Dignità è anche una cravatta l'Islam e il Vaticano

Dignità è anche una cravatta; l'Islam e il Vaticano lettere AL GIORNALE Dignità è anche una cravatta; l'Islam e il Vaticano Giacca, camicia e un tocco di classe E' abbastanza curiosa la polemica sull'uso della cravatta che periodicamente si riaccende sui giornali. Ci sono certo mille problemi più importanti, ma desidererei spezzare una lancia a favore del più frivolo degli accessori maschili. Al di là di quanto è stato già osservato e al di là del fatto che la cravatta ha trovato cultori e studiosi in ogni tempo (L'Art de se mettre la cravatte ò attribuita addirittura a Honoré de Halzac), vorrei evidenziare che chi rinuncia, almeno in alcune circostanze, alla cravatta rivela trasandatezza e poco rispetto per il luogo in cui si trova. Vedere gente a una prima teatrale senza cravatta e quanto meno fastidioso. Forse in tempi recenti è stata una sfida di anticonformismo a buon mercato che ha accomunato i sessantottini più o meno nostalgici ed irriducibili. Ma è significativo comunque che un presidente della Camera dei Deputati, inequivocabilmente e coerentemente comunista, abbia imposto nel '76 la cravatta agli onorevoli, per una questione di decoro. Al di la del buon gusto (quanti non sanno accoppiare cravatta, camicia e giacca, facendo un pastrocchio di righe, quadrettini e pallini vari...), la cravatta é una questione, oltre che di stile, anche di opportunità e rispetto per gli ambienti che si frequentano. Un rispetto per sé e per gli altri. Lasciamo le magliette per il tempo libero e le vacanze, rispettando certe «regole» non scritte che quel presidente della Camera ebbe il coraggio di inserire in una circolare. Pier Franco Quaglieni, Torino I musulmani in Italia e i Testimoni di Geova L'inaugurazione della moschea di Roma ha innescato un'accesa polemica sulla presenza islamica in Italia. Personalmente sono d'accordo con quanto ha scritto il dottor Villalba nella lettera pubblicata il 23 giugno, ma non mi pare che da parte cattolica possano venire lezioni in fatto di pluralismo religioso. Negli Anni 50, qui in Italia, la condizione dei protestanti era simile a quella attuale dei cattolici in Arabia. Non appena si azzardavano a radunarsi fuori dai pochi luoghi di culto ammessi o a fare opere di proselitismo, interveniva la polizia di Sceiba a fare opera di repressione. Buon per noi che la Corte Costituzionale, con varie sentenze improntate a quanto era rimasto del laicismo liberale risorgimentale, spazzò via progressivamente il ciarpame delle norme repressive ereditate dal regime fascista. Se poi risalissimo un poco più indietro, riscontreremmo che la Chiesa, mediante il Sant'Uffizio, reprimeva la libertà religiosa tanto crudelmente quanto avviene oggi nelle società islamiche più integraliste. Si vedano i resoconti di processi e condanne in un libretto a mille lire attualmente in libreria, dal titolo II santo rogo e le sue vit lime. Quanto alla consistenza della presenza islamica in Italia, è evidente che si esagera. Intanto lo stereotipo che vuole musulmani tutti gli immigrati dai Paesi islamici è tanto sbagliato quanto quello che considerasse cattolici tutti gli italiani. Non è quindi affatto vero che l'Islam sia la seconda religione in Italia. Stando ai dati statistici, la palma spetterebbe ai Testimoni di Geova. Mi viene il sospetto che l'equivoco sia voluto, tanto per esagerare il «pericolo» musulmano, quanto per occultare la massiccia presenza di cristiani che, come i Testimoni di Geova, più non si riconoscono nella Chiesa. Emilda Celotto, Torino Uomini depressi e un povero topolino Si è concluso un incontro sul tema della depressione e dell'ansia. A parlarne è Floyd Bloom, scienziato di fama mondiale, venuto appositamente in Italia dalla California, portando una notizia molto confortante: se¬ condo lui solo il 5% della popolazione soffre di depressione. In un precedente articolo, invece, il professor Cassano, psichiatra, dichiarava che in alcune regioni come la Toscana dove lui opera, le persone in cura per la depressione sono il 50% della popolazione e in altre aree non si scende sotto l'80%. A parte la notevole discordanza tra le cifre proposte dai due studiosi, che denota l'incertezza in cui si dibattono, l'articolo del professor Bloom cita alcune affermazioni che non hanno nulla di scientifico: «Berci sopra è il miglior tranquillante naturale» oppure «usare uno psicofarmaco è come percuotere la testa di un asino infingardo per fargli prestare attenzione e farlo lavorare meglio». Questo linguaggio da osteria prosegue con l'esposizione di un esperimento fatto ne) dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Cagliari. Li studiosi hanno sperimentato lo stress su un topolino impedendogli di dormire per tre giorni e, alla fine, hanno notato come il topolino fosse diventato docile: pur di dormire si è infatti messo a trangugiare alcol. Gli autori di questo esperimento paragonano il comportamento del topo a quello dell'uomo il quale, pur di dormire, è disposto ad assumere qualsiasi psicofarmaco. Però gli studiosi ci tengono a precisare quanto sia importante non cadere nella spirale discendente stress-insonnia-tranquillante-depressione-antidepressivo... e raccomandano l'uso di uno psicofarmaco soprannominato «La pillola della felicita»... Collaboro con il Comitato dei Cittadini per i diritti dell'Uomo e conosco bene gli effetti ordinari di questa «pillola della felicità» che tale non è. E' triste non vedere l'inganno in una parola cosi altisonante. Il mio disappunto cresce nel vedere che questa malattia non è affatto compresa dagli specialisti; un paziento che manifesti al suo medico la propria tristezza o l'incalzare del pessimismo o il non provare interesse per qualcosa, viene trattato come un candido topolino e mandato dallo specialista della mente il quale lo «cura» in modo da non avere più ricordi, né piacevoli né spiacevoli. Dott. Antonio Ferro, Comitato dei Cittadini per i Diritti dell'Uomo, Torino «Polvere», un giornale e i suoi finanziatori Premetto che chi scrive ammira la persona di Don Ciotti e guarda con rispetto all'opera sua e del Gruppo Abele. Ma detto ciò, non riesco a condividere il suo entusiasmo per la rivista Polvere, scritta da e destinata a tossicodipendenti. Ciascuno ò evidentemente libero di scrivere quello che vuole, ciascuno è altrettanto libero di leggere quello che vuole. Ma perché tale giornale deve essere finanziato dall'Istituto superiore della Sanità, cioè con fondi pubblici? Si suppone forse che la diffusione di questa rivista sia un bene per la società. Ma perché? Non è solo una questione di principio, è anche una questione di portafoglio. Perché deve essere sempre Pantalone a pagare? Andrea Villa, Torino Ricerca scientifica ormoni e giornali Il titolo «Contraccettivi e rischio di cancro», nelle «lettere» di ieri, può essere fuorviante rispetto alla nuova comunicazione scientifica che invece si riferiva ai trattamenti ormonali sostitutivi in menopausa e al relativo rischio di cancro al seno. Negli Usa, comi; da noi, si può usare l'effetto placebo e tranquillizzare le donne in menopausa di fronte alle banali manifestazioni di adattamento, invece l'apparato del profitto medico-farmaceutico ha preferito favorire l'effetto nocebo sulla psiche dello donne inducendo l'accettazione di pillole e cerotti o trattamenti deprimenti o eccitanti le complesse reti interagenti ormonali, immunologiche e neurologiche. La routinarietà con cui i medici somministrano questi farmaci in menopausa è altamente irresponsabile. Nerina Negrello Consultorio Aod femminismo Associazione Educazione Demografica, Bergamo

Persone citate: Andrea Villa, Antonio Ferro, Bloom, Celotto, Don Ciotti, Floyd Bloom, Nerina Negrello, Pier Franco Quaglieni, Polvere