L'Islam nel cielo di Roma

I/Islam nel cielo di Roma TRA FEDE E CULTURA E' la più grande d'Europa: progettata da Portoghesi, è costata cinquanta milioni di dollari I/Islam nel cielo di Roma Domani, dopo 8 anni, s'inaugura la moschea IROMA ERAHIM Mubarak, anzi il dottor Ibrahim Mubarak, è felice. Ibrahim Mubarak, laureato in Scienze Politiche al Cairo con pieni voti, è un vu' cumprà vale a dire un immigrato dal Nord Africa. Il dottor Ibrahim Mubarak fa il pizzaro, a Roma. Le pizze che il dottor Ibrahim Mubarak confeziona sono fra le più buone, posso garantirlo. E posso aggiungere, poiché Ibrahim è mio amico, che egli mi aiuta, da anni ormai, nella mia fatica di studioso dell'Isiàm: con intelligenza e con amore, grazie alla sua cultura, grazie alla sua spiritualità. E' felice, l'amico Ibrahim, perché domani la moschea di Roma sarà «ufficialmente inaugurata». «Finalmente - dice -, avremo un luogo dove raccoglierci, dove meditare, dove pregare». Attenzione: il mio amico mette al terzo posto il pregare. E infatti la moschea non alberga nessuna divinità; è sì un oratorio, e come tale un luogo di preghiera, ma a differenza del cristiano che non può prescindere dal tempio e dal sacerdote per celebrare il mistero di Gesù, figlio di Dio, il musulmano può celebrare Iddio in qualsiasi momento, ovunque egli si trovi. Gli basterà un minuscolo tappeto, o magari una pagina di giornale per difendersi dall'impurità e l'orientamento verso la Mecca, là dove si vuole che Abramo abbia posto la «sacra» Pietra Nera custodita nella Kaaba, una sorta di cubico tabernacolo piantato nel cuore della moschea meccana. Majid al Haram: il recinto sacro, meta sospirata delVhadji, quel pellegrinaggio che «ha per ricompensa il Paradiso». Nel tempo protoislamico il sacro recinto era spesso un semplice muretto a secco che separava la gente radunata per parlare del quotidiano, per meditare, per pregare, «da ciò che è impuro». Nell'Islam primevo il costruito rimase sempre precario a causa della situazione antropologica degli Arabi: nomadismo in assoluta maggioranza, marginale l'aspetto stanziale. Ciò spiega perché la relazione tra Isiàm e architettura sia quanto meno atipica. La complessità architettonica degli edifici islamici è il risultato dell'incontro della «nazione del deserto» con altri popoli: i Persiani, i Bizantini, i Greci, eccetera. Le moschee sorgono quando i musulmani nella loro impetuosa (e per molti versi misteriosa) cavalcata di conquista dilagano sino all'Asia Centrale, sino all'Europa. E sono, le moschee, immense pietre miliari poste a scandire quel grande percorso nella Storia. Da quella di Medina che il califfo Al Walid (705-715) edificò sulle tracce d'una basilica bizantina, alla moschea di Damasco, la più grandiosa e splendida d'Oriente. Pietre miliari. A suo modo lo è anche la moschea di Roma, «il monumento all'Isiàm più grande d'Europa»: suggella otto anni di lavoro reso tormentoso da problemi diremo tecnici, da insidie burocratiche, da ostilità politiche, da preoccupazioni ambientali. E corona la fatica appassionata dell'ambasciatore dell'Arabia Saudita, Khaled N. Al Torki, diplomatico e gentiluomo di razza che chiude proprio domani 18 anni di impareggiabile mandato a Roma. La moschea è costata 50 milioni di dollari, 35 dei quali vengono giustappunto dall'Arabia Saudita. Ma com'è la moschea di Roma progettata da Paolo Portoghesi insieme con Vittorio Gigliotti e Sami Mussawi? «La moschea di Roma - ha scritto Christian Norberg Schultz, il famoso storico e critico dell'architettura -, combina tratti significativi della tradizione islamica con un senso tutto romano del luogo, costituendo così una imago mundi che pur essendo "straniera" è altresì ben radicata nell'ambiente locale. Tale convincente soluzione di un problema "illogico" le conferisce lo statuto di vera e propria opera d'arte». Io che di moschee ne ho viste tante in ragione del mio lavoro, vorrei non azzardare un giudizio, bensì una sensazione: la moschea di Roma è il tentativo, riuscito in massima parte, di fondere la tradizione con l'innovazione, insomma l'antico con il post-moderno. A ben guardare quella di Paolo Portoghesi è una felice mistura di Damasco e di Cordova, di Santa Sofia e di Isfahan, della chiesa salernitana della Sacra Famiglia - dello stesso Portoghesi - e della cupola di San Ivo del Borromini. Con «citazioni» di Wesley Peters e Pier Luigi Nervi. Il progetto della moschea è stato sezionato, radiografato, dissacrato, esaltato e infine dimenticato. Oggi tuttavia si libera di otto anni difficili per finalmente e definitivamente stagliarsi contro il cielo drammatico di Roma. Oggi la moschea è dentro Roma e a vederla, bianca e verde, con l'esterno austeramente in sottili mattoni come quelli rinascimentali di Palazzo Farnese, la perfetta cupola centrale (25 metri) circondata da 16 più piccine, a vederla sembra che ci sia sempre stata, a Forte Antenne. E' oramai un monumento. Classico. Ma i più ignorano cosa c'è dietro codesta moschea. Il sistema delle moschee, spiega Paolo Portoghesi, è tenuto insieme da una legge ferrea che vuole tutti gli edifici destinati al culto islamico orientati verso un punto preciso della Terra. «Una fotografia ripresa da un satellite collocato sull'asse verticale della Kaaba, consentirebbe ie». aso e fronte delle mani, varica mani uci verso la oria al mio siede con la ula -Allah è e cosce viciposizione re con la forll'infuori di bo e islamistica di vedere questo sistema di elementi isoorientati che apparirebbero dall'alto come i grani di limatura di ferro attirati dal polo di una calamita». Il problema che si poneva era, quindi, di costruire uno di questi «grani di limatura» colpito dal campo magnetico formato dal polo remoto, ma prepotente, della Kaaba e da altri campi via via più vicini: l'Occidente, la città di Roma, l'intorno naturale, la collina, il Tevere, la linea ferroviaria che sfiora il sito, le strade che conducono alla moschea, un edificio «che ho desiderato, influenzato, anzi plasmato dalla interferenza dei campi, e rispetto al quale il mio sogno di architetto era di esercitare un ruolo di pronubo, di catalizzatore: comi; quello di certi insetti che portano il polline da fiore a fiore, consentendo a pianto diverse, e lontane fra di loro, di dare un unico Imito» (...) «Riproponendo le nervature intrecciate ho voluto, poi, offrire alla mente degli osservatori un itinerario pendolare da Oriente a Occidente; ho voluto rievocare incontri già avvenuti fra cultura islamica e cultura italiana, sì da riprendere un dialogo più volte interrotto». Allo stesso ordine di esi¬ genze tecnico-culturali corrisponde la scelta, per le cupole, dell'immagine cosmica dei centri concentrici: «E' una immagine naturale; piena di forza e di seduzione per la corrente di metafore che induce nella nostra niente. Basta un sasso gettato nello stagno o il guizzo d'un pesce a ricrearla magicamente: segno mobile sulla superficie dell'acqua colpita dalla luco». La luce: recita il Corano: «Dio è la luce dei cieli e della terra (...) arde la lampada dell'olio d'un albero benedetto: un ulivo (...) egli e luce su luce». L'ulivo da cui viene l'olio non ì; orientale né occidentale poiché Dio è unico e la sua parola universale: «La lettura di questa pagina coranica ha avuto un molo determinante nella progettazione della moschea di Roma». Più di dieci anni fa, a Rimini, durante le giornate del «Pio Manzu», venne per la prima volta esposto il plastico della moschea di Portoghesi, Allora la presenza degli extracomunitari, in massima parte musulmani, non interessava. Oggi un calcolo prudente la assommare a 300 mila i musulmani in Italia. Allora l'Isiàm era roba da iniziati oggi è un problema. Roma e Milano accolgono 50 mila musulmani ciascuna. A Torino ne vivono 10 mila. Tutti gli altri sono sparsi un po' dappertutto. Dai pescatori di Mazara del Vallo ai vu' cumprà di Rapallo. Per l'Italia, che il Censis definisce in un suo rapporto «un caso demografico», la presenza degli immigrati stranieri sta diventando una «necessità fisiologica»: in un domani non troppo lontano (già fra cinque anni, nel 2000) le proiezioni suggeriscono che saranno i Paesi in calo demografico (come il nostro) ad avere maggior bisogno di manodopera proveniente dai Paesi in via di sviluppo, in particolare dal Nord Africa, dal Vicino e Medio Oriente. Oggi l'Isiàm è di moda. Un vero e proprio processo di isla- mizzozione, ha scritto Antonio Gnoli, sta lentamente ri disegnando i tratti culturali della vecchia Europa cattolica e protestante, Tra i best seller, il Corano fa concorrenza a Eco. Anche i giovani scoprono l'Islam, come ho avuto modo di verificare durante la guerra del Golfo. Perché? Forse perché, come scrive l'islamista Sergio Noja, l'Isiàm «e mollo umano». Isiàm e Cristianesimo hanno in comuni! l'affermazione del Dio Uno, trascendente, creatore, retributore. Dio creatore interviene nella storia dell'umanità; a lui è allìdata la sorte del fedele e dell'empio. Il dono della fede è proposto «all'adesione dell'intelligenza e del cuore», la vila morale fa riferimento a Dio, e il peccato è il rifiuto della legge divina. Sennonché il fondamentalismo sudanese, il radicalismo dell'Iran sciita, la tragedia algerina, la slessa guerra in Bosnia avallano l'idea blasfema che l'Isiàm esporti (oltre al petrolio) fanatismo e terrorismo, E' una menzogna inde ente, figlia naturale del razzismo e d'una sorta di neocolonialismo psicologico. Il Corano non c'entra con le pratiche inquisitorie introdotte nel mondo islamico nel corso dei secoli da questo o quel califfo. Allo stesso modo Gesù non è responsabile del le Crociate, dell'Inquisizioni!. Vorrei dire che l'integralismo religioso nuoce all'Isiàm quanto l'Inquisizione (che, per inciso, stabilì il delitto d'opinione) nuoce al Cristianesimo. Questo per concludere come sarebbe opportuno che l'Occidente, con i suoi studiosi, coi suoi politici, con i suoi intellettuali aiutasse le forze genuine del'Islàm rivisitato a canalizzare il risveglio islamico verso sbocchi costruttivi. Questo dobbiamo fare: non è certo con la tattica dello stmzzo che si può esorcizzare quel tanto di maligno che certi apprendisti stregoni hanno innestato nel risveglio islamico trasformandolo in un riflusso negativo, pericoloso. Ma è possibile, come auspica Zi ■ ne el Abidine Soliti, ambasciatore del Marocco, presidente del Centro Islamico, un «incontro» fra noi e l'Isiàm? Risponderò con il prof. Franco Cardini che è possibile ma presuppone la rinuncia al carattere etnocentrico del modo nostro di guardare l'Isiàm. Igor Man «Combina i tratti significativi della tradizione musulmana con quelli della Capitale» La cupola è di 25 metri Un punto di riferimento per i trecentomila musulmani che vivono in Italia LE REGOIE NELLA MOSCHEA INGRESSO. All'ingresso del tempio (l'accesso è consentilo a tutti), il fedele compie le abluzioni rituali: lava i piedi, le mani e quindi le braccia fino all'ornilo, purificandosi dalle impurità di questo mondo PREGHIERA. /// preghiera riene ripetuta cinque rotte al giorno: all'alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e a tarda sera, seguendo l'invito del muezzin. Li preghiera in se può venire compiuta da soli o seguendo l'Imam. LITURGIA, la liturgia che regola la preghiera è minuziosa. 1. In piedi, il fedele rivolge lo sguardo verso la Mecca, poi alza le mani ai due lati ilei viso e ripete la formula -Allah è grande». 2. Pone la mano destra sulla sinistra e recita la prima Sura del Corano, composta di selle versetti, assieme ad un altro passo del Corano. 3. Le mani vengono alzate ai due lati del viso, proferendo di nuovo le parole Allah è grande: il fedele si prepara ad inchinarsi 4. L'inchino parte dai fianchi fino a far assumere alla schiena la posizione orizzontale, con le mani poste a dita allargate sulla parie superiore delle ginocchia, e si ripete per tre volte "Gloria al mio Signore, il Crande: 5. Rialzatosi, il fedele pone di nuovo le mani ai lati del viso e dice: -Iddio ascolla chiunque lo ringrazi», aggiunge poi: 'Signore nostro, ti siano rese grazie». 6. Ci si prostra due volle con naso e fronte che toccano terra tra le palme delle mani, pure poste a terra. 7. Mentre si prostra, il fedele divarica mani e cosce, puntando dita e alluci verso la Mecca e ripetendo Ire volte -Gloria al mio Signore il più Allo». Dopo la prostrazione, il fedele siede con la schiena dritta e ripete la formula -Allah è grande» ponendo le mani sulle cosce vicino alle ginocchia. Nella slessa posizione recita altre preghiere e termina con la formula -Non c'è altra divinità all'infuori di Dio». FONTE: Pontilicio istillilo di sludi d'arabo e islamistica . ~ ~~ - grande» ponendo le mani sulle cosce vicino alle ginocchia. Nella slessa posizione recita altre preghiere e termina con la formula -Non c'è altra divinità all'infuori di Dio». FONTE: Pontilicio istillilo di sludi d'arabo e islamistica . ~ ~~ - bianca e verde, con l'esterno austeramente in sottili mattoni come quelli rinascimentali di Palazzo Farnese, la perfetta cupola centrale (25 metri) circondata da 16 più piccine, a vederla sembra che ci sia sempre stata, a Forte Antenne. E' oramai un monumento. Classico. Ma i più ignorano cosa c'è dietro codesta moschea. Il sistema delle moschee, spiega Paolo Portoghesi, è tenuto insieme da una legge ferrea che vuole tutti gli edifici destinati al culto islamico orientati verso un punto preciso della Terra. «Una fotografia ripresa da un satellite collocato sull'asse verticale della Kaaba, consentirebbe quindi, di costruire uno di questi «grani di limatura» colpito dal campo magnetico formato dal polo remoto, ma prepotente, della Kaaba e da altri campi via via più vicini: l'Occidente, la città di Roma, l'intorno naturale, la collina, il Tevere, la linea ferroviaria che sfiora il sito, le strade che conducono alla moschea, un edificio «che ho desiderato, influenzato, anzi plasmato dalla interferenza dei campi, e rispetto al quale il mio sogno di architetto era di esercitare un ruolo di pronubo, di catalizzatore: comi; quello di certi insetti che portano ce dei cieli e della terra (...) arde la lampada dell'olio d'un albero benedetto: un ulivo (...) egli e luce su luce». L'ulivo da cui viene l'olio non ì; orientale né occidentale poiché Dio è unico e la sua parola universale: «La lettura di questa pagina coranica ha avuto un molo determinante nella progettazione della moschea di Roma». Più di dieci anni fa, a Rimini, durante le giornate del «Pio Un punto di riferimento per i trecentomila musulmani che vivono in Italia sparsi un po' dappertutto. Dai pescatori di Mazara del Vallo ai vu' cumprà di Rapallo. Per l'Italia, che il Censis definisce in un suo rapporto «un caso demografico», la presenza degli immigrati stranieri sta diventando una «necessità fisiologica»: in un domani non troppo lontano (già fra cinque anni, nel 2000) le proiezioni suggeriscono che saranno i Paesi in calo demografico (come il nostro) ad avere maggior bisogno di manodopera proveniente dai Paesi in via di sviluppo, in particolare dal Nord Africa, dal Vicino e Medio Oriente. Oggi l'Isiàm è di moda. Un vero e proprio processo di isla- inUbnall'stdmdfoddBchlimranrinisqmlerssdsccsarcnstdrindteFprg A destra e in basso la moschea di Roma Sotto l'architetto Paolo Portoghesi