l'inferno della PAGELLA
PAGELLA Arriva il nuovo «Documento di valutazione» scolastica, sei pagine di sadismo per docenti e genitori Einferno PAGELLA DNA volta la scuola elementare non era sadica, o lo era solo moderatamente: sostenere il contrario sarebbe far torto al Divin Marchese. Allora si stava assieme alla maestra da ottobre a giugno, e alla fine di ogni trimestre arrivava, fatidica, la pagella. Forse poteva sembrare sadica l'ineluttabilità dell'evento; forse pareva malizioso che al posto di «sei» (per evitare che una mano scolara lo correggesse in «sette») ci fosse scritto «sex». I più eruditi avranno pensato all'etimologia di «pagella», che vuol dire «piccola pagina», dove «pagina» deriva tortuosamente da «pangere», conficcare. I più snob si saranno rifatti al libro in cui Roland Barthes accomunava Sade all'utopista Fourier e a Ignazio di Loyola: tutti e tre i personaggi sono ossessionati dall'ansia della «classificazione» (ignari di tutto ma non del fatto che Sant'Ignazio si festeggia in prima estate, gli scolari salmodiavano: «Sant'Ignazio di Loyola / fai finire questa scuola»). Ma la pagella, quella piccola pagina, non era sadica. Era semplicemente brutale, una cattiveria necessitata dalla burocrazia e non dalla voluttà: tutti erano convinti che, in fondo, il trauma da pagella facesse bene agli scolari, come una medicina amara, la sofferenza di un attimo. Oggi si capisce quale sia la vera, sistematica molestia, il tormento che un'Istituzione Pubblica o magari Religiosa può arrecare a chi è appena uscito dall'infanzia, e non avrà mai più diritto all'innocenza. In queste settimane vengono infatti distribuite le nuove pagelle, in ottemperanza a tutti i nuovi dispositivi, e in ottemperanza anche alle più perverse manie di classificazione e rubricazione che Barthes attribuiva all'autore dei Guai delle virtù e dei Crimini dell'amore. Sarebbe troppo facile, se si chiamasse «pagella»: «pagella» è regredito a nome femminile di un pesce. Gli Istituti oggi distribuiscono, invece, un «Documento di Valutazione» per ogni loro accolito. La prima vittima del «Documento» è chi lo deve compilare, il docente: rigorosamente a mano e in due copie. Seconda vittima, il genitore («o chi ne fa le veci») che deve firmarlo nei locali del medesimo Istituto, di fronte a testimoni: non ci si fida più degli allievi, capaci di contraffare le firme, le giustificazioni, le pagelle, i documenti di valutazione e forse anche gli Istituti medesimi. Una volta aperto, il Documento risulta constare di sei pagine (e dunque, oltre che di nome, non è «pagella» neppure di fatto). E' un modello 740, una Denuncia delle Rendite Scolastiche in piena regola, con i quadri, le caselle, e tutto il resto. Si apre con un titolo che la dice lunga: «Conoscenza dell'Alunno». A nostro avviso è fin troppo esplicito, ma poi è ben postillato e nessun dubbio può restare: «Gli insegnanti delineano collegialmente le caratteristiche del comportamento apprenditivo, partecipativo e relazionale dell'alunno... conoscere gli aspetti dello sviluppo motorio, cognitivo e affettivo-emotivo». Per fare ciò, dispongono di «appositi strumenti». Analogamente alle pubblicità delle lozioni per calvi e delle alghe dimagranti, la «Conoscenza dell'Alunno» ha una fase Prima della Cura e una fase Dopo la Cura: rispettivamente, il «Profilo Iniziale» e gli «Aggiornamenti del Profilo». Qui, nel singolo caso in esame, si menzionano gli schemi motori (di base), l'autonomia e le iniziative personali, la convivenza sociale, e c'è un punto che dice: «Ha un buon rapporto con le Insegnanti» (che dunque si danno del Loro, ma del Loro con la maiuscola). Negli aggiornamenti ritornerà la storia dei «buoni rapporti con compagni e Insegnanti»: del resto, li manteneva anche Justine, e come sentenzia Sade o qualche suo seguace, «quando c'è sentimento, non c'è mai pentimento». Si volta pagina, ed eccoci al dunque. In lieve anticipo sulla politica, la scuola italiana ha sostituito il voto, vecchio rottame, con un exit poli: la «Rilevazione degli Apprendimenti», elaborata da Insegnanti e Istituto di ap- partenenza su quei campioni dei nostri figli. Come è organizzata? Così: «L'apprezzamento della progressione negli apprendimenti relativi agli aspetti essenziali delle discipline si esprime utilizzando enunciati che fanno riferimento ai livelli di padronanza bla bla nonché all'impegno dimostrato in rapporto bla bla». Tutto per dire che chi ieri prendeva 8 oggi prende A («Ha conseguito la piena competenza»); chi prendeva 4 oggi prende E («Deve ancora conseguire un livello adeguato di competenza e deve manifestare un più costante impegno»: un modo tortuoso per suggerire al padre o «a chi ne fa le veci» il ricorso all'obsoleta cinghiata). Che si tratti davvero di un tra¬ vestimento dei vecchi voti lo dice il fatto che ci sono Insegnanti che segnano una crocetta anche sul bordo fra una casella e l'altra: non si sa quanto sia diffusa questa pratica, ma sta di fatto che siamo in presenza del «B e mezzo», del «dal D al C», dell'«A meno». E' l'astrusa posologia consentita dai vecchi voti, ma ha meno senso: perlomeno fra 5 e 6 le vie di mezzo esistono (sono infinite), mentre se uno è A non è B; l'alfabeto, a differenza della matematica, non è un'opinione. I romanzi sadiani si assomigliano tutti: gli Insegnanti «procedono collegialmente», e «pervengono alla formulazione», «individuano indicatori», «progettano e/o attivano», sempre e comunque. San Lorenzo ha avuto la meglio su don Lorenzo (Milani), e cosi per ogni materia c'è una griglia, e sulla griglia frigge un voto per ognuno dei due bimestri in cui si divide ognuno dei due quadrimestri; e per ogni bimestre c'è un voto (meglio, una rilevazione) per ognuna delle cinque o sei voci che rientrano nella materia. Per la lingua italiana, i seienni sono rilevati in merito all'tcascoltare e comprendere» ma anche al «rielaborare testi» e «riconoscere nel linguaggio orale e scritto strutture morfosintattiche e lessicali». Poi, con la stessa voracità analitica, si passa alla matematica («Confrontare, misura, operare con grandezze e unità di misura»), alle scienze, al blocco di storia-geografia-studi sociali (si richiede - e non commenteremo - di «acquisire il concetto di io in relazione agli altri» e di «conoscere e comprendere regole e norme della convivenza democratica»), all'educazione all'immagine, al suono e alla musica, all'educazione motoria. Uno zio noterà con soddisfazione che il nipote sa «percepire e conoscere il corpo in rapporto allo spazio e al tempo», e «impiegare le capacità motorie in situazioni espressive e comunicative» (però è arrivato alla valutazione A solo nel terzo bimestre: il piccino si deve essere applicato solo dopo Natale). Il fatto della democrazia deve essere importante, perché ricorre anche nel terzo capitolo di questa Filosofia nel Boudoir, o Pedagogia in Bidelleria: il capitolo della «Valutazione dei Processi Formativi», che si dipana fra considerazioni particolari, approcci al sapere, tempi interiorizzati, dispersività, disponibilità relazionali e livelli orali. Un foglio a parte è poi dedicato, per gli optanti, i non astinenti, all'insegnamento della Religione Cattolica. Qui il ghiotto interesse che ci desta questo apocrifo sadiano, e che solo a fatica si può dissimulare, lascia posto al vero sconforto. Nel pri¬ mo bimestre della prima elementare il nipote lin dimostrato di aver «conseguito uno conoscenza solo parziale» (cioè D, cioè 5) dei «contenuti essenziali della religione cattolica». Se un bambino di sei anni segue un corso di religione, l'Istituto non pensa che magari sarà il caso di insegnargliela, quella religione? No, ì «contenuti essenziali della religione cattolica» il seienne deve conoscerli già, sennò prende D. Magari questa è materia concordataria, e non ci si può mettere becco, uno a religione può sempre non andarci. Ma gli altri quadri di questa pagella degenerata, con i suoi «interventi individualizzati», gli «sviluppi», i «consolidamenti», i «recuperi», confermano i nostri peggiori sospetti. Lo temevamo, ci siamo: come un'indistricabile configurazione perversa, la scuola è ormai lì solo per se stessa, per il suo piacere, perché non può farne a meno. La scuola non insegna, forma: anzi, valuta la formazione, e la maturazione dell'identità, il senso di responsabilità, la padronanza di linguaggi, il pensiero critico dei seienni. Alla repressione si è sostituita l'espressione, e si sa che ove è Neolingua lì è Orwell: dopo il '68 e il '77 il 1984 non è passato invano. Se uno scolaro chiede alle Insegnanti che ora è, questa non è una domanda, ma indizio di un «impegno a capire e operare costruttivamente», e invece che all'orologio si darà un'occhiata al paragrafo sul «comportamento apprenditivo, partecipativo e relazionale». Al contrario, un vaffanculo all'amico in grembiale non testimonierà a favore della «partecipazione alla convivenza democratica». Si cammina? E' attività motoria. Si parla? E' comportamento razionale. Si piange? E' atteggiamento di fronte ai problemi. Esattamente come in Sade, non c'è gesto che non si inquadri nella coniice formalizzata della cosiddetta Esperienza Scolastica. Cosa resterà di tutto questo accanimento pedagogico? Che dirà la mamma di un Franti putacaso extracomunitario, quando leggerà? Le «abilità operative» si riferiranno al meccano o all'uso della fionda contro la finestra del direttore? E visto che si stava meglio quando si stava meglio, nessuno ha qualche rimpianto? Non aveva forse più appeal il «sex» tradizionale? Stefano Bartezzaghi «Conoscenza dell'alunno», «Profili», «Rilevazione degli apprendimenti» Invece dell'otto di una volta oggi c'è: «Ha conseguito la piena competenza» chio mera EinfPAG De Sade: gli inventori del nuovo modello di pagelle scolastiche, distribuite in queste settimane, sembrano essersi ispirati al Divin Marchese Irene Rivetti, a destra la pagella vecchio modello del presidente della Camera Ignazio di Lo/ola: in alto a sinistra, Barthes
Persone citate: Barthes, Camera Ignazio, Fourier, Marchese Irene, Milani, Orwell, Roland Barthes, Sant'ignazio, Stefano Bartezzaghi
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