Rinasce il sogno del Vasari

Si svelano oggi gli affreschi di Santa Maria del Fiore a Firenze Si svelano oggi gli affreschi di Santa Maria del Fiore a Firenze Rinasce il sogno del Vasari Un «Giudizio» che sfida la Sistina />a | FIRENZE L" Il è aspirati su come dall'a% scensore d'un vecchio il Grand Hotel, meglio - data hij la lentezza che ti fa assaporare l'interminabile cammino d'approccio - come una cabina da minatori che torni a veder la luce, su, tra le pepite del cielo dipinto. E se intrufoli lo sguardo curioso tra le maglie d'acciaio del montacarichi, li pare scenderti incontro lo sguardo un poco burbero e canzonatorio del grande Federico Zuccari, col suo cappello ribaldo di zingaro della pittura e gli occhi un poco cotti dalla protratta stanchezza. Non proprio così entusiasta di quest'intrusione moderna, che osa penetrare tra i magici arcani della sua vernice d'illusionista. Ma il colpo d'occhio, quando arrivi su finalmente (settanta metri di dislivellol allo zoccolo di questa prodigiosa pagina d'affresco della cupola di Santa Maria del Fiore, è di quelli che non si dimenticano, che tolgono il fiato. Un'emozione che chiunque dovrebbe esperire. Era da almeno quindici anni che questa immensa tela di fantasia pittorica (quasi quattromila metri quadrati intieramente fioriti di personaggi, dettagli, mostri e moniti religiosi: il più esteso ciclo della cristianità) era celata alla vista. Per permettere il restauro, interamente finanziato dal ministero dei Beni Culturali, coordinato da Cristina Acidini e Riccardo Dalla Negra. Il bianco telo che protegge la vista della cupola si affloscerà questa sera come una fluttuante medusa, scoprendo la miracolosa partitura affrescata. Qualcosa di illusionistico, di circense circola in questo grandioso progetto di Giudizio Universale con demoni unghiuti e deformi, angeli ribelli e ringhianti, solenni vegliardi che guardano giù, dal trapezio acrobatico del Tabernaculus Era il grande sogno di Vasari pittore, che sperava così di emulare e forse anche superare il Giudizio di Michelangelo. Ormai già tempralo da altre commesse della famiglia Medici (papi e granduchi), lascia volentieri Roma per gettar¬ si sui ponteggi, inaugurati nel 1572. Ha grandi ambizioni: esige molti collaboratori, muratori, manovali, garzoni per mescere colori e soprattutto «un maestro d'importanza, pitore pratico che stia sempre in sull'opera e che guidi tutti gli altri». Ma le cose non vanno cosi grandiosamente come spera: Cosimo I, l'unico committente, è diventato guardingo e parsimonioso. Come socio collaboratore Vasari otterrà (oltre al Passignano e al fiammingo Pietro Candido) anche l'ausilio di Lorenzo Sabatini, che proviene dalla scuola bolognese di Pellegrino "ribaldi. E' il primo a salire sui ponteggi e ad inaugurare una tecnica a secco che certo non poteva soddisfare il vetusto teorico della pittura a fresco, che corona antiche stagioni di specializzate botteghe fiorentine. Coi suoi colori caldi, affocati, così diversi dalla pittura ghiaccia e cruda del Vasari, Sabatini dipinge a «mezzo fresco», cioè quando l'intonaco sta già asciugandosi, trasponendo con il metodo delle incisioni cartoni che sicuramente provengono dal vecchio maestro: e può dunque permettersi pentimenti, ripassi e stratificazioni di colore. Si attiene comunque scrupolosa- mente alla grandiosa Inventione che lo Spedalingo degli Innocenti, don Vincenzo Borghini, ha tracciato per il Vasari: un meticoloso programma iconogafico, assai rispettoso dei recenti dettami del Concilio di Trento, che anche l'autorevole pittore vuole omaggiare, con le sue narrazioni chiare e illuminanti. Storie bibliche, con particolare riferimento all'Apocalissi di Giovanni: tentativo di sistemare la grande e pericolosa cultura teologica medievale, con vari riferimenti pure a Dante, che Vasari ritrarrà, tra i rarissimi suoi personaggi riconoscibili. Avrebbe voluto emulare Michelangelo, con una commistione più ardita di dannati e redenti. Ma Borghini impone una parcellizzazione del cielo, e delle figure simboliche (dai Vegliardi alle Virtù, alle Beatitudini) molto più rigorosa e simmetrica. Quasi suddivisa a spicchi teologici. Gruppi composti, senza possibilità di equivoci su chi sarà innalzato al cielo e chi precipiterà all'Inferno. Qualcosa non funziona, tornia¬ mo a rendercene conto: Vasari forse è scontento di questa pittura veloce che sfugge al controllo esatto della giornata a fresco, sale lui stesso, stanco e malato, sui ponteggi, esegue alcune perfette porzioni di gruppi compatti, ma muore, nel 1574. Due mesi dopo scompare anche Cosimo. Il figlio, Francesco, deludendo le aspettative dei fiorentini, chiama un artista di grido, ma «straniero»: Federico Zuccari, l'urbinate, già celebre per le decorazioni di Caprarola. Lavoricchia per i Farnese e si precipita ben volentieri su questi ponteggi, vedovi d'un artista ch'egli ostenta di disprezzare. Sarà anche per lo scarso peso che il Vasari ha dato nelle Vite a suo fratello Taddeo, l'incompreso (basta leggersi le divertenti, schernenti notazioni a lato del suo esemplare chiosato). Sta di fatto che arriva sui ponteggi, e vorrebbe rivoluzio¬ nare tutto: ma ci sono i cartoni già pronti, c'è soprattutto un rigidissimo programma da omaggiare e il Borghini in agguato, sospettoso. Picconare alcune parti residue risulta impossibile, ma le radiografie °88'< Pur schermate dal troppo piombo, e soprattutto le residue «cicatrici» di primarie incisioni, lasciano intuire come Zuccari abbia coperto e «rimodernato». Porta soprattutto la vita, la cronaca, lui che rappresenta la tendenza imprenditoriale romana, raffaellesca (con transito pure in Laguna), contro l'algida tradizione fiorentino-michelangiolesca, «imbalsamala» dal manierismo del Vasari. Nella schiera del Popolo di Dio (con un ardire che mai il suo predecessore avrebbe avuto) ritrae il proprio padre o Taddeo e se stesso o magari dei monaci in visita. E' tutto un vanitoso spintonarsi di personalità, alla So¬ relle Bandiera: dal Giambologna con squadra e mazzuola ni granduca Cosimo o ancora al Borghini, col dito levato. E qualche critico è convinto che, in visita sui ponteggi, l'Empoli, per esempio, abbia lasciato la firma di un suo angelo pontonnesco. Libero ed estroso, Zuccari confonde le sagome, sbaglia le simmetrie di vizi e virtù: così l'asino, qui, ha le zampe e la pancia pingue di un orso, che si ritrova invece a sorpresa degli zoccoli. E siamo davvero a pochi passi dagli abbozzi a carboncino della goyesca Quinta del Sordo: dalle parti di Daumier. Nes sun dubbio (guardando un gruppo petulante di angeli in conversazione) che Delacroix sia salito fin qui sul ballatoio praticabile (certo ci venne lo scandalizzato Pietro da Cortona, che voleva imbiancare tutto). Eppure, davvero, col suogu sto teatrale, con quei cadaveri squartati, alla Vesalio, che nascondono nel petto ossuto tiranti e anelli funzionali ai ponteggi, Zuccari apre al mondo illusivo, scenografico del Barocco. E' incredibile vedere a pochi metri queste immense figure di vecchie plurì-mammeltute e cascanti, questi piedoni grandi dieci volte la natura, petrosi dannati danteschi che «fanno amendue le fiche» o furiose rane fromboliere alla Bosch, con la lingua fuori per la libido d'uccidere. Si direbbe che la Controriforma non abbia osato avventurarsi sin quassù: se no, altro che mutandoni di Daniele da Volterra! Dei pmvi da crociera ci vorrebbero, per coprire quei cirindelli (come dicono da queste parti) penduti come stalattiti: oppure dannali acciuffati per i testicoli, o libidinosamente sodomizzati con le fiaccole del contrappasso. Poetica, invece, l'invenzione del putto che ferma il mondo con un chiodo, il Giorno del Giudizio: «cessando in quel di l'operatione». La morte spezza la falce, non c'è più bisogno di lei e del Dolore, la Natura s'addormenta con le figlie Stagioni, la Chiesa si spoglia delle anni e diventa Trionfante. Anche Gesù non è più il Cristo vade retro di Michelangelo, che respinge i peccatori: ma l'Intercessore, che mostra le sue piaghe a un Dio che non c'è Sostituito forse dalla luce del Tabernacolo. E dire che per un eccesso di purismo, persino Ragghiami, negli Anni '50 propose la follia di staccare gli affreschi, per riportare ad un immaginario biancore l'ottagono del Brunelleschi: senza tener conto che lui stesso aveva previsto le buche puntali per sopportare le impalcature onde decorare a mosaico la volte. Dio ne scampi dagli storici dell'arte! Marco Vallora Demoni unghiuti, figure audaci «rimodernati» dall'ostile Zuccari Un restauro durato 15 anni: ora è possibile distinguere l'opera dei vari artisti ero dei Beni Culturali, coor da Cristina Acidini e Riccarlla Negra. Il bianco telo che ge la vista della cupola si afrà questa sera come una flute medusa, scoprendo la mira partitura affrescata. lcosa di illusionistico, di cir circola in questo grandioso tto di Giudizio Universale emoni unghiuti e deformi, anbelli e ringhianti, solenni vei che guardano giù, dal trapecrobatico del Tabernaculus grande sogno di Vasari pittoe sperava così di emulare e anche superare il Giudizio di elangelo. Ormai già tempralo tre commesse della famiglia ci (papi e uchi), la volentieri per gettar¬ di Santa Maria del Fiore a Firenze Storie bibliche, con particolare ferimento all'Apocalissi di Giovani: tentativo di sistemare la grane pericolosa cultura teologica mdievale, con vari riferimenti pureDante, che Vasari ritrarrà, tra i rrissimi suoi personaggi riconosbili. Avrebbe voluto emulare Mchelangelo, con una commistiopiù ardita di dannati e redenti. MBorghini impone una parcellizzzione del cielo, e delle figure simbliche (dai Vegliardi alle Virtù, aBeatitudini) molto più rigorosasimmetrica. Quasi suddivisa a spchi teologici. Gruppi composti, seza possibilità di equivoci su csarà innalzatocielo e chi prepiterà all'Infno. Qualcosa nfunziona, torn L'interno della cupola. Sopra, un particolare degli affreschi (da «Il Giornale dell'Arte») La cupola di Santa Maria " del Fiore a Firenze

Luoghi citati: Caprarola, Cortona, Firenze, Roma, Trento, Volterra