« Il mio flamenco? E una filosofia di vita » di Gian Antonio Orighi

« Si presenta oggi a Siviglia l'ultimo film del regista spagnolo, tutto dedicato al ballo e al canto andaluso « Il mio flamenco? E' una filosofia di vita » Saura, dal fuoco di «Carmen» a quello della danza popolare SIVIGLIA. Carlos Saura ha fatto poker giocando sempre con lo stesso jolly, il magico canto e ballo andaluso che lo ha reso celebre nel mondo e che dà il titolo al suo ultimo film: «Flamenco». Dopo la trilogia iniziata nell'81 con «Bodas de sangre», proseguita nell'84 con «Carmen», e conclusa nell'87 con «Amor Brujo», il regista aragonese, 63 anni, torna al suo primo grande amore, il «cante jondo» presentando oggi a Siviglia, dove lo ha girato, il suo 26° film, cento minuti che raccolgono, in 19 episodi, il top di questa popolarissima «filosofia» musicale. Per la prima volta Saura non avrà Antonio Gades come primo ballerino (l'arduo compito l'assume il bravissimo Joaquin Cortes). Ma dalla sua manica salta fuori un altro asso: il fotografo Vittorio Storaro. E proprio le sue luci costituiscono uno dei pilastri di «Flamenco», girato nella «Estación de Armas», l'an¬ tica stazione ferroviaria del capoluogo andaluso. Il set è formato da una nudissima struttura di moduli traslucidi, senza alcun altro elemento scenografico, che risalta, esaltandoli, tutti i 500 artisti che partecipano al film, costato circa 7,5 miliardi di lire e prodotto dalla casa cinematografica spagnola «Juan Lebrón». L'ultima pellicola dell'autore di «La caza» e «Cria cuervos» vuole essere una vera, completissima antologia del «cante jondo» in tutte le sue versioni sonore ed in tutti i suoi passi. Inizia con un «lamento» sconvolgente che sgorga prorompente da una delle più belle voci spagnole, quella di «La Paquera de Jerez». Segue poi una spiegazione delle origini del flamenco (che deriva dall'olandese «flaming», cioè originario delle Fiandre). Quindi una cascata continua di «gitanos» e «payos» (cos'i gli zingari chiamano quelli che non sono della loro etnia), di balli come la «bulcria», la «guajira», la «taranta». Davanti alla macchina da presa sfila il fior fiore del flamenco in tutte le sue sfaccettature. I chitarristi Paco de Lucia e Manolo Sanlucàr (l'allievo prediletto di Segovia), «cantaores» (Enrique Morente, Chocolate), gruppi della «new wawe» del «cante jondo» come i Ketama. Sottolinea Sanlucàr: «Nel film sono rappresentati tutti i cammini che si sono sviluppati nella storia del flamenco e che hanno inteipretato i più diversi interpreti». Saura, proprio il regista che introdusse nella cinematografia spagnola il flamenco, prima incredibilmente snobbato, è soddisfattissimo del suo ultimo film. Gian Antonio Orighi Carlos Saura: «Flamenco», il suo ultimo film, racconta in 19 episodi i maggiori momenti di questo popolarissimo modo di intendere la vita e la musica

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