A CHE PUNTO E' IL DUELLO? di Franco Lucentini

A CHE PUNTO E' IL DUELLO? A CHE PUNTO E' IL DUELLO? Uirresistibile Puskin della Vitale I. IGNORANZA ha i V suoi dolci vantaggi. ✓ Che cosa sa di Puskin un lettore medio? Ricorderà alcuni stupendi racconti, La dama di picche, La figlia del capitano, La vita di Pugaciov; avrà girato intorno a Eugenio Oniegin, poema che fu per la letteratura russa ciò che fu per la nostra / Promessi sposi, ma che il suo maggior traduttore in lingua inglese, Vladimir Nabokov, ritiene sostanzialmente intraducibile; e quanto alla biografia, il dato che resta in mente a tutti è che Puskin morì giovane, in duello. Di pistola o spada? Beh, ecco... E perché mai quel duello? Chissà. Con l'idea di saperne un po' di più il nostro lettore prenderà in mano Il bottone di Puskin, di Serena Vitale (Adelphi, pp. 488, L. 45.0001, un libro che promette sere di temperato interesse, una quindicina di pagine prima di addormentarsi, che scorreranno («questa non la sapevo...») fino a pag. 20 e poi («no ma tu guarda...») a pag. 30 e ancora («che carogna, che verme...») a pag. 50 e magari («qui ci vuole una fumatina...») a pag. 100, irresistibilmente. Si dice che la ricerca accademica sia in pratica affine all'indagine poliziesca, ma si dà molto raramente il caso di un professore d'università che, mettendo nero su bianco le sue puntigliose scoperte, tenga conto non solo dei severi colleghi sparsi per altri centri di dottrina, ma anche di chi professore (in questo caso di slavistica) non è. Serena Vitale gode di ampia notorietà e prestigio come studiosa di letteratura russa, insegna all'ateneo di Firenze, sarà forse adorata dai suoi allievi, prediligerà forse giacche di Armani e tacchi alti. Ma a noi (non se n'abbia a male) piace immaginarla piuttosto come uno di quei taciturni e trasandati piedipiatti che non mollano mai, che nello squallore di un aeroporto attendono il volo per San Pietroburgo, Amsterdam, Varsavia, Parigi, Nantes, masticando un triste panino, la borsa zeppa di documenti scottanti posata li accanto, la mente fissa sulla pista che stanno seguendo. Si, Puskin fu ucciso in duello, ma come si arrivò al fatto e chi era l'uomo che lo uccise? Il dossier si apre con le risposte dei vari ambasciatori che annunciano ai loro governi la tragica notizia. Il grande 1 iìv poeta nazionale è pianto dallo zar come dall'ultimo mugiko, una folla immensa fa la coda per dare addio alla salma, le autorità spostano l'ora e il luogo del funerale per evitare disordini. Il rivale vittorioso, un barone francese di nome d'Anthès (da molti storpiato in Dantés; e può darsi che Dumas abbia pensato a lui per il conte di Montecristo), è un ufficialetto del reggimento della guardia imperiale, gran mondano, gran ballerino, gran rubacuori. Ma è anche il protegé del ministro d'Olanda a San Pietroburgo, barone de Heeckeren, un provetto diplomatico sulla cinquantina che ha di recente adottato il bel giovane... Come s'è formata questa strana coppia? Come mai il piccolo nobile di 1 ^fsSp.* iìv " .... >.L. '. TROMA UTTO è così tremendamente rosso! E anche tu sei dello stesso cardiaco colore», grida Titus Andronicus con la voce strozzata di Silvio Perrella. E' come svegliarsi dentro un letto incandescente di pasta di vetro, come scoprirsi gli occhi sventrati di rosso, imbibiti di sangue. Vedere il mondo diventare improvvisamente di sinistro lampone. Il lampone smerigliato della tragedia elisabettiana. E' quello che deve esser capitato ad alcuni trafficati personaggi shakespeariani - rimasti beneficamente in riposo per qualche mese dalle corvées teatrali - e militarescamente rianimati ai riflettori della celebrità, nella romana galleria di Metta Vespignani. Ofelia, Lady Macbeth, Edgar, Cordelia. E' la «maga» Giosetta Fioroni che li ha immessi nella beata prigione colorata dei suoi teatrini onirici, che hanno la magmatica brillantezza delle paste eh Leoncino, ma anche la romanzesca levità di certi immaginosi scatolini alla Melotti. Teatrini, che su richiesta di Andrea'Franchi si sono sollecitamente accartocciati dentro un elegante «librino delle L. '. provincia (Colmar) è arrivato fino a San Pietroburgo ed è riuscito a entrare negli chevaliers gardes e nell'alta aristocrazia di corte? Da qui parte il mystery che da un secolo e mezzo assilla la Russia, anche sovietica e post-sovietica. Alcuni punti sembrano fuori discussione: d'Anthès s'innamora perdutamente della donna più bella del reame, che si dà il caso sia la moglie ventiquattrenne di Puskin, la corteggia con insistenza febbrile e per poterla frequentare senza scandalo sposa la (bruttina) sorella di lei. Poco dopo una lettera anonima, sotto fonna di burlesco diploma, viene fatta pervenire a Puskin e alle maggiori famiglie della capitale: il poeta è solennemente cooptato dal «serenissimo ordine dei cornuti». Le firme in calce sono di principi, ministri, generali ecc. tutti notoriamente cucus. Ce n'è più che abba¬ stanza, dati i tempi, gli usi di mondo, il temperamento collerico del destinatario, perché il volgare scherzo da caserma provochi una sfida a duello. Cominciano frenetiche trattative per evitarlo. Tutta Pietroburgo è al corrente, tra palazzo e palazzo, tra ballo e carrozza, tra concerto e tè della sera turbinano pettegolezzi, calunnie, ipotesi, schiarimenti, iolodicevo. Il montaggio della Vitale è perfetto, generoso e stringente insieme. Da lettere, diari, memorie, rapporti della polizia segreta escono personaggi memorabili, frivole figurette, loschi maneggioni, spie, provocatorijiotenti cortigiani, servi sciocchi. E' la società stravagante e fastosa che ritroveremo in Tolstoj, ma è anche un coro del teatro classico: informatissinio e profetico, osserva impotente gli eventi precipitare giorno per giorno, ora per ora, dalla commedia talvolta farsa, di costume, al compimento della tragedia entro un breve spiazzo sgombrato dalla neve, il 27 gennaio 1837. Non ci sentiamo di anticipare al lettore quanto la nostra «piedipiatti» è andata via via vagliando, confrontando, riportando in luce tra biblioteche e archivi pubblici e privati. Indizi, prove poi contraddette, enigmi che si sciolgono mentre altri s'infittiscono, colpi di scena che tutto confermano o invece tutto ribaltano, non soltanto fino alla lunga (e magistralmente ricostruita) agonia del poeta, ma ben oltre. Poiché quella piccante «storia di corna», mutatasi per un colpo di pistola nel «caso» più aggrovigliato e tenebroso della letteratura russa, non ha mai cessato di macinare i duri grani delle sue incognite. La Puskina dal virino di vespa incoraggiò il fatuo chevalier garde? Gli cedette? O fu invece moglie fedele (nonché madre esemplare di quattro figli)? E lui, d'Anthès, era un farabuttello, un seduttore da quattro soldi, o un uomo d'onore, ingenua pedina di un più vasto complotto? Puskin tradiva a sua volta la moglie? Avrebbe potuto lasciar correre, o aveva in mano elementi che rendevano la sfida inevitabile? E soprattutto, chi scrisse la lettera anonima? Un russo, un francese? Un russo che si fingeva francese, un francese che si fingeva russo? E con quale vero scopo? Facciamoci un buon caffè, rosicchiamoci un biscotto e andiamo avanti a palpitare fino a domattina. Carlo Frutterò Franco Lucentini

Luoghi citati: Amsterdam, Firenze, Olanda, Parigi, Pietroburgo, Russia, San Pietroburgo, Varsavia