Cambia versione in aula l'accusatrice di Contrada di Francesco La Licata
Cambia versione in aula l'accusatrice di Contrada Cambia versione in aula l'accusatrice di Contrada IL PROCESSO DEI MISTERI PALERMO DAL NOSTRO INVIATO L'udienza dei «pettegolezzi da parruccheria», per dirla con le parole che Bruno Contrada aveva usato per sottolineare l'irritualità di portare in un'aula di tribunale «commenti di donnette», ieri mattina non ha tradito le aspettative di quanti si attendevano un'aspra battaglia processuale. Anzi, il faccia a faccia tra la figlia del boss Riccobono e la parrucchiera Angela Ruisi, le proteste della difesa sulle presunte «manovre» dell'accusa per irrobustire un «processo vuoto» «con la spazzatura raccolta per strada», il deciso intervento del presidente del Tribunale, Francesco Ingargiola, sempre più toso e preoccupato di arrivare alla camera di consiglio senza gravi «incidenti», tutto questo ha consegnato alla cronaca la giornata dove si è registrato, forse, il più alto grado dello scontro tra difesa e accusa. Una contrapposizione che nei 14 mesi del dibattimento era sempre rimasta «nei limiti» e che adesso rischia di scivolare nella polemica, se non addirittura nelle reciproche accuse di scorrettezza. Un clima reso ancor più rovente dalle conclusioni della perizia psico-fisica eseguita dopo il malore che aveva portato in ospedale Bruno Contrada. I periti sono riusciti nell'impresa di metter d'accorso persino l'avvocato Milio e il pubblico ministero Ingroia, il quale non ha avuto difficoltà a definire «assurda» la teoria secondo cui l'imputato sta meglio in carcere che a casa sua. «E1 una delle poche volte - ha detto il pm - che mi trovo d'accordo con l'on. Piero Milio». L'udienza ha visto protagoniste Pina Riccobono, figlia del boss scomparso Rosario Riccobono (nel processo è indicato come il mafioso che godeva dell'appoggio di Contrada), Angela Ruisi, la parrucchiera, e una terza teste, Antonina Davi, che avrebbe assistito ai dialoghi tra le amiche. Ma c'è un'altra donna che incombe nella vicenda: Carmen Pirrello, una «sensitiva» già venuta alla ribalta delle cronache per aver «visto» in sogno la strage Borsellino. E' stata lei a raccontare ai magistrati il tenore dei discorsi che sarebbero intercorsi tra la Riccobono e le amiche. La Pirrello, però, non era stata convocata: lo sarà in una delle prossime udienze, dato che il confronto di ieri non ha sciolto i dubbi su come realmente sono andate le cose. Secondo il racconto della Pirrello, Pina Riccobono avrebbe confidato alla vicina di casa Angela Ruisi che Contrada mente quando dice di non aver mai conosciuto il padre. «Ora nessuno lo conosce questo il commento riferito - mentre prima, quando era vivo, gli camminavano accanto e si mangiavano le mazzette». La parrucchiera, chiamata a confermare la versione della Pirrello, però ha modificato la versione, confermando la frase ma aggiungendo che «certamente non era riferita al signor Bruno Contrada». Pina Ric¬ cobono ha continuato a negare, così come aveva fatto negli interrogatori precedenti in Procura, di aver mai proferito verbo. «I commenti - ha precisato al presidente Ingargiola - li ho sempre fatti nel chiuso della mia casa». Poi ha riconosciuto una serio di personaggi della sua famiglia che le sono stati mostrati in foto, aggiungendo che quelle erano le fotografie del suo matrimonio e di quello della sorel¬ la. «Mi sono state sequestrate dalla polizia. I poliziotti vengono, abbattono la porta e si portano via ciò che vogliono». La terza donna ha negato l'esistenza dell'episodio riferito dalla Pirrello e, solo in parte, confermato dalla Ruisi. Quest'ultima, però, fuori dell'aula ha fornito ai cronisti una ulteriore versione della vicenda. «Quando mi hanno interrogato ha denunciato - sono stata costret¬ ta a rimanere, prima di andare dal giudice, in una stanzetta con la Pirrello. Ha parlato sempre lei e io ero talmente frastornata che non capivo niente Quando poi ho capito che potevo essere arrestata... Ilo avuto paura...». L'episodio non è limpido. La Procura della Repubblica - anche se non lo dice - è convinta che la Ruisi abbia cambiato versione perché sottoposta a pressioni esterne (forse la famiglia Riccobono che non gradirebbe un coinvolgimento diretto nel processo Contrada). I difensori, da parte loro, fanno notare l'irritualità di un interrogatorio, quello della Ruisi, avvenuto in Procura, preceduto da un abboccamento con la Pirrello registralo all'insaputa della teste. E non finiscono qui i motivi di contrasto. Perchéé, si chiedono gli avvocati difensori, hanno sequestrato l'album di famiglia alla Riccobono, dopo che glielo avevano una volta restituito, anche se mancante del «filmine» a colori? Piero Milio si lascia andare: «Non permetteremo che il caso Contrada diventi un secondo caso Di Pisa». Il riferimento, non dichiarato, è rivolto al mistero delle impronte, poi risultate manipolate, che fecero condannare in primo grado il magistrato accusato di essere il «corvo» di Palermo. Ma chi avrebbe interesse a manipolare ora le foto di Riccobono? Nessuno si avventura in commenti improponibili. Però fanno notare che circola già voce dell'esistenza di una foto che ritrarrebbe Contrada con un mafioso. Francesco La Licata
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