Coop rosse, sfilano i big della Quercia di Lorenzo Del Boca

Coop rosse, sfilano i big della Quercia Coop rosse, sfilano i big della Quercia 7/pm Nordio: ci vorrebbe una «grande confessione» TANGENTOPOLI VENETA VENEZIA. Prima Luciano Gallinaro, potente capogruppo del pei in Regione veneta fino al 1990 e oggi dirigente d'azienda con tessera pds. Poi i'ex presidente della Lega delle Cooperative venete ed ex senatore Enrico Marrucci. Infine Alessandra Mannello che, per qualche mese, ha coordinato il lavoro delle aziende agricole legate alla sinistra. Non c'è stato tempo, invece, per l'ex segretario regionale del pci-pds «Lalla» Trupia che con l'avvocato Guido Calvi dovrà tornare la mattina del 6 luglio. Il pubblico ministero di Venezia Carlo Nordio ha avviato ima tre giorni non-stop di interrogatori per capire se tangenti e corruzione stazionavano anche sotto la falce e martello. Davanti al magistrato la nomeriklatura rossa veneziana e i dirigenti più significativi delle coop della regione. Ognuno deve rispondere alle slesse questioni: quali rapporti esistevano fra partito comunista e Lega delle Cooperative, quali gli scambi economici tra loro e com'era stato costruito il meccanismo capace di assicurare gli appalti alle imprese di sinistra. Le dichiarazioni dei protagonisti sembrerebbero rassicuranti. «E' giusto che la giustizia indaghi - sostiene Gallinaio - per quanto mi riguarda collaborerò per fare chiarezza». E il giudizio degli avvocati di Marrucci: «E' slato un colloquio più che un interrogatorio: uno scambio cordiale di opinioni con qualche momento di spiegazione tecnica». E Lalla Trupia che, nelle settimane scorse, si era dichiarata «stupita» per l'uso disinvolto di protocolli giudiziari, non lascia pretesto alle polemiche: «Ho la tranquillità degli onesti». E' convinto che il pci-pds sia estraneo a questo scandalo? Gallinaro: «Lo chieda a qualcun altro». Ma non vi eravate accorti della gestione lacunosa delle cooperative? Ancora GalUria.ro: «Beh! Che fossero messe male era evidente...». E, dunque, che cosa avete fatto per rimediare? «Per la verità: nulla». E, tuttavia, le ipotesi d'accusa sono pesantemente definitive. I magistrati sono convinti che i consigli di amministrazione di queste coop rosse venete componessero un sistema di vasi comunicanti utili a minimizzare le voci in attivo e, quindi, a nascondere gestioni spregiudicate. In una serie di passaggi di capitali e di interessi era possibile far scomparire miliardi a manciate. Il pm Carlo Nordio, rovistando nei bilanci e facendo la somma dei contributi stanziati dagli enti pubblici, ha indicato una cifra approssimativa per difetto: 120 miliardi. Codice alla mano, significa la bancarotta e il falso in comunicazione sociale, la truffa aggravala, la frode fiscale e la turbativa d'asta. Di più: la p icura della Repubblica ha fatto riferimento all'art. 416 del codice penale che definisce gli estremi dell'associazione per delinquere. Imputazione grave e persino gravissima trattandosi di politici cui non è mai stato fatto ricorso - fino ad ora per le questioni di Tangentopoli. Carlo Nordio, fin dall'inizio, sostiene che «una soluzione andrebbe trovata per chiudere una fase così devastante per l'economia e la politica». Nei giorni scorsi il magistrato ha ribadito alcune sue vecchie convinzioni «Tangentopoli non è solo finanziamento illecito: ò fenomeno complesso che concerne la ricettazione e la concussione. Per questo depenalizzare i reati minori non servirebbe a nulla. Occorrerebbe una soluzione globale che però dovrebbe godere di un generale consenso e questo compito spetta al legislatore. E' ovvio che il requisito minimo è che ognuno ammetta le proprie colpe. In questo senso la grande confessione ipotizzata da Francesco Cossiga mi è sempre sembrata l'idea più intelligente; Forse, proprio per questo, anche la più impraticabile». Lorenzo Del Boca

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