la fiaba che Schubert non vide mai in scena

la fiaba che Schubert non vide mai in siena la fiaba che Schubert non vide mai in siena Un brillante spettacolo di Ronconi, ricco di musica bellissima proiettati i sopratitoli dei testi in italiano che i personaggi fanno il gesto di cancellare quando i dialoghi parlati lasciano spazio alla musica. Insomma, il gioco allusivo alla finzione del palcoscenico mi pare perfettamente centrato e consono alla sovrana ingenuità (o smaliziata consapevolezza?) con cui Schubert affrontava il teatro. Tra le varie bellezze - Lieder e duetti, cori, pezzi strumentali - «Fierrabras» offre alcune scene di melologo, dialogo parlato con accompagnamento musicale che il compositore domina con rara sicurezza, utilizzandolo assai meglio dei concertati nei pochi casi in cui vuol fare musica d'azione: e anche qui Ronconi gioca d'equilibrio tra verità e ironia. Buona l'esecuzione del Maggio: anche se l'orchestra non aveva il suono raffinato sfoggiato nel «Franco Cacciatore», si è mossa con elasticità sotto la guida di Semyon Bychkov che ha messo in luce la meravigliosa strumentazione di Schubert, quei colori pastello, leggeri e luminosi, mai applicati dall'esterno ma pati in simbiosi con la melodia, come il suo sorriso segreto. Nella compagnia di canto spiccavano il tenore Rainer Trost (Eginhard) e il soprano Katia Lytting (Florinda), degnamente affiancati da Stefan Margita (Fierrabras), Johanna Koslowska (Emma), Jorma Hynninen (Roland). Il canto di Schubert non è mai atletico né virtuosistico ma vuole accenti di un'intimità tutta sua e quando questa manca, come nell'unica aria veramente operistica, quella di Florinda nel secondo atto, riesce esteriore: il direttore ha fatto molto per ottenere questa intimità, e il regista gli è stato vicino, assicurando, in tal modo, l'omogeneità e il successo dello spettacolo. FIRENZE. Brillante spettacolo di Ronconi per «Fierrabras», l'opera che Schubert compose su libretto di Joseph Kupelwieser nel 1823, senza poterla mai vedere rappresentata in vita. Che il musicista non fosse nato per il teatro è un fatto difficilmente contestabile: a differenza di quelle di Mozart, Rossini, o Weber, le sue melodie non colgono mai i gesti dei personaggi perché esprimono sempre e solo - e qui sta la loro grandezza - una visione interiore. Cosi «Fierrabras» e un'opera teatralmente statica, ma piena di musica bellissima, vicina alla rotondità melodica della «Bella Mugnaia», il ciclo di Lieder composto nel medesimo anno. Il suo messaggio morale è il seguente: sperare sempre nella felicità che viene dopo le tempeste della vita. Così Schubert guarda con distacco alle truci vicende che minacciano l'esistenza dei protagonisti durante la guerra tra i cristiani e i mori guidata da Carlo Magno: e sempre lascia che le battaglie, gli scontri, le situazioni derelitte e sgomentevoli dei personaggi perseguitati dal destino evaporino improvvisamente in melodie dal profilo perfetto, ritmi argentini e scattanti, morbidi girotondi di canti individuali e collettivi, abbandoni al più puro lirismo. Questo conferisce all'azione una sorta di straniamento non tanto ironico - come accade in Rossini quanto teneramente affettivo: la vicenda è raccontata come una fiaba e come tale l'ha interpretata Ronconi, alludendo alla tenerezza con cui si guardava nel primo Ottocento alle vicende del Medio Evo lontano. I costumi di Vera Marzot sono in parte ottocenteschi, in parte antichi, i colori chiari e sfumati, tranne i rossi squillanti dei mori; le scene di Margherita Palli sono divise da cornici bianche in grandi riquadri su cui vengono Paolo Gallatati

Luoghi citati: Firenze