LA MAGA FIORONI CUOCE OFELIA

LA MAGA FIORONI CUOCE OFELIA LA MAGA FIORONI CUOCE OFELIA ore», o manualetto portativo shakespeariano, cui hanno regalato la loro maliziosa voce di ventriloqui, anche alcuni complici amiciscrittori. Come dare la battuta, stravolta ed immaginosa, a queste vittime sacrificali della Finzione. Inventare una voce di ceramica a queste marionette accasciate nella politezza porcellanata - da bagno degli dei klossovskiani - di tanti piccoli antri, fantasiosamente pittorici. «Chi è questo Edgar lungo disteso nella sua capannuccia di paglia?», ci chiede infatti Cesare Garboli, lasciandosi scappare un'ironica «lagrimuccia» autarchica, un fulmineo cammeo d'autoritratto. Quella spoglia gli ricorda il sé neonato, fasciato come un fantolino di pezza, «senza poter muovere un solo dito del piede. E porto con orrore stampata nella profondità della mia anima quell'immagine. Ma quanto del mio superio, quanta della mia energia è nascosta in quelle bende, mia adorata Giosetta!». La costrizione della materia. Anche Ceronetti si confessa, riflettendosi in Cordelia, che pure ammette - è così «difficile da amare». Solo quel pazzo di Lear, però, poteva non capire la figlia, ( ìio.icUci Fìortìhi «bloccata e fredda», ma che cercava disperatamente uno sbocco (eccola lì, impaniata nella glassa della maiolica: come un «palombaro» della materia). «Cordelia non ama come il cane, ma come l'albero». Tutti gli alberi, in definitiva, «sono Cordelle. Alla fine Cordelia muore con te». Poi, dinanzi un'altra Via Crucis (di questo fiabesco itinerario nella drammaturigia: con le successive cotture Giosetta riesce a creare una «regia» di profondità, di ombre e di echi) Ceronetti fa il blasé: «Di Falstaff invece non so nulla». Sa vagamente che le comari di Windsor lo inzuppano in una cesta della biancheria: «Ma ne ignoro i motivi». Insomma, si stufa di Shakespeare, e preferisce i suoi, di teatrini. Per esempio: che bello immaginare quel viscerale tepore sporcastro, «nel caldo di tanta biancheria femminile non lavata, impregnata di sudore di un'epoca che traspirava!». Odore di palude. A Magrelli, per Ofelia, basta un flash. La diva pre-pre-raffaellita non penetra nelle viscere, «filo di piombo che scende nella notte». No, fluisce nel verde bottiglia: «E' morte per acqua orizzontale, il corpo disteso a lenire il corso delle onde». «Quasi nemmeno morte, ma puro movimento, del fotogramma sulla pellicola del Nulla». Anche Marcoaldi, per Amleto, detta la sua versione del «polve siamo e polve torremo»: «Un teschio che ammonisce: truccati quanto vuoi! Tanto tra breve tornerai nel niente». Il belletto dell'arte serve a ben poco, attraverso le smagliature della materia filtra un vento sinistro. E tutto si rovescia, nel «bosco di notte», di Nadia Fusini, dove «anche gli alberi sognano». «Jago non è che lo

Persone citate: Ceronetti, Cesare Garboli, Jago, Lear, Magrelli, Marcoaldi, Nadia Fusini, Shakespeare, Windsor