Tutti contro l'uomo grigio di Mario Ciriello

Tutti contro l'uomo grigio Tutti contro l'uomo grigio E sull'erede aleggia l'ombra di Maggie CINQUE ANNI SENZA SMALTO ULONDRA NA mossa da grande giocatore, audace, temerario. Il primo ministro John Major ha ieri abbandonato la sua innata cautela, il suo amore per il compromesso, la sua grigia pazienza e ha sfidato un azzardo vitale per il suo futuro, por quello dol suo partito, per l'Inghilterra tutta. Si è dimesso dalla leadership del Conservative Party, ma soltanto per costringerlo a scogliere immediatamente un nuovo capo: ed ha agito nella certezza di essere rieletto, di riconquistare l'incarico ieri ceduto. Le prime reazioni sembrano conformare la sua fiducia, Major ripete «Vincerò», ma, come ogni gioco alla roulette politica, anche questo potrebbe riservare sorprese. A prima vista, la fiducia di Major sembra ingiustificata, un atto di arroganza, quasi. Perché dovrebbe essere rieletto quando da mesi è bersaglio di accuse, di dubbi, di calunnio, quasi uno zimbello universale? La spiegazione va cercata altrove ed è questa. Salvo sorprese, Major otterrà la maggioranza dei voti, perché i deputati tory sanno che, nonostante le suo mille pecche, è l'unico in grado di tenere unito il partito nei due anni che ancora mancano alle elezioni generali. I parlamentari sanno che i loro seggi sono in pericolo, che quando gli inglesi andranno alle urne sceglieranno probabilmente il laborismo di Tony Blair, non sperano più in una vittoria, ma sperano di ridurre le dimensioni della temuta disfatta. Por capire la manovra di Major basta ricordare una celebre massima di Samuel Johnson, il quale disse, nel 1777: «Il sapere che si sarà impiccati tra un paio di settimane concentra la mente in modo meraviglioso». Ecco. I deputati tory sanno che saranno «impiccati» alle prossime elezioni politiche, meglio pertanto tenersi il centrista Major che esacerbare, con altre scelte, i conflitti che già lacerano il partito. Per singolare coincidenza, vari commentatori avevano analizzato le chances di Major, prima del sensazionale annuncio da Downing Street nel tardo pomeriggio di ieri: e avevano concluso che il leader era unsinkable, inaffondabile. Gli ottimisti, tra le file tory, affermano, adesso, che un partito diretto da un Major non più tartassato e strapazzato dai suoi seguaci ricupererà parte del terreno perduto nella lotta con i laboristi. E' possibile: ma sono illusioni rischiose. La sfiducia nei Tories della stragrande maggioranza di questi isolani è ormai profonda, arcigna, implacabile: lo hanno rivelato varie ele- zioni amministrative, lo rivelano ogni dibattito, .ogni sondaggio, ogni conversazione. Il Conservative Party ha perso l'appoggio della borghesia, nonché di quella nuova classe operaia benestante che innalzò Margaret Thatcher al potere. E' cambiato il mood della nazione e i Torios sono stanchi e privi di idee, involuzione naturale in un partito al governo da ben sedici anni. Certo, le continue sfide a Major degli Euroscettici e degli Eurofobi hanno indebolito il partito e il governo: ed è questa chiassosa minoranza che Major spera di ridurre al silenzio. Nel suo grido di guerra, il premier ha esortato i dissenzienti «either to put up or shut up», cioè «a sopportare e a stare zitti». Ma lo astruse beghe sull'Europa non influiscono che in modestissima misura sugli umori britannici. Ben altre sono le cause dell'ostilità. Gli inglesi temono per il futuro dell'amati) National Health Service, il Servizio Sanitario Nazionale; giudicano con diffidenza le incessanti riforme nella scuola; osservano con collera la lunghissima caduta nei prezzi delle case, quelle case che Margaret Thatcher li esortò a comprare come il «migliore investimento». Paradossalmente, l'economia migliora, fa progressi, ma gli inglesi non credono più al- le statistiche governative. Domandano: perché allora i giovani faticano a trovare lavoro? Perché le tasse sui ceti meno abbienti continuano a salire? Perché il governo non fa nulla per arrestare la crescita di quella miserabile, disperata underclass, all'americana, formatasi sotto l'amministrazione Th.Ucher? Perché il Welfare State continua ad essere eroso, da tagli e «correzioni»? Un Major «risorto», sostenuto da un partito meno rissoso, meno bisbetico, potrà certo affrontare meglio alcuno di queste piaghe, ma la sua sarà sempre una fatica di Sisifo. Mario Ciriello

Persone citate: John Major, Margaret Thatcher, Samuel Johnson, Tony Blair

Luoghi citati: Europa, Inghilterra