INDIGENO A PARIGI di Gabriella Bosco

INDIGENO A PARIGI INDIGENO A PARIGI Incontro con Fetnobgo Auge \ nell'epoca in cui sono stati costruiti. Questa è stata un'esperienza di trasfigurazione del quotidiano. Mi spiego: lo spunto l'ho preso dalla rubrica di annunci pubblicitari che c'è nell'ultima pagina di un settimanale, il Nouvel Obscrvatew. Annunci di dimore, palazzine d'epoca, castelli in vendita, ognuno con la piccola fotografia del posto. Mi sono reso conto che era sempre quella la prima cosa che andavo a guardare appena comperata la rivista, e ho scoperto che per moltissime persone era lo stesso. Mi sono chiesto cos'era che mi seduceva, e ho capito che era proprio all'inverso dei nonluoghi il corrispondere di quelle immagini a un'identità, il loro risvegliare in me elementi che appartengono alla nostra storia, e al tempo stesso il loro corrispondere al luogo di sogno, quello in cui si sogna di andare a stare, a installarsi quando saranno finiti gli spostamenti. Dove si immagina di andare a vivere paradossalmente per morirci. Il fascino esercitato su di me da quella rubrica nasceva da un richiamo di ordine antropologico (reminiscenze storico-letterarie) unito all'espressione di un desiderio personale». Tornando al «senso degli altri»: andiamo incontro a una società della solitudine globale? «Non sarei cosi pessimista. E' però certo che il problema della solitudine è acuito dall'eccesso di individualizzazione. Il tutto nasce dalla mancanza di simbolizzazione. Una persona sola davanti allo schermo della televisione vive un'esperienza particolare di rapporto diretto con il media, ma dietro il media non c'è niente. E' indebolita la mediazione che rende il rapporto con gli altri pensabile. Solo con la televisione è possibile questo tipo di esperienza, non a teatro, non al cinema, non allo stadio. E' importante conoscere i rischi di questa forma di solitudine». Marc Auge riesce a dirsi ottimista. Che cosa sta scrivendo? «Un piccolo libro che si mtitolerà La vita sognata o forse Una vita di sogno: rifletto sulla fiction odierna, l'eccesso di immagini, in relazione all'epoca in cui le immagini si pescavano solo nei sogni». Noi ne abbiamo rubate tre di immagini, nell'ufficio di Auge: Al di là del secolo, A sud delle nuvole, L'avvenire diverso. Erano appuntate su un foglio, sulla scrivania, come dei suggerimenti. \ ì to a partire dal 1965. Paesi in cui ho constatato, come conseguenza della colonizzazione, l'accelerazione della storia di cui dicevo, la mescolanza di elementi locali e mondiali, l'ingenerarsi della crisi di identità che è crisi del senso dell'alterità, ma innanzitutto crisi del senso, del simbolico. Siccome qui da noi stiamo vivendo qualcosa di analogo pur non sapendo chi ci colonizza abbiamo l'impressione di essere colonizzati perché viviamo le stesse conseguenze, accelerazione della storia, crisi del senso, ecc. - ho voluto guardarmi intorno anche qui, a Parigi, per cercare di capire il fenomeno. La solitudine nelle nostre città, ad esempio. Ma allo stesso modo le manifestazioni identitarie, le riaffermazioni etniche, religiose, settarie: modi di confessare che non si può pensare l'alterità». L'indigeno parigino Auge si è autotestato innanzitutto nei corridoi della metropolitana. Ne è nato Un etnologo nel metrò (Eleuthera, 1992)... «Ho cominciato dalla metropolitana perché per il parigino il viaggio in metrò è qualcosa di estremamente consueto, corrisponde al sentirsi a casa. Implica però allo stesso tempo il senso dell'altrove per via delle immagini sulle pareti, le pubblicità che portano nella metropolitana i Paesi lontani. E' dunque un mondo misto. Il diverso all'interno del percorso abituale. E' stata un'esperienza di disidentificazione nel movimento». Poi l'indigeno Auge si è trasferito in una serie di Nonluoghi (Eleuthera, 1993), si è dato a un'erranza in spazi non più qualificabili come luoghi - dall'autostrada all'aeroporto deducendone che cosa? Un saggio per capire come sì è trasformato «Il senso degli altri» nelle società multirazziali e colonizzate ì «Per l'antropologo il luogo è l'insieme delle cose localizzate nel cui ambito si possono leggere affermazioni identitarie, relazionali. In molte società sono le regole di residenza che fanno capire le relazioni tra le persone (la donna che quando si sposa va ad abitare nella casa del marito, il figlio maschio che sta sotto lo stesso tetto dei genitori fino alla maggiore età, ecc.). Nonluoghi sono quelli in cui non si simboliz- zano né le relazioni tra gli individui, né la storia locale. Spazi che si stanno moltiplicando, nel cui ambito ognuno di noi è totalmente anonimo. Nei nonluoghi ho constatato un fenomeno di complessificazione della modernità. Quella che ho proposto di chiamare surmodernité, laddove il prefisso "sur" sta a indicare un rinforzamento, il rinforzamento dei fattori che hanno costituito la modernità. Tre fattori portati all'eccesso: eccesso dell'informazione che porta all'accelerazione della storia; eccesso d'immagini che determina restringimento dello spazio; eccesso d'individualizzazione che fa si che le strutture mediatrici s'indeboliscano. «L'eccesso di questi tre fattori porta alla solitudine che - nei nonluoghi - trionfa. E' stata questa un'esperienza di perdita dell'io, un'altra forma di disidentificazione. Un esempio? Il nonluogo aereo: prima di partire si mostra il documento d'identità, e di nuovo 1 si deve produrre una volta riatterrati. In volo si è anonimi, ogni viaggiatore corrisponde a un numero». Poi è stata la volta di Ville e tenute (Eleuthera, 1994). In che modo questa esperienza si collega alle altre due? «Per contrario. Se il nonluogo si caratterizza per anonimità, dimore e case di prestigio sono invece luoghi per lo più molto storici, installati I \ I.Wll'All V DI !•>!( Ili: Fa/i Editore Marcel Schwob LA LAMPADA DI PSICHE a cura di Arnaldo Colasanti 204 pp. L.18.000 Il vero capolavoro dello scrittore francese di fine Ottocento. Per la prima volta in versione inteerale. Gabriella Bosco

Persone citate: Arnaldo Colasanti, Auge, Fetnobgo Auge, Marc Auge, Marcel Schwob, Nouvel

Luoghi citati: Parigi