia conclamata impedisce la detenzione. Callegari lo sa bene, perché è tra i fondatori del progetto Prometeo, l'associazione tra detenuti, operatori e medici nata nell'89 per occuparsi dei carcerati affetti da Aids. E la vaga definizione di pregiudicato non rende giustizia al suo passato, un susseguirsi di «specializzazioni del crimine» che lo hanno portato a essere un personaggio della malavita «discreto», nell'ombra, ma pur sempre protagonista. Parla con la voce roca, quasi stanca, si racconta con orgoglio e un pizzico di vanto. «Però sia ben chiaro che io, con quella storia della carrozzeria, non c'entro», precisa. Ma subito dopo racconta volentieri 25 anni di «colpi». «Un lavoro come un altro» dice. Secondo i carabinieri lei era un abituale acquirente di droga in via Sansovino. «Si sbagliano. Per questo fatto non sono ancora stato ascoltato da nessuno. Conoscevo Salvatore (Morgillo) il meccanico, e anche Corrado (Atzori), l'aiutante... quello che andava a prendere i pezzi di ricambio. Conoscevo questi ragazzi che gestivano la "Stadium", perché portavo ogni tanto la macchina li, come tutti». Che macchina? «Uno di quei fuoristrada... una Suzuki Vitara. Poi ne ho un'al- tra, una Clio comprata l'estate scorsa da Franco... il socio... ma si, Francesco Guzzi». Ma lei non è nullafacente? «Io? No, sono giardiniere, socio in una cooperativa». Si guadagna bene? «No, non molto». E quindi cerca di arrotondare con la droga. «Ora non più. All'epoca, tra gli anni Settanta e Ottanta, per me la droga significava solo business. Ad esempio veniva uno e ti diceva "Ci sono da mettere 20 milioni, ne guadagnamo 40 dopo un mese, ti sta bene?". Si parlava cosi, con leggerezza. Spacciare non era poi una cosa cosi peccaminosa. In cuor mio non stavo facendo nulla di grave. Oggi, invece, cocaina vuol dire Colombia, Medellin, omicidi, violenza, mafia». Ma mafia, omicidi e violenza c'erano anche in quegli anni... «Ma no, le garantisco che non è assolutamente cosi. Il nostro era un mondo tutto sommato meno crudele, più pulito e più onesto». Come ha cominciato? «Sono entrato nel giro della malavita dal 1970. In modo mollo normale, nel senso che non ero una vittima, non mi mancavano i soldi. Mio padre era caposquadra alla Coat, ma aveva una segheria nel Brennero che aveva venduto, poi aveva investito nelle case. Ho cominciato con le banche». Rapine? «Ma no, prima lavoravo sugli assegni, un po' in tutta Italia. Se avevi un assegno da 7 milioni bastava aggiungere due numeri e diventavano 157 milioni». Truffe, allora? «Sì. Poi con degli amici abbiamo scoperto che lo stesso trucco si poteva applicare al bonifico, con spostamenti di soldi da una banca all'altra, a volte an¬ che fittizi. Abbiamo fatto un paio di esperimenti senza provvedere all'incasso, perché non ci fidavamo. Poi siamo partiti e per quattro anni la vita é stata una miniera d'oro. Miliardi. Sognavamo ad occhi aperti...». Quanti colpi avete fatto? «Tanti, tantissimi». Cifre con quanti zeri? «Si passava anche il miliardo». Era un professionista? «No... non si è mai professionisti. Si è fortunati, a volte, no? Io mi ritengo fortunato. Sono rimasto incensurato fino al '78, l'anno in cui ho cominciato con la cocaina. Il mio primo reato è stata la ricettazione: avevo comprato un camion carico di medicinali rubato da Vallanzasca. Tra camion e carico poteva valere 800-900 milioni». I soldi dove finivano? «Mi è sempre piaciuto spenderli. Vedevamo gli yacht di gente famosa a Montecarlo e il nostro sogno era di essere come loro, di averne uno anche noi. Ci piacevano i soldi facili, il divertimento, la cocaina e l'eroina. Si andava al casinò: Campione, Saint-Vincent, Sanremo. Ma quello di Montecarlo ha un fascino particolare». Perché? «L'arredamento, "l'ambiente...» E con la droga? «Nell'80 un amico a Sanremo mi ha proposto un business. Si trattava di investire qualche milione. Due chili e mezzo di cocaina. Siamo stati ingenui, dopo duo giorni ci hanno beccato». Quanti miliardi le sono passati tra le mani? «Quelli che contano sono i miliardi che restano, non quelli che passano. E a me ne sono rimasti pochi. Ripeto: mi piace spendere. Andavo spesso al casinò, adoravo lo "chemin de fer". Partivo con 50-80 milioni. A volte si vinceva, ma era anche molto bello perdere. E se i soldi finivano c'era chi li preslava». I soldi rimasti, suppongo, sono fuori dall'Italia? Non risponde. Cosa le è stato sequestrato? «Una villa ad Avi^liana, una casa a Bra... sono riusciti a prendermi qualcosa», dice con indifferenza. L'Aids è arrivato con l'uso dell'eroina? «Sì». E' pentito della sua scelta di vita? «No». C'è qualcosa che non rifarebbe? «L'eroina. Non mi drogherei più. Davvero». Di eroina si muore. La sua coscienza non ha rimorsi per lo spaccio della droga? «No. Ripeto, quando lo facevo non mi sentivo uno spacciatore». Ha figli? «Si, un maschio ormai grande». Lui si droga? «No, sono riuscito a tenerlo fuori. Diciamo che per adesso sono fortunato». Giacomo Bramardo «L'apprendistato con gli assegni falsi, spendevo subito tutto nei casinò» E' in libertà perché sieropositivo «Ma ora sono pulito» ^ • Mi e sempre piaciuto spendere i soldi. Vedevamo gli yacht di gente famosa a Montecarlo (3 destra il porto) e volevamo diventare come loro, poi si andava a puntare tutto al casinò di Sanremo (foto a sinistra) Adriano Callegari, Rigoletto», è accusato di far parte della banda che smerciava eroina nella carrozzeria "Stadium» (nella foto)

Persone citate: Adriano Callegari, Atzori, Callegari, Francesco Guzzi, Giacomo Bramardo, Medellin, Morgillo, Vallanzasca