Quasi cieco ma visionario di Marco Vallora
Bruxelles riscopre la singolare figura di Laermans Bruxelles riscopre la singolare figura di Laermans Quasi cieco mansionario Sulle orme inquiete di Rops e Kubin XI BRUXELLES I I UASI un torso umano, un I I freak: per lo meno a sen1 I tirlo raccontare da certi Y I "mici simbolisti. E certo V un pittore orbo, quasi cieco, non è un'eccezione da poco. E pure un pittore di tutto rispetto: puntualmente ricordato nei manuali sulla pittura belga, omaggiato, riverito, ma poco conosciuto. Chi compie, sia pure sommariamente, certi slalom documentari per i musei del Belgio, sbaglia se non si è accorto almeno una volta della singolare figura di Eugène Laermans, artista discontinuo ma interessante. Ora, la Galerie du Crédit Communal, nel Passage 44, gli dedica una stimolante monografica, finalmente rappresentativa, se non esaustiva. La sventura si abbatte su Laermans quand'era molto giovane, praticamente bambino. Una febbre tifoidea, forse una meningite, l'aveva reso un arbusto sofferente e ferito: integralmente sordo, impedito anche di parlare, per lo meno incomprensibile ai piii, e progressivamente assalito dalla cecità (possiamo immaginare con quale angoscia, per un disegnatore così precocemente dotato). Viveva come isolato dal mondo, camminando rabbiosamente al limitare della miseria suburbana, che tanto bene avrebbe cantato nella sua pittura «ufficiale». Perché, forse per rivalsa sociale, amò molto sottolineare quest'aspetto da bardo, che oggi può suonare un po' pompier. Partecipa infatti alle varie Accademie di Belle Arti, alle scuole di nudo (sono bellissimi i suoi carboncini d'accademia, che lo avvicinano ad un certo linguaggio intemazionale, che è di quegli anni, di Mancini come di Degas, Puvis o Michetti). All'inizio, molto suggestionato da Rops e dalla letteratura fiamminga, accentua quest'aspetto cimiteriale e lugubre: bellissime, kubiniane, le illustrazioni dei Fleurs du mal (titolo di per sé indicativo), con quella vecchia popputa e nuda sulle guglie d'una gotica Cattedrale (diresti la Notre Dame di certi neri acquerelli di Hugo) che sembra appendersi ai propri seni, quasi una maschera di carnevale oltraggiosamente assisa sulla sua tomba. Ma presto l'ispirazione macabre svanisce: per privilegiare l'aspetto naturalista alla Zola (di cui illustra Germinai): emigranti, falciatori con arnesi a vista, seminatori e mendicanti. Certi disegni monocromi possono ricordare gli urli sociali della Kollwitz, certe sfilate di protesta una sorta di Pellizza da Volpedo più legnoso e scolpito, che lo porta verso durezze di diaspro da Neue Sachlichkeit. Ed è curioso: quando propone il suo Cieco par proprio un Bruegel tradotto in gergo Novecento da Donghi. Incredìbili e probabilmente casuali le assonanze con gli italiani: ci sono Baigneuses casoratiane, nudi di schiena che potrebbero essere di Carena o Pirandello, poi muscolarità neo-barocche, che nell'enfasi socialista annunziano Guttuso. Ma non dimentichiamo: l'ambiente è pur sempre quello déco delle olandesine in panno Lenci, degli Zoccoletti di Mascagni. Un mondo fatto di fiordi, di latticini, di sorde lagune che s'infiltrano anche dentro la solitudine di coppie contadine che tornano a casa dopo il vespro (la colonna sonora è sempre l'organino della Winterreise di Schubert). Enterrement con sfondi più alla Corot che alla Courbet, un po' di Sorrow di Van Gogh (quei colori di carbone!), un po' di cartellonismo alla Steinlein, ma subito auto-castrato. Soffrire! Persino l'Acqua si fa Pensierosa, molti sono gli Intrusi che se ne devono Andare: mantelli tarlati alla Pitocchetto, Wanderer tarpati dal progresso - che si profila all'orizzonte, sporcando di ciminiere boccioniane l'azzurro venoso. E' un'ossessione che abita gli sfondi di tutti i suoi autoritratti. «Tutto questo è vivente e sarà vittorioso» lo confortava il poeta Werhaeren. E lui, ad un altro poeta: «Tu almeno non hai bisogno di tanti mezzi per creare i tuoi capolavori». Durante la prima guerra, lui che è già stato celebrato a Berlino, alla Secessione di Monaco e Vienna (perfino Pitti elemosina un autoritratto) non ha a disposizione nemmeno i colori. Disegna: ma il mal di testa lo perseguita, progressivamente l'acceca. Quando muore nel '40 non vede più ormai da decenni. Marco Vallora Incredibili e casuali assonanze italiane, rimandi a Carena, Casorati e Guttuso Due opere di Laermans in mostra a Bruxelles: sopra «La tempesta», a fianco «Contadini». Più in alto, a destra, «Stendhal en Lombardie» di Brauner
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