Corsa a cattedre

Corsa a cattedre Corsa a cattedre Uscire dalla provincia IL disegno di legge sui concorsi per professori universitari approvato dal Consiglio dei ministri e ora in discussione al Parlamento è un tentativo di migliorare un aspetto del mondo accademico dal quale dipenderà in maniera sostanziale il futuro della nostra competitività. Il disegno di legge, motivato «dall'esigenza da più parti avvertita di un sistema di reclutamento più trasparente ed efficiente», dovrebbe fornire migliori garanzie per la selezione dei più meritevoli. Ma temo che invece, se approvato nell'attuale contesto universitario, e senza altri provvedimenti, otterrà gli effetti opposti. L'aspetto più innovativo della riforma sta nell'istituzione di un concorso articolato in due fasi: 1) una commissione giudicatrice nazionale formulerà, unicamente sulla base del merito, un elenco di idonei in numero fino al 50 per cento superiore a quello dei posti messi a concorso; 2) le Facoltà, coadiuvate da una commissione locale, sceglieranno uno degli idonei «in relaziono alle esigenze didattiche e scientifiche della Facoltà e dei Dipartimenti interessati». Si dovrebbe così da una parte aumentare la probabilità che nella lista nazionale entrino i migliori e dall'altra lasciare una più ampia scelta nella seconda fase del concorso per soddisfare meglio le esigenze locali. Per quanto riguarda la commissione nazionale, non si ripara ai vecchi difetti. Il male dei concorsi universitari sta nel fatto che vi è la tendenza da parte dei professori a sistemare i propri allievi. Questa tendenza non è di per sé negativa, in quanto in molti casi essa è frutto di una selezione a monte e premia gli allievi migliori. Ciò avviene soprattutto dove si fa della buona ricerca. Ma purtroppo talvolta la protezione dell'allievo avviene indipendentemente dal merito. E quindi sarà inevitabile, come in passato, che per raccogliere voti al fine di far parte della commissione giudicatrice, si creino alleanze che non sempre garantiscono una coalizione tra le persone con gli allievi più qualificati. In queste condizioni, per i commissari che volessero operare correttamente, la cosa più difficile sta nel riuscire a inserire nella graduatoria coloro che sono bravi, ma non hanno una cattedra bandita in sede o che si trovano all'estero. 11 disegno di legge, proponendo la possibilità di una lista allargata, vuole in teoria favorire l'ingresso di questi ultimi, ma di fatto favo- ON IL TELESCOPIO SPAZIALE risce anche i meno meritevoli. Se con la lista non allargata una commissione animata da buoni propositi riusciva a promuovere anche soltanto un piccolo gruppo di aspiranti eccellenti, questi avevano la cattedra garantita, mentre con la nuova proposta di legge la commissione locale favorirebbe il proprio candidato. Inoltre, una sede con un candidato locale debole che non volesse rischiare di vedersi costretta ad accettare un estraneo, magari altamente qualificato, non chiederà di mettere una cattedra a concorso, ma tenterà di far inserire nella lista degli idonei il proprio candidato mediocre. Se vi riuscirà, questa sede chiederà la cattedra dopo il concorso e vi chiamerà il suo candidato. Un altro grave male che affligge i nostri concorsi sta nel fatto che questi, di principio, vengono concepiti come un premio di promozione per chi è bravo senza che nessuno si preoccupi se costui potrà continuare a svolgere le proprie ricerche in un'eventuale nuova sede. In realtà, il concorso dovrebbe essere considerato come un impegno reciproco fra il vincitore verso la sede che lo chiama e l'università che, oltre alla cattedra, deve offrirgli condizioni di lavoro adeguate. Di fatto, un eccellente vincitore, chiamato in una sedo nuova, spesso si trova costretto, se vuole continuare a lavorare, a fare il pendolare tra la vecchia e la nuova sode, dove rimarrà il minimo richiesto per l'attività didattica. Sarebbe una svolta positiva se la chiamata del vincitore fosse vincolata all'accettazione di un contratto che lo obblighi, non soltanto formalmente, a ri¬ I a riforma dei roncorsi universitari, pur r ispirata da buone intenzioni, va corretta siedere nella nuova sede, una volta accettate le condizioni offerte. Senza una più vasta riforma, ogni tentativo di cambiare le regole dei concorsi non porterà a risultati e la formulazione di una lista allargata andrà a scapito dei migliori. 11 punto cruciale da risolvere è quello di mettere in opera meccanismi per creare un libero mercato di giovani ricercatori non vincolati a rimanere nella sede dove hanno iniziato la loro carriera formativa. Ci sono due modi per farlo. 1) Riformare urgentemente i metodi di assegnazione dei pochi fondi per la ricerca (da incrementare appena possibile) e distribuirli a professori ad alta qualificazione i quali verseranno all'università una quota di quanto ricevuto. In questo modo, ogni università avrà interesse ad accaparrarsi i professori migliori, perché attraverso di essi otterrà aiuti economici per il suo sviluppo. 2) Istituire stipendi a termine per ricercatori postdottorato da pagare anche con questi fondi per la ricerca. I professoii potranno cosi reclutare a termine, senza legami duraturi e spesso irreversibili con gli allievi. Saranno poi i migliori di questi ad essere reclutati come profossori dalle università. Il problema dei concorsi verrà così automaticamente risolto. Basta copiare dai paesi all'avanguardia in questo settore che, guarda caso, sono quelli ad economia più sviluppata. In attesa di questi cambiamenti è meglio non allargare la lista dei vincitori oltre il numero delle cattedre disponibili. Piergiorgio Strata Università di Tonno

Persone citate: Piergiorgio Strata