QUEI RAGAZZI DEL '99 TRA FANGO E VITTORIA di Luciano CurinoPier Paolo Cervone

QUEI RAGAZZI DEL '99 TRA FANGO E VITTORIA QUEI RAGAZZI DEL '99 TRA FANGO E VITTORIA na è saltata per il micidiale effetto dell'acido cianidrico, detto anche prussico, un gas mai usato al fronte. Arrivano truppe tedesche: nella conca c'è il silenzio dei cimiteri. Dal diario: «Laggiù, in ampi e numerosi ricoveri, giacciono circa 800 uomini. Tutti morti. Qualcuno, raggiunto dal gas durante la fuga, è caduto con la faccia contro la terra. Ma i più sono raggomitolati vicino alla parete dei ricoveri, il fucile tra le ginocchia, la divisa e l'armamento intatti. In una specie di baracca ci sono altri quaranta cadaveri: presso l'ingresso stanno due sottufficiali e due telefonisti con la cuffia ancora attaccata, un blocco di fogli davanti, la matita in mano. Non hanno neppure fatto in tempo ad usare la maschera». Comunque, la maschera in dotazione del Regio esercito sarebbe servita a nulla contro quel gas sconosciuto, dall'odore di mandorle amare. Testimonianza del poeta Ignazio Buttitta che combattè in riva al Piave: «Io, "ragazzo del 99", coi piedi affondati nel fango della trincea, pregavo ed imprecavo insieme...» mentre le ombre degli alberi «stendevano una coltre pietosa sui corpi di tanti compagni che avevano parlato con me poco prima, scherzando sull'idea della morte, come fosse stato soltanto un gioco». Sulle rive del Piave e tra i sassi del Carso combattono e muoiono giovani che non hanno ancora vent'anni. Chiamati per riempire i vuoti lasciati dalla disfatta di Caporetto, gli hanno dato un fucile spiegandogli che «salvare la pelle vuol dire uccidere» e li hanno mandati nel fango della trincea. Scrive Cervone che «in guerra, come in pace, il morale è fattore fondamentale». A Caporetto stanchezza, scoraggiamento e frustrazione pervadevano l'esercito, che poi ha ritrovato fiducia e risolutezza sulla linea del Piave. A Vittorio Veneto gli austriaci sono mal ridotti ed esausti, non siamo più degli eroi siamo degli straccioni: dice sconsolato un fante al suo ufficiale. «Gli animi, anche quelli dei migliori soldati, crollano come muri vecchi». Una colonna, che via via s'ingrossa, si mette in marcia verso la Patria. E così Vittorio Veneto diventa una Caporetto per l'Austria, ma questa volta non ci sarà una linea del Piave. Dal diario del tenente Fritz Weber la descrizione della colonna in marcia: «...procedono lentamente, vestiti di stracci, scalzi e tremanti di febbre, portando il loro bagaglio sulle spalle doloranti. Ci sono dei ragazzi e dei vecchi, dei feriti e degli ammalati gravi: i figli di innumerevoli madri, i mariti di innumerevoli mogli, i padri di innumerevoli figli, un tragico esercito quale ben difficilmente si vide prima d'ora. Nessuna mano aiuta i vacillanti, nessuno sguardo compassionevole si rivolge a quanti sono ormai alle soglie del sonno eterno e invocano l'angelo liberatore della morte. E la morte marcia davvero tra le nostre file». Il fossato lungo la strada diventa il letto dei moribondi. Luciano Curino Pier Paolo Cervone Vittorio Veneto l'ultima battaglia Mursia, pp. 288. L 30.000

Persone citate: Fritz Weber, Ignazio Buttitta

Luoghi citati: Austria, Caporetto, Carso, Vittorio Veneto