E Silvio scoprì il «comunista buono» Dalla «guerra civile» al dialogo con il pds
E Silvio scoprì il «comunista buono. E Silvio scoprì il «comunista buono. Dalla «guerra civile» al dialogo con il pds DISGELO A SORPRESA MILANO UONI mai. Ma potabili qualche volta. Così, senza fare peccato, Silvio Berlusconi andrà a trovarli i Comunisti, venerdì prossimo al loro congresso. Un casto connubio annunciato da un torrente di parole e di buone intenzioni. Specie elettorali, essendosi intrecciata (in questi giorni) un'intesa tra D'Alema e Berlusconi per lo urne in autunno. E perciò ecco il sorriso di Silvio: «Spero proprio che le guerre civili siano finite, che i pregiudizi vengano messi da parte e che il disgolo vada avanti nella ragionevolezza». Parole (anche) autoriflesse por uno che sa di averci marciato parecchio sul «pericolo comunista», a dispetto di ogni ragionevolezza. Cominciò subito, da quel fatidico 23 novembre 1993, Casalecchio di Reno, dicendosi pronto a volare Gianfranco Fini sindaco di Roma, in alternativa a Francesco Rutelli: «Sì, scelgo Fini: non accetto il ricatto dell'antifascismo come spauracchio». Stava preparando a marce forzate la sua discesa in campo, grande spettacolo di tamburi per il 27 marzo successivo, battendo su una nota sola. Agli industriali raccolti al ristorante Savini di Milano (dicembre '93) disse: «So¬ no pronto a candidarmi per salvare l'Italia dal pds. Non mi fido». Ai giornali dichiarò: «Ho deciso vedendo in tv un uomo politico con i baffi che parlava come fosse già il padrone d'Italia e mentre parlava i suoi baffi avevano un fremito sconcio». Agli italiani, il 26 gennaio 1994, disse ancora di più, nel celebre Discorso della Calza, incassettato e teletrasmesso dalle sei reti: «Ho scelto di scendere in campo o di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale... Le nostre sinistre pretendono di essere cambiate. Dicono di essere diventate liberal-democratiche. Ma non è vero! I loro uomini sono sempre gli stessi, la loro mentalità, la loro cultura, i loro più profondi convincimenti, i loro comportamenti sono rimasti gli stessi. Non credono nel mercato, non credono nell'iniziativa privata, non erodono nel prof'to, non credono nell'individuo». Funzionò. Dal muro contro muro, ogni tanto qualche breccia. Celebre la i strotta di mano con Giorgio Na! politano, il 19 maggio 1994, lui I appena nominato presidente del | Consiglio. Euforia di un momenI to o strategia: «La ringrazio per | la sua opposizione non intransiI gente», disse al liscio Napolitano tra gli applausi, mentre Giuliano Ferrara (suggeritore del gesto) gongolava dai banchi del governo. E fiori non mattoni, a un comunista quasi vero, il rifondatore Fausto Bertinotti, capace di dire cose che neppure il giocatore Berlusconi avrebbe azzardato attribuire alla brace dei «nipotini di Togliatti». L'elogio degli scioperi, le tasse sui Bot, l'Italia fuori dalla Nato. «Per Fausto Bertinotti - ripete Silvio con allegria consapevole - io provo un mare di simpatia». Neppure una goccia (però) per i nemici veri, anche se variabili. E quindi !a Rai dei professori, accusata di contenere «delle sacche di socialismo reale». Illiberali le Ginber, i Santoro, i Giulietti. Comunisti. E quindi la procura di Milano, il pool Mani indite, «che ha un disogno accusatorio senza uno straccio di prova, un teorema basato su niente, persecutorio, contro il signor Silvio Berlusconi». Toghe rosse i Colombo, i D'Ambrosio, i Davigo. Comunisti. E quindi il professor Giuseppe Santaniello, il Garante, «che frequenta lo assemblee di D'Alema e Prodi, non mostra equidistanza, ma anzi si rivela di una parte sola». Comunista pure la par condicio. Comunisti «certi grandi giornali» che fanno «sistematica disinformazione». Comunisti certi giornalisti che fanno domande tendenzioso, anzi «agitprop». «Comunisti»; parola chiave di una propaganda politica guerresca che adesso (però) non fa più fumo, non fa più arrosto. Venerdì prossimo non verrà pronunciata, se non «in senso storico», come da carteggio Berlusconi-Petruccioli. Per la campagna elettorale c'è ancora tempo. Ip. cor.] Sopra: la stretta di mano alla Camera tra Berlusconi e Napolitano A destra: Fausto Bertinotti
Luoghi citati: Casalecchio Di Reno, Italia, Milano, Roma
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