L'esercito dei centomila da Torino ai collegi in Cina
L'esercito dei centomila da Torino ai collegi in Cina L'esercito dei centomila da Torino ai collegi in Cina CONGREGAZIONE SENZA CONFINI UNA volta, Egidio Vigano, Rettore maggiore dei Salesiani, raccontò di una sua visita a Giovanni Paolo II. «Ma voi quanti siete?», gli chiese il Papa. «Tra tutti», rispose Vigano, «saremo almeno 100 mila». Si riferiva a tutta la Famiglia salesiana, cioè ai religiosi e alle religiose che si ispirano agli ideali e agli insegnamenti di Don Bosco. Meraviglia del Pontefice. «Ma voi, allora», commentò il Papa, scherzando, «siete più potenti dell'Opus Dei, che ne ha 80 mila». «Oh, noi non siamo potenti», replicò il Rettore maggiore, «Noi siamo dei semplici lavoratori». «No, no», ribatte Wojtyla, «per fare il bene i |"vuole potenza. Lo diceva anche San Tommaso». La «potenza» dei Salesiani, se vogliamo raccontarla in cifre, contando solamente la Congregazione religiosa maschile, di cui era superiore Vigano, è formata ■nel mondo da oltre 17 mila religiosi. Tra loro figurano alcuni cardinali e più di 70 vescovi. In Italia sono 3800, distribuiti in 10 province religiose. Ogni provincia ha dai 20 mila ai 50 mila allievi nelle varie scuole. I Salesiani operano in un centinaio di nazioni, con 1500 case religiose. I loro Oratori per ragazzi sono nel mondo oltre 800, ai quali si aggiungono 18 istituti universitari e più di 1300 scuole di ogni ordine e grado. La «potenza» dei Salesiani trova la propria ragione soprattutto in un uomo: Giovanni Bosco, il santo che ha creato scuole e oratori per la gioventù. Sette anni fa, nel ricordare il centenario della sua morte, la bizzarria giornalistica si è scatenata con titoli come questi: «La leggenda del santo imprenditore», «Il santo manager», «Don Bosco: lavoro e Paradiso». Qualcuno ha cercato di penetrare più profondamente nel significato della sua azione edu- catrice, basata sul metodo preventivo, e nella sua spiritualità, fondata sulla gioia pasquale: «Don Bosco, amorevolezza e fantasia», «Don Bosco, letizia di Dio e sensazione di Pasqua». Don Bosco, infatti, non è stato uno di quei santi che sono andati a fare macerazioni della carne dentro una grotta, in fuga dagli uomini, come gli antichi monaci slavi, che avevano finalità un po' lugubri, con il motto: «Fuggi, taci e piangi». L'allora capitale del regno del Piemonte, la Torino dei trionfi sabaudi e delle astuzie ca- vouriane, fece fiorire santi che si sono calati nel contesto sociale della prima rivoluzione industriale: Giuseppe Cafasso, il prete dei carcerati, Giuseppe Cottolengo, fondatore della «Piccola Casa della Divina Provvidenza», l'opera più cara alla Chiesa torinese, forse anche alla stessa città, dove gli «ultimi» della società (i vecchi, gli abbandonati, i deformi) diventano i primi per la carità cristiana e per quella civile. Uno di questi santi fu appunto Don Bosco, che andava per la strada a incontrare giovani e ra¬ gazzi. Avendo il buon senso e la testa dura del contadino, affrontò problemi sociali concreti, approntando soluzioni rapide, preoccupato di curare gli effetti più che di indagare sulle cause del mali sociali. Gli passava accanto il Risorgimento italiano: Mazzini, Garibaldi... Stava nella città di Cavour, e lui vedeva soprattutto ragazzi scesi a Torino dai paesi vicini a lavorare da «scalpellini, muratori, stuccatori, selciatori, quadratori...», ragazzi da sottrarre alla svelta ai pericoli della città e all'avarizia dei pa- droni, ma soprattutto ragazzi con un'anima da salvare, anche se quest'ultima preoccupazione spirituale, oggi, da qualche critico, viene giudicata troppo immersa in una dimensione pietistica. E' la lezione che i Salesiani hanno imparato dal loro fondatore e che costituisce ancor oggi il richiamo che riempie i loro oratori, i loro collegi e le loro scuole professionali, sparsi in lutto il mondo. Da Torino, Don Bosco li aveva spediti in America Latina, poi in una seconda generazione essi avevano toccato i Paesi del¬ l'Asia. Egidio Vigano aveva lanciato un progetto Africa e, poco tempo prima di morire, era riuscito a introdurre i suoi Salesiani in Cina, un po' ufficialmente, un po' semiclandestinamenle. A Canton, oggi, i Salesiani hanno la cura sanitaria e pastorale di 22 centri di lebbrosi. 11 governo della Manciuria, una regione semiaulonoma, li ha chiamati ad aprire una scuola professionale per insegnare le materie tecniche ai ragazzi cinesi. Domenico Del Rio
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