Sinfonie di Gustav Mahler Nuovi interpreti a confronto

F I DISCHI Sinfonie di Gustav Mahler Nuovi interpreti a confronto N trent'anni le interpretazioni discografiche delle sinfonie di Gustav Mahler si sono moltiplicate, evadendo a poco a poco dai bastioni musicali che le avevano mantenute bene o male in repertorio: la Philharmonic di New York, il Concertgebouw di Amsterdam e la Philharmonic ceca. Spandendosi nel mondo, eseguita oggi da tutte le orchestre, diretta da numerosi direttori,-la musica di Mahler accede a una universalità che la fa sfuggire alle «tradizioni» interpretative fondate da Bruno Walter, Otto Klemporer, Charles Adler. La parola tradizione va presa, ancora una volta, con le pinze: ognuno di questi direttori fu elevato ad assistente o amico di Mahler e ciascuno dirigeva la sua musica in modo differente. Pierre Boulez, nella «Sesta Sinfonia» (Deutsche Grammophone, 1 Cd) con la Philharmonic Orchestra di Vienna, non evacua la carica espressiva ma non ne fa una questione preliminare. Il direttore espone con un suono eccellente la carica minerale della musica mahleriana, già collocata nello spazio in modo strabiliante. Le sue frasi sono flessibili, il suo rubato elastico, la sua dinamicità tosa però mai spettacolare. Boulez non rende teatrale ciò che non lo deve essere. Il finale, cosi problematico nella direzione di altri direttori, è l'apoteosi nella disfatta annunciata e non detta nelle prime note dell'opera. Una delle interpretazioni più convincenti dell'opera e insieme uno dei migliori dischi di Boulez. Continuiamo con Gustav Mahler, proponendo la «Settima Sinfonia» (Decca, 2 Cd) con Riccardo Chailly alla di- timi con rezione della Royal Concertgebouw Orchestra. Se nella «Quinta sinfonia» il gigantismo assume una dimensione orizzontale tra distese desolate e sconfinate, la «Sesta» evoca visioni verticali e gotiche, la vastità di concezione della «Settima» si sviluppa per linee ondulate o circolari, secondo lo stile floreale o Jugendstil. Una sinfonia che allinea una serie di bellissime immagini ma che vengono concepite come deformate da uno specchio. Nella presentazione del disco, Quirino Principe scrive: «Tra il principio di relatività, enunciato in forma «ristretta» da Einstein nel 1905, e la coetanea Settima, in cui la tonalità tende ad essere se stessa ed altro da sé, esiste una casuale ma illuminante affinità». Questo gioco della sorpresa e dell'ironia è ben espresso nell'interpretazione di Chailly, che conduce con grande raffinatezza ed equilibrio l'ottima orchestra tra lo luminosità e le ingegnosità dell'opera mahloriana. La bellezza di questo disco è accresciuta dall'inserimento in apertura del primo Cd dell'«Im grossen Schweingen» del compositore Alphons Dicpenbrock. Passando alla lirica, va segnalata la versione del «Trovatore» di Giuseppe Verdi (Decca, 2 Cd). Un cast di stelle. Molti hanno già dato un buon contributo all'opera italiana ma trovano ancora i mezzi per far aumentare la tensione in un capolavoro che non ha più segreti per i più famosi fra di loro: in catalogo ci sono già due interpretazioni di Pavarotti nel ruolo di Trovatore. L'intonazione è stupefacente per precisione ma il grande tenore oggi canta il suo molo piuttosto macchinalmente, aspettando cortesemente il suo turno nei dialoghi, anche nel gran duetto con Azucena (Shirley Verrett). Leo Nuci (il Conte) incarna senza audacia; Antonella Banaudi (Leonora) attende la sua aria di bravura «D'amor sull'ali roso» per uscire brillantemente con eleganza. Nessuno possiede tante sfumature nella voce come Shirley Verrett. Lei riesce a suggerire con le mezzetinte tutte le sottigliezze psicologiche di un ruolo più che adatto per lei: Azucena. Zubin Mehta, alla guida dell'Orchestra e del Coro del Maggio Fiorentino, fornisce un ideale supporto al cast. Infine una segnalazione per un compleanno festeggiato con un disco. La ricorrenza è quella dei quarantanni di registrazione del Beaux Arts Trio con la Philips. In un cofanetto di quattro Cd vengono riunite le interpretazioni di Beethoven, Schumann, Mcndelssohn, Haydn, Schubert, Ciaikovskij. E le registrazioni monofoniche che i grandi Beaux Arts hanno fatto dei trii di Ravel, Haydn e Fauré. Alessandro Rosa >sa

Luoghi citati: Amsterdam, New York, Vienna