Torna il Marziano a Roma un «fiasco» che fece storia di Osvaldo Guerrieri

Torna il Marxiano a Roma un «fiasco» che fece storia Torna il Marxiano a Roma un «fiasco» che fece storia TORNA «Un marziano a Roma». La commedia di Ennio Flaiano, messa in scena e interpretata nel 1960 da Vittorio Gassman, ritroverà la via della scena. Nella prossima stagione di prosa, il Teatro Stabile dell'Aquila, con la probabile partecipazione finanziaria del Biondo di Palermo, riporterà in vita uno dei piti clamorosi insuccessi del Novecento. Nel ruolo difficile del rianimatore troviamo il regista Beppe Navello, che non solo crede nella proponibilità del recupero, ma dichiara fervida ammirazione per un'opera che, ai suoi tempi, forse non fu capita, forse toccò il nervo troppo sensibile e un po' ipocrita di una società che cominciava a inebriarsi di boom e che di sicuro digerì malissimo l'apologo del marziano che sbarca a villa Borghese, ma, anziché redimere una città pigra e cinica, ne viene distrutto. Sull'esito di quello spettacolo gira ancora la battuta che Flaiano pronuncio a caldo, quando la platea impellicciata del Lirico di Milano ancora rumoreggiava, fischiava, litigava: «L'insuccesso mi ha dato alla testa». Il pubblico che anni dopo, nell'autobiografia «Un grande avvenire dietro le spalle», Gassman definì «sordo, reazionario e moralista» credeva di andare ad applaudire uno fra i piti acclamati attori del momento in una commedia spiritosa, blandamente satirica. Invece, no. Il grande Vittorio s'era reso irriconoscibile con quei capelli biondo-cenere e la tuta argentata; e la commedia somigliava a una macedonia di couplets, di canzonette, di balli. Era svagata, svaporata, imprendibile. Ripercorrendo quell'avventura Gassman annotava: «Il primo atto si svolse in un clima freddo ma senza incidenti di nota. Un fiacco applauso di convenienza siglò la prima calata di sipario: e ricordo con struggente tenerezza come Flaiano entro durante l'intervallo nel mio camerino, rosso per l'emozione che cercava inutilmente di mascherare: "Mi pare - balbettò - mi pare che marciamo bene, li abbiamo presi per la coda". Non l'avesse mai detto. Il primo couplet del secondo atto fu salutato da sibili e zittii, l'incontro del marziano con gli intellettuali romani sorti una bordata di pernacchie, poi fu il caos, per due ore: lancio di oggetti, battutacce, spettatori che venivano al proscenio per insultare gli attori. La recita si interruppe, riprese, si ibridò con le zuffe che avvenivano in sala» Anche la critica fece la sua parte. I giornali del pomeriggio stroncarono durissimmamente il «Marziano». «Il dramma» attribuì a Flaiano «cinque minuti di stupidità». Meno severi si mostrarono Sandro De Feo, Raul Radice e qualcun altro, mentre Camilla Cedermi spargeva torrenti di veleno sulle signore impellicciate, proprietarie di «una verità personale e sbagliata». Insolnma, l'apologo salvifico di Flaiano, la sua l'avola dell'angelo che scende a salvare una città travestito da marziano, fu uno di quei disastri dai quali è impossibile risollevarsi. Gassman e Flaiano ci fecero una malattia: il primo, con la passione bellicosa di chi ritiene di combattere per una giusta causa: il secondo, con la sferzante leggerezza battutista della sua indole. Quando stilo l'elenco dei critici favorevoli e degli stroncatori, Flaiano annotò: «Male Mosci, Palmieri e Térrón, Ma li ringrazio lo stesso, conosco le loro commedie e la loro approvazione mi avrebbe addolorato». Autore e attore cercarono di spiegare al pubblico che cosa fosse «Un marziano a Roma». Organizzarono dibattiti quasi sempre affollatissimi In teatro non si ripeterono più le intemperanze della prima sera, ma l'atmosfera restò freddimi, forse perché non c'era quasi pubblico. Disse Flaiano a un cronista di «Paese Sera»: «Dopo le prime sere non c'ora nessuno, assolutamente nessuno, avesse visto il teatro vuoto... bellissimo...». Dopo cinque giorni soltanto, «Un marziano a Roma» abbandonò il Lirico. Le «cinque giornate di Flaiano» si chiusero nella più cupa malinconia. Il «Marziano» passo all'Alfieri di Torino, poi scomparve dalla circolazione. Commentò Gassman: «L'ultima vera battaglia del teatro italiano era stata consumata». Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Aquila, Milano, Roma, Torino