«Parigi dà il cattivo esempio»

«Parigi dà il cattivo esempio» «Parigi dà il cattivo esempio» Attali- rischiamo di innescare il disastro IL CONSIGLIERE DI MITTERRAND Jacques Attali. già consigliere di Mitterrand e presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, autore dei due volumi di «Verbatim», grande diario di questi anni all'Eliseo, ha scritto un libro sui nuovi rischi del nucleare, «L'economia dell'apocalisse... IPARIGI L suo libro non segna un ritorno alle vecchie paure degli Armi 50 sui rischi di guerre nucleari, di apocalissi nucleari? «C'era motivo di aver paura, all'epoca. Gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica si erano dotati di strumenti in grado di distruggere l'intero pianeta. E' mancato poco che li utilizzassero, a cominciare dalla crisi di Cuba. E' questa «mega-paura» che ha indotto i dirigenti dell'epoca a diventare ragionevoli. Oggi affrontiamo un altro tipo di paura, ugualmente giustificala. Supponiamo che qualcun altro che non fosse Gorbaciov avesse dovuto affronta re lo vicende dell"88-89; non sono sicuro che lo smantellamento, la disarticolazione del sistema sovietico si sarebbe svolto in modo così pacifico. C'è dunque motivo di avere ancora paura. Nel nucleare come negli altri campi, anziché dotarsi di sistemi ultra-centralizzati, le società si sono diversificate. La proliferazione trova terreno fertile in questa frammentazione e nella miniaturizzazione degli equipaggiamenti. Vorrei sbagliarmi. Ma la paura ò utile. Nel 1970, si era certi che in tempi brevi più di trenta Paesi si sarebbero dotati di armi atomiche. Non è accaduto. Ma siamo giusto al limite, e non l'abbiamo oltrepassato proprio in virtù di questa paura. Meno attori ci sono, più ci sono probabilità che gli attori restino responsabili. Se cominciano a giocare a poker, sarà il disastro. Ora, una ventina di Paesi saranno presto in grado di farsi un arsenale nucleare. Senza considerare la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici, che potrebbero impiegare armi nucleari senza un territorio da difendere. La democrazia ò la miglior garanzia contro la proliferazione, come mostra l'abbandono del programma da parte di Sud Africa, Brasile e Argentina». Non crede di sopravvalutare la minaccia terrorista? «Il costo dell'arma nucleare è molto diminuito. Con 200 milioni di dollari e qualche esperto disponibile sul mercato nero, un gruppo non statale può fabbricare un'arma rudimentale. Senza parlare di un altro tipo di bomba di formidabile pericolosità, l'arma radioattiva, che combina un esplosivo convenzionale con un prodotto radioattivo. Prendiamo il recente attentato nel metrò di Tokyo. Se avessero usato, invece del Sarin, 500 chili di dinamite e 500 grammi di plutonio, sarebbe stato necessario sgomberare Tokyo per un secolo!». Cosa pensa dell'iniziativa Usa contro la proliferazione? «E' catastrofica. La teoria è che, visto che non si può assicurare un controllo mondiale, tocca agli Stati Uniti mettere in moto le rappresaglie. E questa teoria è in opera da 50 anni. Oggi, l'economia è internazionalizzata, ma non c'è uno Stato internazionale. Accetteremo che gli Usa continuino a giocare questo ruolo, o ci daremo istituzioni mondiali? Sarebbe disastroso che gli Stati Uniti assumessero questa funzione, innanzitutto perché non c'è alcun motivo per cui un Paese imponga la sua logge al mondo. D'altronde, gli Usa non ne hanno i mezzi, né finanziari, né tecnici. Infine, i tentativi operati finora si sono rivelati disastrosi. Prendiamo l'esempio catastrofico della Corea del Nord. Il negoziato, che avrebbe dovuto essere internazionale, è diventato bilaterale. Gli Usa hanno sottratto il dossier all'Agenzia di Vienna. L'accordo raggiunto è questo: se voi ci mostrate quel che avrete tra cinque anni, vi forniremo due centrali classiche. Riassumendo, basta attuare un programma nucleare illecito per ottenere i favori degli Usa. E' un incoraggiamento alla proliferazione». Proprio ora che l'Onu appare screditato, lei afferma che il Consiglio di Sicurezza è il migliore organo dell'azione internazionale... «Io propongo innanzitutto di rafforzare l'Agenzia di Vienna, cominciando a fornirla di un vero budget. Perché non istituire, ad esempio, una tassa sull'energia atomica? Ma, soprattutto, il Consiglio di Sicurezza dovrebbe avere il vero potere di decidere quel che l'Agenzia non può decidere, cioè controllare i Pae¬ si che non fanno parte dell'Agenzia. Abbiamo internazionalizzato l'economia, abbiamo creato le regole di un gioco intemazionale che assicurano il libero mercato dei capitali e degli uomini. E' questo che consen¬ te la proliferazione. Ma non c'è un Paese al mondo che potrebbe funzionare con un'economia di libero mercato, ma senza polizia, giusti zia, solidarietà. Bisogna costruire una struttura mondiale nella misu¬ ra in cui si decide di passare a un'economia mondiale. Al momento, non c'è ;illra struttura disponibile che il Consiglio di Sicurezza». La decisione francese di riprendere i test nucleari le pare in contraddizione con la lotta alla proliferazione? «La Francia, la quale non ha aderito che tardivamente al Trattato di non proliferazione, sta dando il cattivo esempio su tutti i fronti. Siamo al- l'avanguardia nel procedimento per isolare il plutonio. Abbiamo inventato una tecnologia diabolica che consiste dell'usare il plutonio sotto il nome di Mox nelle centrali classiche, cosa disastrosa sul piano ecologico e che spinge gli ali ri Paesi a faro altrettanto. E vendiamo la nostra tecnologia a chiunque la voglia. Siamo uno dei ['attori principali della proliferazione. Ad esempio, stiamo creando il potenziale nucleare del Giappone. Sui test nucleari diamo ancora il cattivo esempio. Si sono fatti abbastanza test nucleari, più di 250. Riprenderli per farne otto da qui al maggio '96, significa voler dimostrare che si era in grado di farli. Non ci garantiranno una maggior sicurezza. Chi li sostiene compromette la nostra forza di dissuasione, affermando che senza questi test la Francia rischia di essere screditata. Adoti andò questotipo di ragionamento, si finisce col dire che, se il Presidente avesse deciso di non riprendere i test, l'amia nucleare avrebbe perso ogni valore! La decisione potrebbe avere gravi conseguenze, poiché i Paesi che hanno condizionato la loro adesione al Trattato di non proli ferazione al blocco dei test potrebbero approfittare della situazione per ritirare la loro firma. E potrebbe incoraggiare altri Paesi a fare altrettanto. In realtà, questa scella non serve che a dare lavoro agli ingegneri del complesso atomico francese. Fabbricare armi sempre più efficienti è un'idea di ingegneri che hanno bisogno di giustificare le loro competenze tecnologiche. In realta, in termini di progresso scientifico, il nucleare ha fatto il suo tempo». Weronica Zarachowicz Copyright -World Media., e per l'Italia "La Stampa.. «Questa mossa non serve a nulla, tranne p che a dare lavoro agli ingegneri» Sopra, Jacques Chirac. A sinistra, Jacques Attali A destra, un test nucleare francese nel Pacifico

Persone citate: Adoti, Attali, Gorbaciov, Jacques Attali, Jacques Chirac, Mitterrand, Sarin