Arafat: senza di me il caos

Arafat: senza di me il caos Arafat: senza di me il caos «Dopo di noi c'è solo la marea islamica» cia con le dita: «Distorcono la nostra religione, e spingono questi giovani a uccidere se stessi» dice tristemente. Gli descrivo la mia visita ai Sukart: militanti islamici festeggiavano di fuori, mentre dentro casa il padre, un poliziotto palestinese, aveva perso i sensi. La madre, più dura, aveva sputato in faccia allo sceicco Abdullah Shami per aver indotto il figlio di lei al supremo sacrificio. Arafat annuisce: «Ha detto allo sceicco: "Perché non hai mandato il figlio di tuo fratello anziché il mio?". Poi un gruppo di donne infuriate l'ha messa in fuga». Gli domando che cosa vorrebbe dire a quella madre. «E' urgente riaprire i confini dei Territori per impedire ai fondamentalisti di prendere il sopravvento» «Possa Dio darti la forza di sopportare tutto questo - dice, rivolto alla foto come se fosse la donna -. Hanno usato tuo figlio per un cattivo fine...». Lei ha detto qualcosa allo sceicco Shami, prima di scaraventarlo in prigione? «Gli ho detto un sacco di coso - Arafat controlla a fatica la rabbia -. Gli ho detto: tu non aiuti la nostra causa, tu blocchi a pace, tu fai del mae a migliaia di persone...». Gli ricordo di Martin Luther King che sognava il giorno in cui neri e bianchi avrebbero potuto vivere insieme da eguali. Arafat riesce a immaginare i bambini ebrei e arabi che giocano insieme senza ereditare i semi dell'odio? «Guardi - dice puntando il dito a una riproduzione dei Dieci comandamenti Dieci tavolette d'oro in cornice. Io ho sempre puntato a uno Stato unificato composto da nazionalità distinte, come la Svizzera». Poi indica una grande raffigurazione della Moschea della Roccia a Gerusalemme, il terzo luogo santo dell'Islam. «Vede, li accanto, il Santo Sepolcro della cristianità? Guardi, mi permetta di spiegarle una cosa». E usando una penna rossa disegna in sequenza storica i simboli delle tre grandi religioni: prima la monorah ebraica (il candelabro a nove braccia) con la Croce cristiana che prolunga il braccio centrale e la Mezzaluna musulmana sopra quest'ultima. «Questo è l'emblema del mio movimento, al-Fatah, all'interno dell'Olp. Vede che le tre religioni possono coesistere?». «Gli israeliani hanno contribuito a fondare Hamas Lo hanno fatto per indebolirci E adesso si vedono tutti i risultati» Papa Giovanni Paolo II, quando lo ha incontrato in Vaticano, ha sottolinealo che questo aspetto è cruciale per la pace in Medio Oriente. Le diverse religioni sono altrettanti percorsi verso Dio. Tuttavia, tra palestinesi e arabi Arafat per cepisco una speciale affinità. Gli ebrei sono intelligenti, Rappresentano un'elite. Ma altrettanto il suo popolo, pensa Arafat. «Ed entrambi discendiamo da Abramo» dice, riferendosi alla credenza nella discendenza arabica del figlio di Abramo Ismaele, che egli ebbe da Hagar, la serva egiziana di sua moglie Sara. Gli ricordo che dopo la nascita di Isacco, il primo figlio legittimo di Abramo, Ismaele e sua madre furono scacciati nel deserto. Per cui, gli antenati di Arafat sono rifugiati fin dalle origini. «No! - replica divertito -, Anche Abramo era un rifugiato, cacciato da Ur verso Canaan e l'Egitto. Tutti e due i popoli cominciarono così... ma per noi, non è ancora finita». E non sono finiti gli attentati alla sua vita. Ne ha contati, finora, quaranta. «'Solo Sharon ammette di aver provato a farmi uccidere tredici volte», dice, parlando del generale israeliano Ariel Sharon. Ma lui ha fatto il possibile per cavarsela. Una volta, mentre faceva jogging, vide il suo appartamento esplodere per una bomba. In un'altra occasiono, usci di casa nel cuore della notte - mezz'ora prima che vi facesero irruzione gli agenti israeliani. «E' un sesto senso del pericolo - dice -, Non ini chieda di spiegarlo». Ciononostante, è convinto che il suo destino sia segnato. La pallottola o la bomba col suo nome lo troverà, a prescindere da tutto. «Sono pronto, in qualunque momento arrivi» mi confida. Ha avuto forse la premonizione, come Martin Luther King, che non riuscirà a vedere la terra promessa? Ci pensa un momento, poi scuote la testa: «No, vedo una luce in fondo al tunnel. Sono molto ottimista. Mi dia da tre a cinque anni. Si, ci sono molti problemi, ma a quelli sono abituato». Curtis Bill Pepper Copyright «Parade Magazine» e per l'Italia »La Stampa"

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