Egoisti uccidete la democrazia di C. A.
Un Sos dai filosofi a Bologna Un Sos dai filosofi a Bologna Egoisti uccidete la democrazia BOLOGNA DAL NOSTRO INVIATO Hanno parlato Norberto Bobbio, Ronald Dworking, Jurgen Habermas, Amartya Sen (doveva esserci anche Agnes Heller, la studiosa ungherese allieva di Lukàcs, ma non s'è vista). Hanno introdotto cinque giorni di discussioni sul tema «Sfide al diritto alla fine del secolo XX». L'Aula Magna dell'Università a Santa Lucia era affollata di settecento partecipanti: si celebrava il XVII convegno dell'Associazione internazionale di filosofia giuridica e sociale. Gli interventi, o le loro tracce, sono già riuniti in sette volumi di duemila pagine, e riversati su Internet (digitare ftp.cifid. unibo.it). Bobbio, presidente onorario, salutato «con affetto immenso» da Enrico Pattaro, il professore di Bologna che ha organizzato questo congresso mondiale, è stato applauditissimo. La sua testimonianza, anticipata ier: in parte da La Stampa, ha sottolineato il passaggio, negli ultimi decenni, dal diritto studiato dai filosofi al diritto studiato dai giuristi, dal diritto ideale e teorico al diritto reale (quello che c'è e quello che è possibile). «Le sfide che abbiamo davanti sono essenzialmente due - ha concluso Bobbio -. I diritti dell'uomo e la non violenza». «Possiamo salvare la democrazia?» s'è chiesto drammaticamente Dworking, che insegna diritto a New York e a Oxford, autore del fortunato I diritti presi sul serio. Dworking denucia lo spettro di «una vasta apatia», soprattutto negli Stati Uniti. «Votiamo in un numero sempre minore, c'è distacco dalla politica». Quali le cause? «C'è ingordigia, troppa ingordigia. E egoismo. Ognuno pensa a sé, al suo gruppo. Assistiamo a un'ondata di antiegualitarismo». Questo a livello individuale. Sul piano internazionale imperversano realtà inafferrabili: «Le multinazionali si sono trasformate in monarchie». Come uscirne? Riducendo la demagogia, facendo in modo di non rieleggere i presidenti per non farli troppo pensare ai tornaconti immediati, e puntando sull'autogoverno. «Questa Europa è contraddittoria - esordisce Habermas, considerato l'erede aggiornato della Scuola di Francoforte -. C'è ancora carenza di vera democrazia. Manca una cittadinanza europea». Lo studioso tedesco attacca gli euroscettici, che sostengono: siccome non esiste un popolo europeo, non c'è neanche uno Stato europeo. «Per me è sbagliato», afferma Habermas. Occorre aumentare la partecipazione, occorre soprattutto comunicare, coinvolgere, discutere. Il traguardo c'è: l'identità europea, il cui nucleo sono «le nostre tradizioni comuni». L'economista Amartya Sen ha lanciato uno sguardo pieno di disincanto e di speranza insieme su diverse realtà a Est e a Ovest, nel Nord e nel Sud del mondo. La carta vincente è sempre una: la democrazia; da ampliare, adattare, approfondire. Sen è d'accordo con Habermas sulla necessità di comunicare sempre di più: «Non c'è mai stata una carestia nei Paesi democratici. Perché? Perché, se la gente soffre, il governo non viene rieletto». I filosofi del diritto indicano le direzioni, gli orizzonti entro cui inserire i cambiamenti delle leggi. Il vecchio diritto scricchiola ovunque perché sono cambiati gli scenari politici, le composizioni sociali con le immigrazioni, i bisogni individuali. Al convegno si parlerà dei nuovi diritti di cittadinanza, di bioetica, del rapporto fra diritto e tecnologia: le banche dei dati economici, sanitari, personali sono sempre più perforabili. L'uomo è sempre più di vetro, ha la privacy a rischio, [c. a.]
Luoghi citati: Bologna, Europa, Francoforte, New York, Oxford, Stati Uniti
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