Italia di oggi uguale al 1861 La «Storia» di Laterza

Arte e peccato nel museo di Colette La «Storia» di Laterza Italia di oggi uguale al 1861 j^j I HI guardi oggi al nostro 1 ' Paese non faticherà a scorI gere i suoi maggiori probleI i mi irrisolti: il permanere _V4J del dualismo Nord-Sud, un fragile rapporto Stato-società, l'esistenza di un'emergenza criminale, una classe dirigente alla ricerca di legittimazione, la difficoltà a collocarsi nell'Europa più avanzata. Ebbene, nelle linee essenziali, si tratta del permanere degli stessi nodi che contraddistinsero l'Italia nel suo primo trentennio di vita. Che non si tratti di un eccesso di generalizzazione o di un'inclinazione al luogo comune del pessimismo nazionale, lo si può verificare leggendo il secondo volume della nuova Storia d'Italia, dedicato al periodo 1861 -87, che Interza viene pubblicando a cura di G. Sabatucci e V. Vidotto. I risultati che i saggi di Cammarano sulla costruzione dello Stato e la classe dirigente, di Decleva sulla politica estera, di Pescosolido su arretratezza e sviluppo, di Montroni sulle strutture sociali e le condizioni di vita, di Tobia sulla cultura convergono nel mostrarci tutte le difficoltà che incontrarono «il nuovo Stato e la società civile». Gli sforzi compiuti dalla giovane classe dirigente, nel periodo guidato prima dalla Destra e poi dalla Sinistra, furono davvero enormi. Essa si trovò impegnata nell'opera quanto mai ardua di collocare l'Italia nel consesso europeo, di amalgamare le profonde differenze regionali, di far mettere radici alle istituzioni rappresentative in un Paese che non aveva educazione alla liberta, di legare le masse allo Stato e di fare del Paese, oltre che un'unità giuridica, una nazione. Ma la raccolta della seminagione, dopo mi trentennio, risultava assai insoddisfacente. I progressi ci furono, eppure si consolidarono fratture non più colmate. Anzitutto, come sottolinea Cammarano, lo Stato nuovo, bloccata «ogni aspettativa di potere costituente, di cui pure tutto il Risorgimento si era nutrito», non ebbe altra «legittimazione» se non quella derivante dalla continuità con lo Stato sabaudo; la repressione sanguinosa del brigantaggio meridionale lasciò un solco profondo; si consolidò il potere criminale nel Sud; la ricerca del risanamento finanziario trovò il suo saldo negativo nella durezza implacabile della legge sul macinato; si allargò l'opposizione anticostituzionale dei «rossi» e dei «neri»; «Il parlamentarismo diventò l'emblema del frazionamento geografico e dell'impotenza politica della borghesia nazionale». La nostra politica estera, nell'arco dello spostamento dall'alleanza con la Francia all'alleanza con gli imperi centrali, fu segnata negativamente da ricorrenti insuccessi militari, nel 1866 con Custoza e Lissa, nel 1887 con Dogali; che, come mostra Decleva, generarono frustrazione e aspri contrasti. La situazione di partenza della nostra economia - ricorda Pescosolido - em caratterizzata dal «ritardo» di tutte le aree manifatturiere rispetto alU zone avanzate d'Europa. La scelta protezionistica fu si uno stimolo positivo per l'industria del Nord e me'.zo di coinvolgimento attivo del Si . nel mercato nazionale; si ebbero si i miglioramenti delle infrastrutture e dell'agricoltura nel ventennio 1861-1880; sennonché un solido aggancio ai centri forti dello sviluppo europeo mancò. Nel 1887 - osserva Montroni - pur con tutti i progressi, l'Italia «restava impegnata nel difficile passaggio da una vecchia a una nuova società», e il pur consistente sviluppo economico ebbe l'effetto negativo di allargare «il divario tra aree forti e deboli del Paese». Un saggio stimolante è quello di Taddei dedicato alla cultura. Molli gli sforzi fatti per suscitare il senso di un'identità comune. Ma il bilancio si chiuse in rosso: col rafforzarsi della «discrepanza» dell'opposizione tra governanti e governati. «Fare gli Italiani» era davvero un'impresa ardua. A conti fatti, il primo trentennio di vita dello Stato si chiudeva mostrando che la nostra classe dirigente non era riuscita allora le neppure dopo), a suscitare - per riprendere le categorie di Maurizio Viroli - né un patriottismo come «amore per le istituzioni politiche», né un nazionalismo quale senso politico-organicistico di «unità e omogeneità etnica, linguistica e culturale di un popolo». Massimo L. Salvadori

Luoghi citati: Europa, Francia, Italia, Pescosolido