Vi sorvolo veloce schivando gli spari

Vi sorvolo veloce schivando gli spari Vi sorvolo veloce schivando gli spari Olimpiadi ecologiche DA un pezzo il bellissimo falco pescatore (Pandion haliaetus) ha cancellato l'Italia dalle sue località di nidificazione. Ha imparato a sue spese che è troppo rischioso riprodursi e allevare i piccoli in un Paese dove abbondano i cacciatori. Ragion per cui i falchi pescatori sono solo di transito sulla nostra penisola nella loro lunga migrazione, un volo di circa quattromila chilometri, che li porta dalle regioni africane a Sud del Sahara all'Europa centrale. La località più vicina dove ancora nidificano poche coppie è la Corsica. Il passaggio sull'Italia è tutt'altro che indolore. Vi lasciano le penne un migliaio di individui l'anno, secondo le stime fatte alcuni anni fa dalla britannica Royal Society for the Protection of Birds, l'equivalente della nostra Lipu, la Lega italiana per la protezione degli uccelli. Non c'è da stupirsi se il rapace preferisca metter su casa in luoghi meno pericolosi. La notorietà del Pandion haliaetus si deve specialmente alla sua spettacolare bravura di pescatore. L'uccello è equipaggiato di tutto punto per la pesca. Ha artigli lunghissimi fortemente arcuati ed è capace di ruotare le dita esterne per meglio acchiappare la preda. Volteggia a lungo sui fiumi o sui laghi e dall'alto scandaglia con lo sguardo le acque. Ha una vista acutissima, sei volte più potente della nostra. Non appena adocchia un pesce, artigli protesi, ali semipiegate, si lascia cadere in picchiata. Penetra nell'acqua a tutta velocità con uno splash rumoroso, in un gran ribollire di spruzzi. L'uccello scompare, ma di lì a poco riemerge con la preda tra gli artigli. E a vigorosi colpi d'ala riprende quota. Non sempre però gli va bene. A volte la preda è troppo grossa: in questo caso la porta in superficie, poi se la trascina dietro fino a riva. Ma il finale è sempre lo stesso. Il falco divora avidamente il frutto della pesca. Solo quando ha i piccoli che l'attendono, porta la preda in volo fino al nido. Un nido gigante largo un metro e mezzo e profondo un metro circa, ma non certo di manifattura raffinata a dienale è divora la pepiccoli la un ndo erta E' un ammasso disordinato di rami e sterpi, ugualmente idoneo a fare da nursery per le uova e per i piccoli. In Europa il maschio arriva dalla sua zona di svernamento africana verso la fine di febbraio o i primi di marzo. Precede di una quindicina di giorni la comparsa della femmina. E questo periodo è per lui una lunga, impaziente attesa della compagna. Quando finalmente lei giunge ad ali spiegate, il maschio diventa nervoso e aggressivo, pronto a menar le mani e a scacciare qualunque intruso si affacci sul suo territorio. Si forma la coppia e il primo pensiero dei partner è quello di sistemare il nido, riattando la vecchia struttura con l'aggiunta di nuovi materiali, soprattutto rami secchi. Appena tutto è pronto, incomincia la girandola degli accoppiamenti. Sono sempre esercizi di alta acrobazia. Le due aperture genitali debbono combaciare perfettamente perché nemmeno una goccia di sperma vada perduta. C'è qualcosa di volutamente tenero nel comportamento del maschio che, salito sul dorso della femmina, bada a tener gli artigli ben ripiegati per non ferire la partner. In un solo gior- RIFLESSIONI DI Le coppie non nidificano più in Italia Troppi cacciatori I UNA ETOLOGA no destinate a salire vertiginosamente non solo perché nei Paesi sviluppati le abitazioni e gli edifici in genere sono sempre più grandi (negli Usa la superficie media degli appartamenti è passata da 102 a 187 metri quadrati dal '49 a oggi) ma perché nei Paesi in via di sviluppo vengono via via abbandonate le antiche e poco distruttive tecniche costruttive per passare all'edilizia industriale. Secondo gli autori dello studio, David Maini Roodman e Nicholas Lenssen, i circa due miliardi di persone che oggi vivono in edifici ad alto assorbimento di risorse inventeranno 8 miliardi entro cinquant'anni. Infine va ricordato che nei Paesi avanzati la vita media degli edifici è sempre più breve: nell'area di Tokyo a partire dagli Anni 80 si è ridotta ad appena 17 anni, poi c'è l'abbattimento per far posto a edifìci più alti. Il problema è ingigantito dal fatto che, una volta costruiti, gli edifìci attuali continuano a incidere pesantemente per il loro funzionamento: alti consumi di energia, dispersione di calore, inquinamento dell'aria e così via. Una trentina di anni fa, sottolinea lo studio del Worldwatch Institute, l'opinione pubblica si rese conto che le fabbriche e le auto inquinavano l'ambiente e la reazione che ne è seguita ha provocato un enorme miglioramento in questi due settori. Invece non è mai stata fatta una riflessione analoga a proposito dell'edilizia, se si esclude la passeggera attenzione dedicata agli sprechi di energia negli anni (presto dimenticati) della crisi petrolifera. «Oggi in tutto il mondo - dicono Roodman e Lenssen - l'industria delle costruzioni comincia a riconoscere le manchevolezze dei propri prodotti, e a scoprire che esistono soluzioni alternative a portata di mano e con costi inferiori ai benefici». Tre sono le strade principali indicate dallo studio per affrontare questa inversione di tendenza: sfruttare le forze naturali, come il sole e il vento per riscaldare o raffreddare, puntare su elettrodomestici e sistemi di condizionamento più efficienti, usare migliori materiali da costruzione. Insomma, un bilanciato compromesso fra tecnologie di avanguardia (energia fotovoltaica, vetri «intelligenti», riciclaggio dei materiali e dell'acqua) e un accorto recupero di tecniche e materiali tradizionali, dal corretto orientamento degli edifici per catturare il sole all'uso delle correnti d'aria per raffreddare gli interni, UN quartiere per 6000 abitanti interamente concepito e costruito secondo i principi della compatibilità ambientale, in cui materiali, uso dell'enci-gia, sistema di trasporti dovranno obbedire a un imperativo categorico: non danneggiare l'ecosistema. Questo sarà il villaggio olimpico di Sydney per i Giochi del 2000.11 progetto è stato fatto dagli architetti Roderick Simpson e Andrea Wilson per conto di Greenpeace; per la prima volta la combattiva organizzazione ambientalista mondiale scende sul terreno dei problemi concreti. 1 materiali saranno scelti tra i meno inquinanti c meno distruttivi dell'ambiente (bandito il legname delle foiesle tropica li, vietato il Pvc e in generale i prodotti a base di cloro); il riscaldamento burà ottenuto utilizzando al massimo il sole (l'orientamento delle costruzioni è stato deciso in questa ottica) e coibentando gli edifici; il consumo di acqua sarà ridotto del 50 per cento utilizzando per le toilette acqua proveniente da altri usi, adottando rubinetti e docce «a getto gonfiato», sfruttando l'acqua piovana e in generale trattando tutte le acque utilizzate con un procedimento fito-biologico. Una centrale solare, integrata al 25 per cento da gas metano (che sarà in parte biogas proveniente dal trattamento dei rifiuti), fornirà l'elettricità al villaggio riducendo del 95 per cento la produzione di anidride carbonica. Saranno adottate esclusivamente lampadine a basso consumo e tutti i frigoriferi impiegheranno prodotti sostitutivi dei Cfc per non danneggiare lo strato di ozono. 1 trasporti saranno basali su treno, metrò leggero di superfìcie, minibus e taxi collettivi, e SU biciclette disponibili ad ogni fermata dei mezzi pubblici. Il villaggio delle olimpiadi australiane sarà, in sostanza, una sorta di prova generale, o di dimostrazione di fattibilità, per un'architettura meno distruttiva e sprecona di quella attuale. Secondo un recente studio del Worldwatch Institute, l'autorevole centro americano di studi ecologici, l'industria delle costruzioni consuma il 55 per cento del legname mondiale non destinato a combustibile, il 40 per cento dei materiali e dell'energia, oltre un decimo dell'economia globale ruota intorno alla costruzione di case, edifici collettivi, fabbricati industriali e commerciali; ogni anno 3 miliardi di tonnellate di materie prime, ferro, rame, alluminio, derivati dal petrolio, finiscono nei muri delle nuove costruzioni, nelle tubazioni, nei rivestimenti. E queste cifre so¬ §g5~iìi ~3§ * Il falco pescatore è noto per la bravura con cui adocchia le sue prede sott'acqua e le acchiappa con i 5§g5~iìi suoi artigli lunghissimi e arcuati ~3§ * posito l'esempio delle piccola isola Cardine:, che si trova al l'estremità orientale di Long Island, a Est di New York. Negli Anni 30 e 40 c'era in quest'isola la maggior concentrazione di falchi pescatori del mondo. Nel 1948 l'ornitologo Dcnnis Puleston vi contò più di treeen to nidi, in ciascuno dei quali nascevano regolarmente due o tre piccoli. L'isola rappresentava un luogo ideale di nidificazione perché non solo vi abbondavano laghetti ricchi di pesci, ma non vi era nessuno dei nemici naturali dei falchi, né procioni, né volpi, né donnole, né opossum, né ratti. E nemmeno interferenza umana, perché era vietato sbarcare nell'isola senza uno speciale permesso, proprio per non disturbare la quiete degli uccelli nidificanti. Le cose incominciarono a cambiare dagli Anni 50 in poi. Il numero dei nidi attivi dimi nuiva in maniera allarmante. L'esame delle uova rivelò la presenza di 13,8 parti per milione di Ddt, insieme con 0,28 parti per milione di dieldrina, altro famigerato pesticida. Per la presenza di questi due veleni, sia pure in dose minima, la femmina dell'uccello non riusciva ad assorbire la quantità di calcio necessaria allo sviluppo regolare del guscio. E le uova troppo fragili si frantumavano sotto il peso della madre accovacciata nella cova. Era il risultato della disinfestazione praticata in grande stile in quella zona per combattere bruchi nocivi all'agricoltura. Nel '66 Ddt e dieldrina furono messi al bando c lentamente il falco pescatore riprese vitalità. Oggi è specie protetta. Ma l'uomo continua a bonificare le ione palustri senza rendersi conto che sono proprio queste l'ambiente più favorevole per la sopravvivenza dello splendido rapace. Le solite incongruenze urna ne. Isabella Lattes Coifmarni Ma, con il passar del tempo, le cose cambiano, si susseguono gli accoppiamenti e si rafforza il legame di coppia. Poi giunge il momento in cui la femmina depone le uova. Tre o quattro, maculate di marrone rossiccio. Ci vogliono 30-40 giorni di incubazione e altri 60 per l'allevamento dei piccoli. Ma in questo periodo critico il maschio non si tira indietro, Sente profondamente il suo compito di padre e provvede lui a sfamare tutta la famiglia. Il falco pescatore è anche uno straordinario indicatore dell'inquinamento. In presenza di certi veleni non riesce a riprodursi. Significativo in prò- no si possono susseguire anche quattordici tentativi di accoppiamento perché tre soltanto abbiano successo. Ma la giornata non è dedicata interamente all'amore. Anche lo stomaco ha i suoi diritti. Sicché, almeno un paio di volte, il maschio lascia la compagna per fare un giro d'ispezione sul corso d'acqua più vicino, a caccia di pesce. Il bello è che quando riesce a catturarne uno, non si sogna affatto di dividerlo con la sposa. Egoisticamente se lo mangia tutto lui. Lei, se ha fame, deve procurarsi il cibo da sola. Si direbbe che non c'è cavalleria nel mondo dei falchi pescatori. Oggi e specie protetta, dopo i disastri causati dai pesticidi che impedivano alle femmine di assorbire calcio sufficiente per i gusci delle uova Vittorio Ra vizza A sinistra, uno scimpanzé che usa un bastoncino come utensile; a destra, un orango in cattività fotografato in uno zoo della Florida (dal volume «Storie di scimmie» di Elisabetta Visalberghi)

Persone citate: Andrea Wilson, David Maini Roodman, Elisabetta Visalberghi, Isabella Lattes, Nicholas Lenssen, Roderick Simpson