«lo madre dei miei fratelli» Affidati dal giudice alla ragazza

Cagliari, sostituirà i genitori annegati nell'agosto del '93 Cagliari, sostituirà i genitori annegati nell'agosto del '93 «lo, madre dei miei fratelli» Affidati dal giudice alla ragazza LA BATTAGLIA DI ROSA ICAGL1AK1 N un'epoca figlia dolla violenza e dell'egoismo, Rosa Smenghi racconta ( on pudore e dolcezza una storia che profuma d'antico, di valori e sentimenti. Aveva solo diciassette anni, nell'agosto del '93, quando a Portoscuso (centro industriale sulla costa sud-occidentale della Sardegna) il mare le «rapi», con il padre e la madre, anche tre fratellini. Gliene restarono altri tre, la più piccola neanche si reggeva in piedi, aveva appena 90 giorni. Si sentì subito madre di quegli orfanelli, giurò sulla tomba dei genitori che li avrebbe sostituiti in tutto e per tutto, che avrebbe dedicato la sua vita ai bambini che la guardavano smarrita, ancora incapaci di valutare l'immane perdita subita. Rosa ha lottato per quasi due anni, alla fine il suo cuore ha vinto: da qualche settimana - ma per un po' la notizia è stata tenuta segreta - è la mamma-sorella dei tre fratellini che le sono stati affidati dal giudice tutelare di Cagliari. «Sono felice, non lo nascondo. All'indomani di quel triste giorno - spiega attorniata dai «figli» - mi ero posta due obiettivi: sposarmi e prendere con me, in una famiglia ricostruita, Gabriele, Jessica e Donatella. Ci sono riuscita. Per questo sono felice». Non è stato facile superare ostacoli che avrebbero forse costretto alla resa una donna matura, non una ragazzina. Ma Rosa ce l'ha fatta. All'inizio fu duro: era minorenne e, con i fratellini, fu affidata agli zii che vivono in Lombardia, a Gorgonzola. Fu costretta a lasciare ad Iglesias (cittadina ad una cinquantina di chilometri dal capoluogo sardo) il fidanzatino, Davide Pinna. Un anno e mezzo d'esilio, poi, compiuti i 18 anni, il rientro nell'isola ed il matrimonio con il coeta- neo che l'aveva aiutata a superare lo choc di «quel triste giorno d'agosto» e che da subito si era schierato al suo fianco nella difficile baltaglia per ottenere l'affidamento dei piccoli. «Hanno fatto di tutto - ricorda Rosa - per dissuadermi. Anche il magistrato. Più di una volta ci ha chiesto se fossimo veramente decisi a fare il passo: se non fossimo troppo giovani per questa responsabilità. Gli esami e i controesami sembravano non finire mai. Ma io sono dura, sono sarda: ero sicura che l'avrei spuntata». «Hanno fatto bene: volevano essere sicuri - si inserisce Davide - che fossimo convin¬ ti di quel che stavamo facendo. I bambini non sono pacchi che si spostano da un posto all'altro e che si restituiscono se non vanno bene. La nostra decisione e quella dei giudici doveva essere definitiva». L'amore l'ha spuntata. In aprile Rosa e il marito hanno ottenuto dal magistrato il decreto di affidamento dei piccoli. «Sono andata a riprendermeli a Gorgonzola, accompagnata dal tutore, l'avvocato Luisella Fanni. Mio zio - dice la ragazza ■ non voleva ridarmi i bambini: i soldi fanno comodo a tutti. Sono stata costretta a chiedere l'intervento dei carabinieri. Ma ora, per fortuna, è tutto finito». O meglio, restano altre difficoltà. Ma Rosa non intende arrendersi proprio ora. Dovrà lasciare la casa di Iglesias, arredata con cura in previsione dell'arrivo dei fratellini-figli, e trasferirsi a Tratalias, un paese vicino. Lì vivono i genitori di Davide Pinna e il giudice ha disposto che la madre del giovane affianchi la neo mamma nell'educazione dei bambini. Rosa ha accettato con un sorriso la decisione: «Certo è impegnativo avere tre figli», confessa. «Soprattutto quando ce n'è un quarto da accudire», riprende rivolgendo uno sguardo affettuoso al marito. «Davide - spiega - fa il netturbino a Iglesias, dovrà viaggiare tutti i giorni. Ma non importa, ci adatteremo». Gabriele, Jessica e Donatella pendono dalle labbra di Rosa, la seguono docilmente nelle varie stanze dell'appartamento. Senza rendersene conto, ora che sono con lei, le danno la forza per proporsi altri obiettivi. «Vorrei - dice la ragazza - riprendere a studiare, mi piacerebbe diventare avvocato. E poi voglio giustizia». Il pensiero torna a quel «triste giorno» in cui morirono i genitori e gli altri tre fratellini, risucchiati dal sifone dello scarico in mare di uno stabilimento industriale di Portoscuso. «Devono essere individuati i responsabili della tragedia. La versione della fatalità conclude la giovane - non mi convince: è accaduto qualcosa che non doveva avvenire. Ho il diritto di conoscerne il perché e di chi sia la colpa». Impossibile? No, il termine non esiste per Rosa. Corrado Grandesso «All'indomani di quella tragedia mi ero posta due obiettivi sposarmi * e riuscire a ridare una famiglia a quei tre ragazzini Ora ce l'ho latta» I * I Due immagini di Rosa Smenghi: sopra con il marito e i tre fratellini, a sinistra il giorno delle nozze

Persone citate: Corrado Grandesso, Davide Pinna, Luisella Fanni, Rosa Smenghi