Da Giolitti a Sbardella, 90 anni di spie Il Grande Orecchio d'Italia
Da Giolitti a Sbardella, 90 anni di spie «CIMICI» E POLITICA Il Grande Orecchio d'Italia Da Giolitti a Sbardella, 90 anni di spie ROMA. Paradossi spionistici all'italiana: proprio quando 1992 e dintorni - gli inquisiti di Mani Pulito gridavano al complotto denunciando ai quattro venti di essere vittime di intercettazioni, anche Antonio Di Pietro era sotto stretto controllo telefonico. Si scopro adesso, e sorpresa nella sorpresa grazie a quello stesso Craxi che nel 1993 accennava con aria preoccupata: «Eppoi, di questi tempi, c'è un sovraccarico eli intercettazioni.. ». Lo sapeva così bene, infatti, se è vero che su quel «sovraccarico» l'ex leader del psi era ampiamente e dettagliatamente informalo, pure a domicilio e con tanto di documenti, dal capo della Polizia Parisi. E così, qualche mese dopo lo scandalo degli ascolti clandestini in Francia e in mirabile coincidenza con quelli che stanno mettendo nei guai il governo di Polipo Gonzalos, l'Italia si allinea all'Europa dei giochetti sporchi. Ma con la differenza - al solito grottesca nella sua anomalia - che se lì sembra ben chiaro il confine tra spioni e spiati, qui da noi, per maggior sicurezza, vige l'operosa pratica dell'dntercettatutti»: guardie c ladri, perciò, magistrati e politici. Eosso la prima volta, poi... La fragile novità sta semmai in questa specie di equilibrio di sorveglianza multipla, nella bizzarria retrospettiva dell'onorevole Tabacci, de, clic si ritrova una «cimice» nel portacenere della sua automobile e del pressoché contemporaneo lavoretto proprio ai danni di quel giudice di Mani Pulite che stava per inquisirlo. Nel Palazzo, del resto, la psicosi del «Grande Orecchio» è così diffusa, costante o giustificata da rientrare, ormai, nella più assoluta normalità. «Pronto, chi ascolta?» titolano da sempre i giornali, e giù accuse, allarmi. I più diligenti, a quel punto, avvertono l'esigenza di sentire «l'esperto», regolarmente identificato in Tom Ponzi - ma adesso c'è anche la figlia - che comunque conferma, di solito restando sul vago, come «i partiti si sono sempre spiati tra loro». Oppure, da un po', vanno giustamente a sentire un ingegnere di Torino, Giuseppe Muratori, una sorta di scienziato, che in genere dice cose terrificanti sulle potenzialità tecnologiche di uno spionaggio contro cui, al dunque, si può fare pochissimo. Per il potere, in realtà, anzi per i tanti poteri in continua guerra tra loro l'intercettazione telefonica e ambientale si configura, nei fatti, come la più ir¬ resistibile delle moderne tentazioni. Basti pensare che i primi casi, in Italia, risalirebbero al 1903, governo Giolitti, dopo la casuale scoperta di un ministro coinvolto in una vicenda di primitivo insider trading a sfondo familiare. Astutamente, però, e in questo allacciando in un nodo indissolubile controllo telofonico e ricatti, Giolitti si guardò bene dal far scoppiare lo scandalo do! ministro che suggeriva alla moglie conio spc- ciliare in Borsa. Col risultato che circa quarant'anni dopo gli agenti stenografi dell'Ovra di Guido Leto erano lì in azione ad appuntarsi quel che Mussolini e la Petacci si dicevano. In tempi relativamente più prossimi l'«intercetteide», cro¬ ce e delizia delle varie polizie segrete, dal Sifar di De Lorenzo al Sid di Miceli passando per l'Ufficio Affari Riservati del Viminale, divampò in realtà nella prima ruota degli anni Settanta con la vicenda Anas, ai danni clell'nllora ministro Mancini (ma con la probabile scusa di corcare collegamenti con reversione). Da allora comincio un'ininterrotta catena di denunce, anche al massimo livello politico e istituzionale. Nel 1973 protestò il presidente della Camera Pettini, Nel 1975-76, come si comprende dal dossier Mi.Fo.Biali, con il pretesto di finanziamenti libici furono mossi sotto controllo gli apparecchi di un fantomatico Nuovo Partito Popolare scoprendo così - ma al solito si seppe dopo - che il capo della Guardia di Finanza era d'accordo con i contrabbandieri ed esportava valuta. Nel 1979, in prossimità dello scandalo Eni-Pet.romin, furono trovate delle microspie nel telefono di Cicchino, responsabile economico del psi od esponente della sinistra. Nel 1981 il segretario della de Piccoli lanciò di nuovo l'ai- lamie. Nel 1986 il presidenti! del Consiglio Craxi disse: «Quando parlo por telefono siamo sempre in tre»; o nello stosso anno, a parte il varo di una commissione, e le accuse di Patuelli, pli, o Piro, psi, il socialdemocratico Belluscio presentò un'interrogazione per saperi; se por caso fossero sfati sottoposti a sorveglianza ben 13 deputati, lui compreso. Nel 1989, ancora, si mossero Formigoni e Sbardella e nel 1992 Mastella. L'anno dopo Bossi disse di aver rinvenuto 8-9 «cimici» a casa sua e se la prese, a suo modo, con la gestione de del Viminale: «Chissà la rabbia di Mancino a sentire me e mia moglie all'opera...». Nella Seconda, di Repubblica, si sono sentiti spiati il ministro Fiori e, a maggio, Previti. E c'è da credergli, anche se il punto e; spiati da chi? Filippo Ceccarelli Gli ultimi a lamentarsene sono stati Bossi e Previti ocace di on la stici do ti di comattro ntero Di trolDall'altro lato, trappeso dei memdell'ex segretariuna serie di sme «magistrato simbolo» di Mani pulite A sinistra: Umberto Bossi Qui accanto: Publio Fiori
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