GAVAZZENI Amelio Duello tra Pagliacci di Sandro Cappelletto

1 1 1 Due debuttanti d'eccezione per Leoncavallo al Carlo Felice di Genova GAVAZZENI A AVAZZENI Amelio Duello tra i Pagliacci GENOVA E ne sta su una poltrona, fumando le sue sigarettine leggere, l'occhio rapace, luminoso come un gran vecchio di Rubens. «Non m'importa più nulla della musica. Sto leggendo gli scritti giovanili di Roberto Longhi: la pittura, la letteratura, la poesia non hanno bisogno di mediazioni. Il mestiere, invece, mi ha coinvolto in tutte quelle tremende compromissioni senza le quali non si fa teatro d'opera». Gianandrea Gavazzeni, ottantasei anni portati con superba incoscienza, debutta, al Carlo Felice il prossimo 27 giugno, nella direzione dei Pagliacci di Leoncavallo. «Sono impudico, imperverso ancora. Farei meglio a starmene nella mia casa di Bergamo. Il solo rapporto diretto per me con la musica è quando, al mattino, faccio un'ora di Clavicembalo ben temperato di Bach e ripeto, alla sera, le Variazioni Diabelli di Beethoven, in particolare la variazione n. 20, uno dei brani più misteriosi. Piaceva a D'Annunzio, che aveva orecchio infallibile e chiedeva a Pizzetti di suonargliela sempre, ad Arcachon, mentre lavoravano alla Fedra. Ecco la mia medicina: se potessi, mai più opere, mai più teatri. Ma ormai sono dentro al giro». Pagliacci allora, l'opera che Toscanini tiene a battesimo alla Scala nel 1892. A curarne la regia il teatro genovese ha chiamato Gianni Amelio e anche per lui è un debutto, la prima regia di un melodramma anzi di due, perché a Pagliacci è affiancato II tabarro di Puccini. Il regista, calabrese come il luogo dove Leoncavallo ha ambientato la vicenda, arriva con un po' di ritardo: in teatro, ha usato oltre l'ultimo minuto il tempo delle prove. Ha ascoltato dischi, guardato video, ma è un po' preoccupato dopo aver scoperto che i cantanti sono divi indisciplinati e testardi più degli attori. Ha ascoltato l'esordio del maestro, si è seduto accanto a lui. Il duetto può iniziare. GAVAZZENI: «Ah, i tenori! Ignoranti, rozzi, opachi, ritardatari, cacciatori di recite. Molto meglio le signore, più sensibili, più musicali. Con gli uomini non ci si in¬ Tra arte, scienza, moda e design esperti intemazionali, dal Nobel Hubel a Regge, a Hillman EROMA ERCHE' il gatto non distingue i colori? Quali emozioni ogni colore suscita? Perché il toro s'infuria per il drappo che gli viene agitato davanti agli occhi e non - come si pensava - per il colore rosso, che non è in grado di vedere? Quanti milioni di colori sono creati dai chimici e non esistono in natura? Quali i disturbi psichici che limitano la ricettività cromatica? Si dice «colore» e subito sul tema s'intrecciano scienza e arte, psicoanalisi e design, industria e mon- Ar\ Hr»lla rnmunirn7Ìnnp. rnnda P tende. Si prepari a delle delusioni, Amelio, con questo materiale». AMELIO: «Le delusioni più gravi me le posso dare io, maestro. L'ho imparato lavorando». GAVAZZENI: «Scoprirà che Leoncavallo è un mistero. L'uomo che aveva studiato lettere con Carducci a Bologna, in questo lavoro usa - e ha ragione - una lingua bassa, aspra, diretta. Diceva Emilio Cecchi: "Per uno scrittore non è questione di scrivere bene o male, è questione di tono vitale". E' cosi anche per l'operismo; non è questiono di bello o di brutto, ma di vitalità. In Pagliac ci c'è, al di là di tutte le balle crociane su poesia e non poesia. Por questo piace». AMELIO: «Ha ragione, maestro. Anche nel cinema, oltre al regista c'è un altro autore, il pubblico: ci sono film che diventano più belli se il pubblico li va a vedere. Nei miei Pagliacci l'unico dato d'ambiente sarà un anfiteatro, che richiama la Magna Grecia. Una presenza incombente, ma nessuna oleografia meridionale: niente paesello, asinelio, alberello». GAVAZZENI: «Ha visto gli ultimi Pagliacci di Zeffirelli, ambientati a Napoli, sotto la tangenziale, così diversi dal suo primo allestimento?». AMELIO (alzando le braccia in segno di resa, come se gli stesse franando addosso l'Aspromonte intero): «Siamo lontani, molto lontani». GAVAZZENI (in crescendo): «Se ne devono sopportare con i registi. E quel Ronconi, poi: completamente sordo alla musica. Lo evito, lo esecro, è un nemico dell'opera, non gliene importa niente. Un diminuendo) Visconti no, lui conosceva e amava la musica. Ricordo VEgmont di Goethe al Maggio Fiorentino, con le musiche di Beethoven. Eravamo d'accordo: ci vuole il massimo Al Lingotto di Torino dal 27 e 28 agosto un convegno per lanciare «Bravo» e «Brava» storia. Si presenta a Roma un convegno internazionale - «I colori della vita», organizzato dalla città di Torino e dalla Fiat con la sponsorizzazione della Ppg Industries, che si svolgerà il 27 e 28 agosto al Lingotto - e subito si accendono le curiosità, le domande, le scoperte. Vengono evocati, insieme, il mistero della mente umana e lo scintillìo dei rnlori. Si ripercorrono i signifi¬ ordine nel disegno e la massima concitazione drammatica. In Anna Balena solo lui sapeva convincere la Callas a rinunciare alla maledetta "ribalta avanzata" della Scala. Lei era impazzita per lui e lui, malvagio come tutti i Visconti, si divertiva a giocare con lei come il gatto col topo. Grandi anni alla Scala: quando oro direttore artistico, non avevo la smania delle inaugurazioni, preferivo lasciarle ai giovani promettenti, come Abbado nel 1966». AMELIO: «La Balena è una regina, Nedda una povera teatrante. E' lei la vera protagonista di Pagliacci: come tutte le teatranti ha il virus della scena, ma anche l'aspirazione di diventare una signora». GAVAZZENI: «0 per bene o puttane!». AMELIO: «Due facce della stessa medaglia, maestro: solo la puttana può aspirare al perbenismo. Preparando questa regia, ho rivisto La strada di Fellini: anche lì dei girovaghi, anche lì un triangolo d'amore. Ma La strada è un poema sull'emarginazione, il fatto che siano dei girovaghi è in secondo piano. E' un poema sugli umili, su chi socialmente non ha la forza di essere uomo tra gli altri uomini. Per questo non piaceva alla critica marxista di allora: sono soltanto un bruto e una scema, dissero. Per lo stesso motivo non si capirono Le notti bianche di Visconti: sembrò un tradimento al neorealismo». GAVAZZENI: «E' difficile, anche, sentire e capire le sfumature della psicologia scritta nella musica. Toscanini non accettava Bohème: "Mimi muore su una polketta rallentata; e poi è una fioraia, mica Sigfrido", protestava. Era abituato a Wagner, all'estetica delle vette! Gli rispose bene De Sabata: "Quando muore Mimi è tutto il mondo che crolla addosso a Marcello". Nessuno La nuova facciata del Teatro Carlo Felice di Genova A destra, il maestro Gianandrea Gavazzeni e il regista Gianni Amelio durante le prove cati simbolici che tempo e cultura hanno addensato intorno a ogni colore. Spicca uno dei privilegi dell'uomo, la possibilità di percepire - a differenza degli animali, anche di quelli dotati di vista acutissima come il gatto fino a sette milioni di sfumature diverse. Attraverso il tema colore hanno lasciato intravedere gli specialisti del comitato scienti- Il maestro: «Coi registi bisogna sopportare, Ronconi era sorcio» Ili agosto, al Lingotto, il convegno «I colori e la vita» in onore di due nuovi modelli Fiat Sopra, Elena Mauti Nunziata e Placido Domingo protagonisti dei «Pagliacci» in scena alla Scala nel 1981 Qui accanto, il regista Luca Ronconi faceva il quart'atto di Bohème come De Sabata». AMELIO: «Sa quante musiche da film copiano Puccini? Bernard Herrmann per Vertigo di Hitchcock ha saccheggiato l'inizio del Tabarro. Una musica funzionale al massimo grado. Nel cinema la musica non deve commentare, perorare: non deve servire come gli applausi linti in televisione. Ne basta pochissima». GAVAZZENI: «Non c'è ancora il grande libro su Puccini: personalità immensa, contraddittoria. Puerile e anticipatore, generoso e gretto, il primo italiano a capire la grandezza di Stravi nskij e Schònberg, che studiava te sue partiture. 17 tabarro è già teatro espressionista, Toscanini pensava che fosso grand-guignol: magari lo diceva per contraddire quelle donnacole milanesi brave solo ad adularlo». AMELIO: «7/ tabarro non è verismo. La sento come un'opera da primi piani, i cantanti agiscono davanti, l'ambiente è importante, sarà presente, ma dovremo immaginarlo come avendo uno zoom, che avvicina o allontana». GAVAZZENI: «Ha provato a raccontarlo ai cantanti?». AMELIO: «All'inizio si parte con un'idea poi, quando si arriva alla fine, si scopre di aver realizzato un'altra cosa. Ma nei miei film non ho mai voluto dire che era migliore l'idea di partenza. Dicova Fellini: "Fare regia è navigare su un battello. Un uomo vuole portarlo verso Est, tutto il resto dell'equipaggio verso Ovest"». GAVAZZENI: «Ma noi siamo costretti a dei testi precisi, Amelio, quelli che ci consegna la musica. E dobbiamo rispettarli. E poi nel cinema (tira fuori dal taschino della giacca un orologio con catena) voi avete la fortuna di non provare con questo maledetto // cineasta: «Produrre un'opera è vitale e caotico come un film» aggeggio sempre davanti, sul leggio, comi! devo fare io! Mi ricordo bene: dovevo scrivere le musiche per Riso amaro. Sono andato in una risaia del Vercellese, di proprietà degli Agnelli, ho conosciuto la Mangano giovanissima, c'erano decine di mondine e centinaia di bottiglie di acqua minerale, perché faceva un caldo tremendo. E quel pazzo di De Sanlis in tutto il pomeriggio non ha girato un metro di pellicola! Provi a sprecare un pomeriggio con un'orchestra!». AMELIO: «Avrebbe dovuto vedere me, maestro. Giravo Ixime rica, c'erano tremila comparse su una nave troppo piccola che volevano tornare in porto per vedere la partita dei Mondiali, il capitano ubriaco dal mattino, la pellicola che stava finendo, il sole tramontando, l'attore non protagonista clic non si ricordava più la battuta. Per fortuna esistono i santi. Ora scopro che la produzione di un'opera è altrettanto vitale, meravigliosa, con una tradizione italiana di enorme professionalità, come nel cinema. E se ho problemi di regia, mi fermo, ascolto la musica e le cose si risolvono», GAVAZZENI: «Sopravvivono, chissà come, nei teatri dei macchinisti, degli attrezzisti, dei direttori di palcoscenico straordinari. "Dov'è il mio Barabino?", chiedeva sempre De Sabata alla Scala. Ed esistono dei musicisti che sono anche pittori e registi, come Sylvano Bussotti, un uomo geniale, ingiustamente oggi emarginato. A Lugo di Romagna farò con lui L'aviatore Dro, l'opera di Balilla Pratella, che a Lugo è nato. Il soggetto è futurista, la musica no, contrariamente a quanto si crede». AMELIO: «Bach e Beethoven suonati nella villa di Bergamo non le bastano?». GAVAZZENI: «Diceva Paolo Grassi: "Gianandrea è un coacervo di contraddizioni". Ah, l'unica cosa seria è la morte, andate a rileggervi Ilja Ehronburg. Ma voi giovani non leggete niente, non ricordate niente, vivete felici nella barbarie». «Maestro, possiamo lavorare ancora assieme?», chiede Amelio mentre il gran vecchio fende l'aria col braccio, come a scacciare i brulli pensieri. Sandro Cappelletto