Il Pool al contrattacco di Francesco Grignetti

Il Pool al contrattacco Il Pool al contrattacco «L'ispezione? Voluta dalla Fininvest» LA DIFESA DI MANI PULITE LA migliore difesa è l'attacco, si sa. La pensa così anche il Pool di Mani Pulite, sotto inchiesta disciplinare davanti alla procura generale di Cassazione. Avremmo infangato noi la dignità della magistratura? Ma si pensi piuttosto alla vera natura di quella ispezione che ha la sua «principale, so non unica ragiono giustificativa nelle proteste degli uomini Fininvest, di Silvio Berlusconi, di Fedele Confalonieri, di Vittorio Sgarbi...». E' quanto scrivono i difensori del Pool, che ieri hanno presentato una memoria in cinque pagine al sostituto procuratore generale Sebastiano Suraci. Sottolineano il corto circuito politico-istituzionale: Alfredo Biondi che accoglie un esposto della Fininvest e invia gli ispettori ministeriali a interessarsi di inchieste aperto appunto sulla Fininvest. Di qui i quesiti al Csm. «Niente di intimidatorio», ripetono. «Si doveva sbrogliare il garbuglio istituzionale», dice Mario Cicala, difensore di Davigo. Due giorni fa, i quattro magistrati milanesi - Borrelli, D'Ambrosio, Davigo e Colombo - erano stati interrogati alla presenza di difensori. Ieri, tramite i quattro colleghi che li assistono - Letterio Cassata, Armando Spataro, Mario Cicala, Elena Paciotti - hanno depositato questa memoria difensiva. «Ci siamo limitati preciseranno in serata - a indicare in denunce presentate da Confalonieri, Berlusconi e Sgarbi l'origine della inchiesta amministrativa disposta dal ministro Biondi il 13 ottobre 1994. Come si desume dagli stessi quesiti posti dal ministro». «Una ricostruzione cronologica dei fatti, senza apprezzamenti. In quelle denunce c'è l'origine storica dell'ispezione. Ma le deduzioni le farà il Procuratore generale», commenta Armando Spataro. Fin qui la cautela di chi avverte un clima non troppo benevolo. Nel testo, però, qua e là, emerge un giudizio di fondo sull'intera ispezione. Alcuni dei punti indicati da Biondi, scrivono, avevano un «contenuto quasi risibilo». Servivano, | cioè - ò il ragionamento - più che altro a confondere le acque. La sostanza ora un'altra. E ruotava tutta intorno alla Fininvest. Proprio la Fininvest, che in quel momento era al centro delle inchieste del Pool. Ecco perché - sottolineano - i quesiti di Borrelli, quelli che il Guardasigilli Mancuso ritiene «capziosi e intimidatori», riguardavano i procedimenti in corso. C'era il pericolo di interferenze continue sull'attività giudiziaria. «Avevano ragione di temere di trovarsi scrivono - nell'angosciosa circostanza di dover forse constatare il compimento di illeciti da parte degli ispettori. Si sarebbe potuto creare e di fatto sotto alcuni profili si è creato, un autentico groviglio istituzionale in cui il magistrato inquisito avrebbe dovuto esercitare le funzioni proprie del pubblico ministero nei confronti di chi lo inquisiva». Spiega Mario Cicala: «Era un pasticcio tale che quando un sostituto incontrava gli ispettori, fino a un corto punto avrebbe dovuto rispondere alle loro domande, e poi, cambiate le sedie, li avrebbe dovu ti sentire lui come persone informate sui fatti». In conclusione, i difensori scrivono: «Si imponeva una parola chiarificatrice del Csm». E quindi, su questa base, i quattro magistrati-avvocati respingono come «aberrante insinuazione che Borrelli, D'Ambrosio, Colombo c Davigo avrebbero posto in essere un trucco intimidatorio». Il tutto si conclude con un invito a un proscioglimento generale. Oppure, in subordine, e a malincuore, se ci dev'essere rinvio a giudizio davanti alla Disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, che si faccia presto. Si, perché questa inchiesta un effetto l'ha già avuto e a Milano se ne sono accorti: il Pool ò in «stato di delegittimazione». Soprattutto nei rapporti internazionali: vallo a spiegare che i protagonisti di Tangentopoli sono diventati «angeli sporchi». Francesco Grignetti

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