« Dava fastidio a Cosa Nostra » di Francesco La Licata

«La condanna a morte arrivò dall'America» « Dava fastidio a Cosa Nostra » «La condanna a morte arrivò dall'America» LE RIVELAZIONI DI DON MASINO OROMA RA che il decreto di un giudice ostinato ha scoperchiato la tomba dove, da quasi 33 anni, riposano i resti del presidente dell'Eni, le novità - anzi, le verità - sul «caso Mattei» riaffiorano come incubi che di volta in volta magistrati, politici e investigatori avevano rimosso forse per timore di restarne prigionieri. Il «caso Mattei» torna d'attualità, coi suoi mille risvolti, le interpretazioni, gli accertamenti svolti e quelli mai fatti. Enrico Mattei ucciso in un attentato e non vittima dell'incidente aereo di Bascapè? Ma, assassinato da chi? Perché? Tante domande avranno bisogno di tempi lunghi per ricevere risposte, ed anche di pazienti ricerche: specialmente ora - dopo le affermazioni di Tommaso Buscetta - che l'ombra cupa di Cosa Nostra ha contribuito a rendere più fitta la nebbia attorno alla tragica fine di Enrico Mattei. Secondo il Grande Pentito, fu la mafia - la «commissione» dell'epoca (ottobre 1962) - a volere morto il presidente dell'Eni. Nelle rivelazioni che Buscetta ha affidato all'on. Pino Arlacchi, vicepresidente della Commissione Antimafia, e finite nel libro «Addio Cosa Nostra», i boss siciliani avrebbero diretto l'aoperazione» su input dei cugini americani, preoccupati perché Mattei «con la sua politica aveva danneggiato importanti interessi americani in Medio Oriente». «A muovere le fila - insiste Buscetta - erano molto probabilmente le compagnie petrolifere, ma ciò non risultò a noialtri direttamente, in quanto arrivò Angelo Bruno, della famiglia di Filadelfia, e ci chiese questo favore a nome della Commissione degli Stati Uniti». La «pista delle Sette Sorelle», già presa in considerazione precedentemente ed accantonata per la difficoltà di districarsi tra congiure internazionali e servizi segreti assassini, riprende così consistenza. Anche se Buscetta non dimostra particolare determinazione nell'esporre la tesi. Lui si limita, molto onestamente, a riferire quello che sa: «Non conosco i dettagli dell'attentato e non credo che altri li conoscano, fatta eccezione ovviamente per gli esecutori. Non sono in grado di affermare se 6 stata usata una bomba o qualche altro sistema». Ma, a parte la fase dell'esecuzione, don Masino ha specificato bene chi erano i personaggi investiti dell'«operazione»: Totò Greco, Stefano Bontade e Giuseppe Di Cristina. Tre capimafia molto, come dire, politicizzati: tutti bene inseriti nel sistema di potere siciliano e non solo. Qualcuno - Bontade, per esempio persino portatore di «idee innovatrici» come la proposta di alleanza tra mafia e massoneria, se non addirittura la supremazia della Fratellanza nella gestione di Cosa Nostra. C'è poi nella vicenda un altro personaggio di non secondaria importanza: Graziano Verzotto, rappresentante dell'Agip in Sicilia in quel periodo, poi senatore democristiano oltre che «maggiorente» di Siracusa per via delle amicizie tra i potenti, oltre che per la notorietà dovuta alla presidenza del «Siracusa Cai- ciò». Fu lui, secondo Buscetta, che - ignaro del progetto assassino della mafia - si preoccupò di tranquillizzare Mattei mettendolo in contatto con alcuni boss e promettendo l'appoggio dell'Onorata Società. I mafiosi «adescarono» il presidente dell'Eni, portandoselo a caccia in una riserva di Catania, mentre qualcuno sabotava l'aereo parcheggiato sulla pista dell'aeroporto di Fontanarossa. Sarà interessante sapere se Verzotto unico teste, oltre a Buscetta, ancora in vita - sarà interrogato (ammesso che non sia già stato sentito) e se confermerà le rivelazioni del Grande Pentito. Ma il «caso Mattei» nasconde un segreto nel segreto: la scomparsa e la morte del giornalista Mauro De Mauro, avvenuta a Palermo nel settembre del 1970. Buscetta lascia intendere che il cronista del giornale «L'Ora» fu preso e ucciso per volontà di Stefano Bontade. Il motivo: De Mauro, incaricato dal regista Francesco Rosi di scrivere il «trattamento» per un film sulla morte di Mattei, si sarebbe avvicinato molto alla verità, tanto da indurre Cosa Nostra ad intervenire. De Mauro fu prelevato sotto casa e chissà dove seppellito, ovviamente dopo «regolare interrogatorio». Questa tesi, però, non è accettata da tutti. L'ipotesi che il giornalista si fosse imbattuto in uno «scoop» sulla morto di Mattei, risulta poco credibile allo stesso Rosi. Il regista, infatti, ha sempre ripetuto che De Mauro non aveva fatto un'inchiesta approfondita, per il semplice fatto che ciò non gli era stato chiesto. Il cronista doveva semplicemente ricostruire le ultime ore di Mattei, cosi come risultava dalle cronache pubblicate dai giornali. Punto e basta. Un'idea presa in considerazione da Giovanni Falcone e, prima ancora, dal vicequestore Boris Giuliano (ucciso nel 1979), semmai lasciava trasparire la possibilità che De Mauro - contattando una serie di persone in relazione al «caso Mattei» - si fosse imbattuto in un «affaire» che maturava proprio in quella fine estate del 1970: il tentativo di colpo di Stato messo in atto dal principe «nero» Junio Valerio Borghese, o quantomeno l'identificazione - magari attraverso le confidenze avute dal commercialista Buttafuoco - di alcuni dei «finanziatori» di quel golpe. Anche il «caso De Mauro» è stato riaperto: ora marcia parallelo al «mistero di Bascapè». Francesco La Licata La scena del disastro a Bascapè Sopra, Enrico Mattei Sotto, Tommaso Buscetta Avrebbe danneggiato gli interessi dei petrolieri Usa in Medio Oriente